Racconti Fantasy

Il Viaggio
   

La hisdtoria fantastika et veritiera

De le nouvelle avventure di amore et diguerra

de la Amazzone Clary et de lo Guerriero Helk

Narrate da essi stessi

 

Udite! Dite! Gente!

 

Ora vi conteremo li amori et li combattimenti

de la Amazzone Clary et de lo Guerriero Helk

In viaggio per la città di Om’Tzala

 

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Capitolo 1

 

HELK

 

Una volta attraversato l’Ondagrigia, per giorni viaggiammo senza sosta, fermandoci solo di notte, per raggiungere la Città Imperiale al più presto. Sia il mio amore che io, avevamo fretta di arrivare per dare ad Arthea la notizia della nostra vittoria sui ribelli delle montagne.

 

Fu un viaggio segnato da alcuni avvenimenti imbarazzanti, i primi giorni non ci prestai attenzione, ritenendo che fossero solo il frutto della maleducazione, ma come le cose si ripetevanno, incominciai a domandarmi il motivo di certi atteggiamenti, cos’era cambiato in Betunia durante gli ultimi cinque mesi, perché tanto era il tempo trascorso da quando avevamo lasciato Kerkos per andare in guerra.

 

Seguivamo piste battute, ed i viandanti che incontravamo ci guardavano con curiosità e si scostavano davanti ad Clary. Un giorno trovammo sulla nostra strada un vecchio guerriero, era sciancato e disarmato, solo qualche residuo di divisa permetteva di capire che era stato un guerriero, ci salutò ed a bassa voce, per non essere sentito da Clary, mi disse “Comandante! Sei coraggioso se osi cavalcare al fianco di un amazzone, anziché starle dietro.”

 

Non feci tempo di chiedere spiegazioni di quelle parole che l’uomo era già sparito, allontanandosi in fretta, come se temesse qualche conseguenza per le sue parole.

 

La sera, ci fermavamo, per prendere alloggio in qualche locanda e; mentre Clary veniva salutata con rispetto, io ero completamente ignorato, qualsiasi cosa dicessi, dall’ordinare la cena alla richiesta di una camera, veniva preso in considerazione solo se Clary assentiva e, mentre gli uomini si rivolgevano a mia moglie tenendo gli occhi bassi, le donne mi guardavano dall’alto in basso, senza degnarsi di rivolgermi la parola.

 

Noi ci guardavamo perplessi, non eravamo abituati ad essere trattati così, e la cosa mi dava un fastidio enorme. E si andò avanti così, finché una sera, alla mia richiesta di ottenere una camera per la notte, la padrona della locanda, più sfacciata, o per meglio dire, meno educata delle altre, si rivolse ad Clary, non nascondendo una certa sorpresa.

 

“Signora! Ma vuoi veramente che il tuo servo dorma nella tua camera? Per lui c’è un posto nella scuderia.”

 

Rimasi senza parola, tanto era il mio sconcerto, invece mia moglie si seccò moltissimo.

 

“Donna! Bada come parli! Il Comandante non è mio servo, e non è neanche il servo di nessuno! Egli è mio marito! Ed ora muoviti in fretta, vogliamo quella camera!”

 

Appena in camera, c’interrogavamo sulla ragione di tutto ciò, ma non trovavamo alcuna spiegazione logica, ed il mio tesoro si dimostrava sempre più tenera ed affettuosa con me, nel tentativo di farmi dimenticare la mia rabbia per gli affronti e le villanie subite.

 

Probabilmente, giunti alla Città Imperiale, avremmo scoperto la chiave del mistero.

 

E così, una mattina ci presentammo alla grande porta della Città Imperiale, le amazzoni Blu di guardia salutarono Clary, ma non me, ad ogni modo non m’impedirono di entrare, forse alcune si ricordavano di avermi già visto in quel luogo, dove ad eccezione del Custode, nessun uomo adulto metteva piede.

 

L’ufficiale al comando della guardia, salutò garbatamente Clary, poi mi si rivolse in modo appena cortese, anzi, molto freddamente.

 

“Cosa desideri guerriero? Non lo sai che gli uomini non sono ammessi qui?”

 

Durante il viaggio dalla riva dell’Ondagrigia fino alla Città Imperiale, avevo già esaurito tutta la mia riserva di pazienza e dovetti veramente fare uno grosso sforzo per rispondere in modo urbano.

 

“Vorresti essere così cortese di fare avvisare l’Imperatrice che, Helk Comandante dei guerrieri di Tahar ed Clary Vice Comandante delle amazzoni Amaranti, chiedono di essere ammesi alla Sua presenza per riferire sull’esito della missione che era stata a loro affidata, personalmente dalla Sua Maestà.”

 

L’ufficiale mi guardò perplessa, rimase in silenzio per un attimo, poi mi chiese “Affermi che l’Imperatrice vi ha affidato personalmente una missione, questo significherebbe che già una volta sei stato ammesso alla Sua presenza?”

 

“Esattemente, è quello che affermo, ora ti prego vai, le notizie sono importanti!”

 

“Va bene, potete smontare, uno stalliere si prenderà cura dei vostri cavalli, aspettate qui, farò in fretta.”

 

In effetti, ad un suo gesto, arrivò di corsa un ragazzino, non ancora adolescente, si profuse in inchini davanti ad Clary e prese i nostri cavalli per portarli nelle scuderie.

L’attesa si prolungava oltre ogni limite tollerabile, ed io avevo l’impressione di essere sorvegliato a vista, in effetti, la grande porta era stata chiusa alla nostre spalle ed un gruppo di amazzoni Blu aveva preso posizione davanti all’ingresso del Maschio.

 

Clary era nervosa, non capiva il motivo di tale accoglienza, veramente neanche io lo capivo, ma cercavo di allontanare dalla mia mente ogni preoccupazione inutile.

 

Alfine, tornò l’ufficiale, si rivolse ad Clary “Vieni, Signora, il Consiglio delle Contesse ti riceverà.”

 

Poi si voltò verso di me “Se vuoi, puoi venire anche tu, Comandante ehehehe!”

 

L’affronto mi fece salire il sangue alla testa, ma vedendo il viso sconvolto ed ansioso del mio tesoro, solo per amore suo, mi dominai e feci buon viso a cattivo gioco.

 

Il Consiglio delle Contesse era riunito in una grande sala, sedute dietro un lungo tavolo, c’erano tutte, Alyssia, Rakel, Krisal e Moira, ma ce n’era un'altra, coperta da un lungo mantello nero, con il viso nascosto sotto il cappuccio, ed infine in un angolo appoggiato alla parete c’era il Custode.

 

Sentì un ondata di cattiveria investirmi, chiusi la mia mente e proteggai quella di Clary. Senza lasciarmi il tempo di parlare, quella Contessa sconosciuta mi apostrofò aspramente.

 

“Ma chi credi di essere? Tu uomo! Chiedi di essere ricevuto da Arthea! Non si è mai vista tanta audacia! La tua insolenza non ha quindi limiti?”

 

Poi si voltò verso Clary e, con tono di rimprovero, disse “E tu! Un Vice Comandante! Un amazzone Amarante! Legarti ad un uomo col matrimonio! Poi seguirlo per chissà quanti mesi, abbandonando il tuo reparto, per una missione di cui nessuna di noi sa niente! Come hai potuto fare questo? Ma per te c’è comunque un rimedio, lascia quell’uomo! Non sono gli uomini che mancano, una bella ragazza come te può scegliere chi vuole senza legarsi e, quando ti sarai stancata, lasciare quello di turno e sceglierne un altro! Torna ad essere un amazzone e non sarai degradata!”

 

Di nuovo se degnò di parlarmi “Allora! Cos’hai da dire di così importante da meritare l’attenzione dell’Imperatrice? Dovrai dirlo a noi, e noi giudicheremo se riferirlo a Artheao meno.”

 

Mi aveva seccato, sentivo la collera salire, avrei voluto strozzarla, non ero più disposto a subire i suoi insulti e la sua maleducazione, feci un profondo respiro per recuperare un minimo di calma.

 

“Quello che abbiamo da dire riguarda unicamente l’Imperatrice e malgrado il rispetto dovuto a questo Consiglio non vi dirò niente, se poi l’Imperatrice verrà a sapere che non è stata informata di quello che le dobbiamo dire, ne subirete tutte le conseguenze. E di certo verrà a saperlo, in qualche modo ci penserò io a farglielo sapere.”

 

“Come osi??? Ci manchi di rispetto!!! Ci minacci!!! Rispondi subito alle nostre domande!!! Se non lo farai, sarai disarmato, anzi avresti già dovuto esserlo, sarai privo del tuo comando, per quello che vale ancora, e sarai imprigionato, finché non ti tornerà la memoria o la ragione! Ad ogni modo ce lo dirà l’amazzone Clary quello che vogliamo sapere e quindi non ci servi più!”

 

Così il gioco si faceva duro! Quell’arpia credeva di poter piegarmi come un bifolco qualsiasi! Ma non mi conosceva ancora! Le avrai insegnato io a minacciarmi!

 

Clary era diventata pallida come un cencio e mi guardava angosciata, ma oramai la rabbia aveva preso il sopravento sulla ragione e non mi sarai più fermato, aspettavo la prossima mossa.

 

E fece esattamente quello che mi aspettavo che facesse, ordinò che fossi disarmato ed imprigionato.

 

L’ufficiale, proprio quella che mi aveva accolta piuttosto malamente al mio arrivo alla Città Imperiale, anche lei si meritava una lezione!  Dunque l’ufficiale si avvicinò, tese la mano, impugnò l’elsa della mia spada e lanciò un grido di dolore, aveva l’impronta dell’elsa stampata sul palmo ustionato della mano.

 

La Contessa sconosciuta sbarrò gli occhi “Che magia è questa? Quell’uomo sfida la mia autorità usando la magia, è intollerabile!”

 

Ed allora, purtroppo soltanto allora, forse ricordandosi della nostra passata amicizia, intervenne la Contessa Krisal, “Ora calmati, anzi calmiamoci tutti quanti! Tu Contessa! Hai scelto l’uomo sbagliato per dimostrare la tua autorità! Io lo conosco da quando è arrivato a Betunia, non è un personaggio da sottovalutare, e poi egli ha ricevuto i suoi ordini da Arthea in persona, e questo io lo so di certo, così come lo sa la Contessa Alyssia, eravamo presenti ambedue con la Comandante Ambra, quindi è giusto che vada a riferire a Lei.”

 

“E quell’amazzone? Anche lei ha ricevuto i suoi ordini da Arthea? Sarà anche lei tolta alla nostra giurisdizione?”

 

“Certo, anche Clary, altro non ha fatto che eseguire gli ordini ricevuti da Arthea.”

 

Segui una lunga discussione, fatta di bisbigli, intercalati da parole di rabbia e da gesti di stizza,  la sconosciuta non voleva sentire ragione, ma alla fine, visto che era rimasta l’unica ad opporsi al nostro incontro con l’Imperatrice, a malincuore, si dovette arrendere.

 

Krisal ci disse “Bene! Comandante Helk e tu Clary, ora vi accompagnerò dall’Imperatrice, e potrete riferire sull’esito della vostra missione.”

 

Krisal non aveva ancora finito di parlare che, con la coda dell’occhio, vidi la Contessa sconosciuta, che mentre inveiva contro di noi, fare un gesto di rabbia ed abbandonare, seguita dal Custode, la sala in fretta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 2

 

CLARY

 

Stavamo tornando in fretta verso la Città Imperiale, il vento d’autunno vorticava tra noi, rumori di natura volteggiavano e ci facevano sentire parte di essa, ma come umili esseri che poco comprendono dei suoi segreti.

 

Tornavamo infatti immersi in ben altri pensieri e non quelli di osservare la vita attorno a noi. Una guerra era finita, molte vite perdute ora erano chissà dove, forse alcune ad implorare perdono alle dee per il cattivo operato.

 

Tanti dolori ci avevano temprato e rimorsi ancora mi uccidevano l’anima nel profondo, e molto raramente riuscivo a tenere lo sguardo di Helk senza provare un poco di vergogna per quanto avevo fatto nel mio soggiorno a Inthynia durante le battaglie.

 

Ma man mano che ci avvicinavamo notavamo che qualcosa nelle città era cambiato, che qualcosa era strisciato, che nere ombre si stagliavano nei cieli delle città, nei cieli di Betunia, e pian piano ci accorgemmo, con ansia, degli strani atteggiamenti delle persone incontrate

 

Dovevo impegnarmi molto, con baci, carezze e coccole, per dimostrare tutto il mio amore ad Helk e calmare la sua rabbia per gli affronti subiti ad opera delle locandiere.

 

Appena giungemmo al Maschio, per parlare con l’Imperatrice Arthea, venimmo aggrediti da un’oscura Contessa che non riuscivo ben  a scorgere in volto, si rivolse ad Helk con parole di scherno, con parole di odio e superiorità che sapevo quanto male potessero fare quelle pugnalate nell’animo fiero e nobile del Comandante.

 

Dal canto mio ero furibonda ed allarmata. Più che porre la mano sull’elsa della mia spada, stavo attenta che Helk non posasse la mano sulla sua e facesse una strage, l’ira di mio marito è molto irruente e quando giunge è meglio non trovarsi nelle vicinanze.

 

Mi guardai attorno, e vedevo soltanto lei, pareva che le altre Contesse fossero soltanto ombre scure troppo stanche per reggersi senza il sostegno del muro.

 

Pensaì immediatamente ad un maleficio, sentiì ira terribile salirmi dal cuor, ma poiché il mio unico pensiero era tentare di calmare mio marito non portei mano alla spada o ai pugnali, ma mi limitei ad ascoltare.

 

Infine la Contessa Krisal, con mia profonda gioia, si fece avanti ed informò quel serpente travestito da donna che noi potevamo e dovevamo vedere l’Imperatrice, perché Lei stessa ci aveva affidato una missione.

 

Quindi ci fece spazio verso un'altra sala, tra le ultime risa di scherno della nera Signora contro Helk e contro di me, una Vice Comandante che aveva scelto di legarsi ad un uomo.

 

La sala dove ci fece entrare Krisal era poco più piccola di quella che avevamo lasciato, tonda pareva, perché l’eco della voce giungeva chiaro e nitido ad ogni respiro.

 

Prima di chiudere la porta la Contessa ci guardò e sorrise “Son felice che siate tornati, ma attenti amici ad ogni angolo si ascolta, attenti ad ogni vostra mossa, vigilate!” ci lasciò così ai nostri dubbi.

Nella sala era il silenzio più totale, e solo poche torce illuminavano la sala spoglia, se non per un trono poggiato su un rialzo coperto da tendaggi azzurri e porpurei.

 

Mi misi a riflettere su quanto stava accadendo, e ad un tratto strinsi forte la mano ad Helk, senza guardarlo, avevo bisogno di fargli capire quanto contavo in lui, quanto la mia completa fiducia era sulle sue spalle. La strinse a sua volta, quasi per dirmi non temere e poi sentimmo rumore di porta.

 

Era quella in fondo alla sala, nell’angolo più oscuro. Entrarono tre figuere in fila indiana. Una era l’Imperatrice Arthea, bella e con gli occhi fieri come sempre, ma con un velo di tristezza in volto che destò in me angoscia, poi veniva il Custode, che si appoggiò al muro accanto al trono ed infine la Contessa Oscura che si collocò più indietro, nell’ombra, ma la sua presenza rimbombava come rumore di tempesta nella stanza tonda.

 

“L’amazzone Clary è tornata dalla missione che le avevate affidato Imperatrice.” Squittì la signora nera, rivolgendo a me i suoi occhietti all’apparenza gentili.

 

“Ho visto, ti ringrazio, ma vedo che c’è anche il Comandante Helk, colui al quale avevo affidato la missione, e al quale avevo unito Clary, Vice Comandante delle amazzoni Amaranti tra i suoi ufficiali come Aiutante di Campo, allora Helk, parla!”

 

Ma ancora la vile voce si sentì “Con infinito rispetto mia Somma Imperatrice, ma non credete che sia poco saggio far parlare un uomo nel Maschio? Rammentate la notte dei veleni? Quando gli uomini…”

 

Ma prima che io riuscissi a dire qualcosa o Helk a saltare alla sua gola, Arthea stessa parlò.

 

“Ho studiato sugli antichi racconti quanto tu non sai neppure e quindi so benissimo cosa accadde. Parla Helk, è l’Imperatrice che te lo chiede.?”

 

“Come tu vuoi Imperatrice Arthea” disse il Comandante dei guerrieri di Tahar, iniziando il racconto della traversata della steppa, poi della consegna del sale a Inthynia, dell’aiuto ricevuto dalle Inthyne per attraversare le paludi ed anche in guerra quando ci avviammo sui monti dove uccidemmo i primi ribelli.

 

“Sono state battaglie estenuanti che hanno messo a dura prova i guerrieri, e diversi sono caduti valorosamente, che non basterebbe un poema per descrivere le gesta. Sono morti con il tuo nome sulle labbra Imperatrice, con il nome di questa terra nel cuore.”

 

“Ma ci accorgemmo di aver a che fare anche con forze maligne e potenze oscure, abbiamo quindi scelto di mandare ad Inthynia, guidate da Clary, le amazzoni che avevamo liberato, tenendole così lontano dalle battaglie che non sarebbero state in grado di affrontare. E lì ci attesero fino alla fine della guerra. Siamo tornati vincitori Imperatrice, ed i guerrieri di Tahar sono ancora sui monti, sotto gli ordini del mio Vice Comandante Rupert.”

 

Avevo abbassato il capo mentre Helk parlava, per la vergogna di quanto avevo fatto, per la sofferenza mia e per quella che avevo causato, ma quando sentiì gli occhi di Arthea su di me, mi obbligai a guardarla.

 

“Hai sofferto Clary?” mi chiese.

 

Ma che razza di domanda era? C’era stata una guerra, tanti erano morti, avevo richiato di perdere anche mio marito in battaglia e mi chiedeva se avevo sofferto!

 

Eppure sapevo che Lei voleva sapere qualcosa di più di un semplice sì o no, aveva forse intuito che qualcosa doveva per forza essere accaduto e così risposì.

 

“Nulla che non sia rimediabile mia Signora, nulla che un po’ di tempo e l’aiuto di mio sposo, non si possa ristabilire.”

 

Allora parlò Helk “Infatti Imperatrice, questo ti chiedo, di concederci un po’ di tempo per risanare le ferite delle battaglie cruenti, vorremmo andare da un mio amico che abita fuori dalle terre di Betunia per qualche tempo, con il Tuo permesso.”

 

“Un attimo solo! L’amazzone deve decidere! Chi sei tu per portare una donna dove vuoi?” era sempre la signora dalla lingua di serpente.

 

Non riuscì più a contenermi, ed allora, prima che Helk potesse parlare o reagire a quest’ultimo insulto, con voce fredda dissi “Signora, sappi che quest’uomo è unito a me in vincolo benedetto dalle dee, vorresti metterti contro il volere delle divinità? Egli ha detto quanto prima avevamo discusso e deciso.”

 

Ella stette zitta per un attimo ed avrebbe presto ribattuto se l’Imperatrice Arthea non fosse intervenuta.

 

“Concedo il permesso per partire, andate ora che la notte giunge fredda e sono certa che avrete voglia di tornare nella vostra dimora presto.”

 

Feci un inchino e con il Comandante dei guerrieri di Tahar mi avviai fuori dalle porte.

 

“Clary, amazzone Amarante, vieni qui un attimo!” ancora quella donna dannata.

 

“Cosa vuoi da me?”

 

Lei allora si avvicinò, mentre Helk procedeva avanti, non volendo fermarsi un istante di più in quel luogo.

 

“Clary…Clary, sei una così bella giovine! Perché sciuparti per un uomo? Potresti essere libera di fare quel che vuoi, non seguirlo…non seguirlo! Non è degno di una donna, nessun uomo è degno dell’amore di una donna! Prendi pure il suo corpo, rendilo schiavo o abbandonalo, fallo Clary! Sai che ho ragione!”

 

Non ci vidì più tanta fu la rabbia.

 

Mi dissero le amazzoni di guardia che presi la spada e la puntai alla gola della donna, immobilizzandola sulla parete, le dissi parole terribili e fredde.

 

“La prosima volta che ci rivedremo attenta, perché ti ucciderò con le mie mani, vile serpente.”

 

Le amazzoni mi dissero inoltre che non intervenirono duramente, ma mi allontanarono con dolcezza dal Maschio, spiegando la mia irruenza alla donna, come un segno della tensione alla quale ero stata sottoposta.

Corsi verso il cortile e trovai Helk che mi aspettava appoggiato al muro, lo abbracciei, gettando la spada a terra, e battei un pugno sul suo petto, chiedendo all’universo il perché di tanta cattiveria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 3

 

HELK

 

Non potrei certamente dire che questa fu una giornata particolarmente piacevole, né per me e neanche per Clary, quella Contessa sconosciuta, una vera arpia, ci aveva rovinato tutto.

 

Non sono uno stolto vanaglorioso, e quindi non mi ero mai aspettato di essere ricevuto come un eroe al ritorno di una guerra vittoriosa, con tanto di onori e di ricompensa, ma neanche di essere trattato come l’ultimo dei bifolchi, da quella strega ammantata di nero, che mi negava perfino il diritto di aprire bocca.

 

Ad ogni modo l’Imperatrice Arthea, gentile e cortese come il Suo solito, alla mia richiesta di poter allontanarci per un po’ da Betunia, per curare le ferite che la guerra aveva inferto alle nostre anime, ci aveva concesso il Suo permesso.

 

La Contessa Oscura aveva tentato d’interferire, secondo lei, non avevo il diritto di essere accompagnato da mia moglie. Ed allora Clary, si era arrabbiata di brutto, aveva dato libero sfogo a tutta l’ira ed a tutte le amarezze accumulate negli ultimi giorni. Credo che se non fose intervenuta l’Imperatrice, mettendo fine a tutto ciò, concedendoci di partire, il mio amore avrebbe compiuto qualche gesto inconsulto.

 

Potevamo quindi andare ad Om’Tzala dal mio amico, il grande mago Abuknazir, il quale avrebbe sicuramente guarito il mio tesoro dei suoi rimorsi ed attenuati i suoi brutti ricordi, al punto di farli sembrare una cosa avvenuta in un'altra vita, restituendole così la serenità e la felicità.

 

Glielo avevo promesso a più riprese, ed era anche l’impegno che avevo preso verso me stesso, solo così avremmo potuto scacciare le ombre del passato che oscuravano la nostra felicità, perché neanche tutti i miei sforzi per farle capire che il mio amore per lei non era cambiato, riuscivano a fare ciò.

 

Appoggiato al muro, nel cortile del Maschio, ero immerso nei miei tristi pensieri, l’avvenire di Betunia, con la presenza di quella nuova Contessa si preannunciava scuro e pieno d’incognite. 

 

Aspettavo l’arrivo di Clary, la quale era stata trattenuta da quella donna, sicuramente per un ultimo tentativo di allontanarla da me, infine la vidi arrivare, col viso in fiamme e la spada in pugno, era visibilmente in preda ad una rabbia incontenibile, gettò la spada al suolo e mi si buttò addosso in cerca di consolazione e di conforto.

 

Appena si calmò, andammo alle scuderie a riprendere i nostri cavalli e lasciammo la Città Imperiale in tutta fretta per dirigerci verso Kerkos. Clary cavalcava silenziosa, era ancora in preda all’ira, i miei tentativi di istaurare un dialogo non incontravano alcun successo.

 

Ad un certo punto, mi disse “Helk, amore, ti prego, non avertene a male, ma non riesco a calmarmi, non posso parlare, lo so che vuoi aiutarmi, ma ti prego non insistere.”

 

E così, per un bel po’ rimanemmo in silenzio, finché scese la sera. Dovevamo per forza fermarci e trovare un rifugio per la notte, la soluzione più ovvia era di andare a bussare alla porta di Altar e Manha.

 

Clary si era rasserenata, tanto che fu lei a domandarmi “Halky caro, dove andiamo ora?”

“A chiedere l’ospitalità ai nostri amici, Altar e Manha, ti va??”

 

Lei sorrise “Certo che mi va, mi farà piacere di vedere delle facce amiche.”

 

Bussai alla porta, Manha venne ad aprire, ci guardò per bene, poi senza parlare si fece da parte per farci entrare, appena all’interno si rivolse ad Clary “Signora! È con vero piacere che ti rivedo.” E la prese per le spalle, attirandola sul suo vasto seno per baciarla sulle guance, poi si volse verso di me, la vedevo indecisa, come se non sapesse cosa fare.

 

“E me Manha, non mi saluti? Dov’è Altar, che non lo vedo?”

 

Prima di rispondermi Manha guardò Clary e vedendola sorridente, si rilassò.

 

“Certo Comandante! Ti saluto!”

 

Mi ritrovai stretta nella sua morsa, quella donna è dotata di una forza insospettabile, ero schiacciato al suo petto, mentre mi stampava due sonori baci sulle guance.

 

Arrivò Altar che venne ad abbracciarmi, poi salutò Clary con cordialità.

 

Allora chiesi “Volete spiegarmi il perché del vostro comportamento?”

 

“Certo Comandante” disse Altar “da quando siete venuti l’ultima volta, molte cose sono cambiate a Betunia, non lo sapete perché eravate andati via, chissà dove, ma tutto è cambiato.”

 

“Ma cosa è cambiato?” chiesi io “abbiamo notato che le cose non sono più come una volta, noi eravamo lontano, sui monti a combattere i ribelli, allora spiegatecelo voi.”

 

“Comandante, si dice che alla Città Imperiale è giunta una nuova Contessa, dicono che è Artak che non sarebbe morta come si credeva, ma sono solo dicerie, comunque quella Contessa di cui nessuno conosce il nome e che nessuno ha mai visto, in questo non ostacolata dal Custode, ha acquisito una grande influenza su l’Imperatrice, al punto di aver quasi esautorato le altre Contesse, vuole riportare il tempo indietro, all’epoca immediatamente successiva alla caduta dell’usurpatore, quando gli uomini erano soltanto schiavi.”

 

Altar si fermò un attimo per riprendere fiato, poi riprese “Capisci Comandante, quando alla nostra porta si presenta un ospite, non importa se sconosciuto o amico, non sappiamo mai come comportarci. L’ospite potrebbe essere un seguace di quella donna e, vedendo che non ci comportiamo secondo il suo volere denunciarci, arriverebbero delle amazzoni, io verrei messo in catena e Manha punita severamente.”

 

Clary ed io ci guardavamo sgomenti, era incredibile, ora capivamo tutto, l’arroganza delle locandiere, gli insulti patiti alla Città Imperiale.

 

Allora intervenne Manha “Vedete amici miei, noi siamo gente semplice, e tutte quelle storie di uomini schiavi e di donne padrone non ci toccanno. Nei villaggi e nelle fattorie, la gente vive ancora come una volta, prima che l’usurpatore, quel figlio maledetto del demonio, s’impadronisse del potere durante la notte dei veleni, le coppie si formano per amore e vivono in uguaglianza.”

 

Si fermò per studiare le nostre reazioni, visto che non parlavamo, riprese “Ma nelle città non è così, le donne hanno preso tutti i poteri e l’hanno esercitato con durezza, gli uomini erano ridotti ad essere semplicemente degli schiavi. Col tempo, però le cose sono cambiate in meglio, erano sempre le donne a comandare, ma i due sessi vivevano in armonia, ma credo che sarà per poco tempo ancora, perché il potere di quella Contessa si estende sempre più, e già ora nelle città la vita dei maschi diventa sempre più difficile, se andate a Kerkos, dovrete stare molto attenti al vostro comportamento.”

 

“Ma nessuno protesta? Le donne accettano di vedere i loro uomini trattati come schiavi?”

 

Altar abbassò la voce e si chinò sopra il tavolo per avvicinarsi a noi “Non passa giorni, che vediamo gruppi di persone inoltrarsi nei boschi, vanno verso i monti, è tutta gente che lascia le città per poter vivere come vogliono.”

 

“Ma che gente è?” chiese Clary.

 

“Di tutte le categorie, anche guerrieri ed amazzoni.” Le rispose Manha.

 

Dopo aver cenato, Manha chiese a Clary di aiutarla a preparare la solita cameretta, e Clary acconsentì di buon grado, così le donne ci lasciarono soli a parlare della guerra che avevamo combattuto ed a fare le nostre considerazioni sul quel nuovo corso che sembrava dover cambiare la vita di Betunia nel prossimpo futuro.

 

Dopo un po’ mi accorsi che la loro assensa i prolungava insolitamente oltre al tempo necessario per preparare un giaciglio e prestai l’orecchio, il rumore delle loro voci mi giungeva indistinto.

 

Dissi, quasi a me stesso “Chissà cos’hanno da raccontarsi così a lungo?”

 

Altar sorrise “Porta pazienza Comandante, fanno discorsi da donne, cosa vuoi mia moglie ha così poche occasioni di poter chiacchierare con un'altra donna che vuole approfittare della circostanza.”

 

Finalmente tornò Manha, ero sorpeso e le chiesi “E Clary, dov’è?”

 

Manha sorise “Non preoccuparto Comandante, la povera piccola era sfinita, ed io l’ho messa a letto, malgrado si rifiutasse, però una volta coricata si è addormentata di colpo.”

 

“Quant’è così non mi preoccupo, una bella dormita le farà bene dopo la giornata di oggi, che è stata particolarmente pesante.”

 

“lo so Comandante, tua moglie mi ha raccontato tutto, si agitava ancora al solo ricordo di quanto vi è successo.”

 

“Capisco, ma non ti ha detto solo questo, siete rimaste troppo a lungo a parlare…cos’altro ti ha raccontato?”

 

“Mi ha raccontato della vostra guerra, delle vostre battaglie, del fatto che l’hai allontanata e della sua malattia.”

 

Ora era preoccupato, temevo che Clary, avendo trovato chi l’ascoltava, avesse rivelato tutto quanto le era successo, ma dalle successive parole di Manha capiì che non aveva rivelato niente al riguardo della magia di cui era rimasta vittima.

 

“Comandante, dovrai aver ancora molta pazienza con tua piccola moglie, lo so che è difficile, ma col tempo tutto si aggiusterà.”

 

“Cosa intendi dire?”

 

“Clary ti ama ed è lei la prima a soffrire di questo stato di cosa, mi ha confidato che quando le vai vicino, lei ti desidera ma poi si blocca, e non riesce a…., insomma lo sai meglio di me.”

 

Era vero, non riuscivamo più a fare l’amore, dopo i baci, le carezze e le coccole, arriva sempre il momento in cui Clary si bloccava, si metteva a piangere, mi diceva di non toccarla, che non era degna d’essere amata e così via, io provavo a rassicurarlan a calmarla, a consolarla e, cullandola la facevo addormentare.

 

Sapevo che nonostante i miei sforzi, il mio amore era ancora tormentata dei rimorsi ed erano quelli la causa di tutto. Non sapevo più come agire, se non le manifestavo il mio desiderio, se ne aveva a male, si sentiva respinta e, se lo manifestavo finiva come ho appena detto.

 

“Lo so Manha, e la mia pazienza nei confronti di Clary è infinita, so che è un brutto momento, ma la nostra vita è ancora lunga e tutto si aggiusterà.”

 

Quando andai a letto Clary si raggomitolò contro di me e, per tutta la notte dormì tranquilla e serena.

 

Alla mattina dopo aver salutato i nostri vecchi amici, ci dirigemmo verso Kerkos, chiedendoci cosa avremmo trovato lì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 4

 

CLARY

 

Strano come il destino degli uomini s’intreccia nei momenti più bui e terribili, strano vedere dove gli esseri umani si rifugiano, nei posti che sembrano più impensabili, imperlati di ricordi felici un tempo.

 

E così che ci imbattemmo ancora nella casetta di Manha ed Altar, i due cari fattori che tanto bene ci avevano accolto già due volte.

 

Essi ci raccontarono tutto quello che avevamo temuto fin dall’inizio: la terribile Contessa poteva essere Artak, non ancora uccisa, ma non era sicura la fonte dalla quale veniva questa notizia.

 

“Si dice così in giro.” Disse Altar.

 

Dopo il desinare Manha mi chiese di aiutarla a preparare la cara cameretta per il mio riposo e quello di Helk ed io accettai con piacere, benché una tristezza nel ricordare tempi in cui solo il nostro amore brillava nel firmamento mi rompesse il cuore.

 

“Racconta, Clary, che succede? Lego tristezza nei tuoi occhi, pur non essendo una saggia.”

 

Manha così parlava, senza guardarmi, aprendo una grande coperta bianca.

 

“Tu sei saggia Manha, ebbene il racconto di una guerra terribile ed io non riesco più ad amare Helk, oltre ai baci non riesco ad arrivare, lo respingo in singhiozzo e non so che fare cara Manha.”

 

Dispiegavo la coperta di lana mentre il mio cuore piangeva gettando alla donna questi pensieri che erano veri.

 

Infatti i rimorsi e la vergogna avevano lacerato la mia anima, che ora rimaneva ferita e triste, in una stanza chiusa del mio cuore e, non riusciva a raggiungere quella di Helk, benché lui l’amasse.

 

Mi sdraiai nel letto quando Manha me lo chiese per la seconda volta, io volevo attendere Helk, ma poi il sonno mi vinse e come una fanciulla mi addormentai.

 

Tuttavia il sonno era leggero, sentiì quando mio marito giunse e percepiì il suo corpo quando si coricò accanto a me. Sentiì poi il suo respiro farsi pesante ed infine vidi una luce, entrare dalla finestra, una luce fredda e pallida.

 

Scivolai dal letto, sapevo chi era, apriì la finestra per sedermi sull’apertura ed accostare le imposte, in modo che troppa luce non giungesse agli occhi del mio tesoro, svegliandolo.

 

“Clary, piccola Clary, mia lacrima d’argento, che fai in questo mondo di tristezza sola ed insicura?”

 

Era la sua voce, guardai in cielo ed apparve il volto di Madre Luna, come quello di una signora straziata dal pianto e dall’angoscia.

 

Appoggiai la testa al muro fresco della casa e risposi “Oh Madre mia, pensavo tu mi avessi dimenticara, pensavo mi avessi lasciata sola.”

 

“Figliola, come potrei abbandonarti al triste destino a cui ti avvia la terra crudele? Ti ho preso sotto la mia protezione molti soli fa e tu devi ricordare che anche se l’uomo che ti vive accanto è figlio di re, tu sei figlia di luna e mai potrai essere sola in questo mondo!”

 

Sussurrei, mentre grosse lacrime scivolavano sul volto “Io non sono figlia di nessuno, Madre mia, son figlia di qualcuno che mi ha lasciato, forse se fossi vissuta tra la gente tutta la vita, ora non sarei qui, avrei preso diverse vie, e Helk non soffrirebbe per me, non saprebbe della mia esistenza ed io della sua, vivremmo in pace perché ignari di un amore infinito che poteva nascere e crescere e che invece è nato per poi soffrire per questa pena che porto nel cuore mio.”

 

“Clary, tu non sei fatta per soffrire, Clary, non dimenticare di essere un’amazzone e che appartenevi all’antica cerchia degli Anfeli Oscuri, che regolano morte e distruzione, oscuri certo…ma potenti. Tu non sei fatta per soffrire e se tu ora volessi io ti condurrei via da tutto quest’incubo, diventeresti la mia ancella nel tempio che ho sulle montagne ad est, diventeresti un Angelo della Luna se tu lo desideri, figlia mia, io ti vorrei accanto a me, come stella luminosa, come Angelo che porta felicità nei cieli! Io potrei cancellare le tue pene e quelle del tuo uomo se solo lo desideri.”

 

Ora il mio pianto era continuo, come un fiume brillante alla luce argentata.

 

“No Madre, sai che non posso, ero un Angelo Oscuro e neppure tu puoi liberarmi dall’angoscia…e neanche dall’amore. Non sopporterei essere distante da lui, anche se per divenire stelle nel tuo cielo.”

 

E così dicendo guardei dentro la figura di Helk, alla Luna, coricato serenamento, tendendo un braccio dove avrebbe dovuto trovarsi la mia testa quella notte. Quanto era passato dall’istante in cui decidemmo di divenire sposi? Qual’era stato il momento in cui suo cuore aveva preso il posto del mio nel mio petto? Ora saremmo andati verso le sue terre, dove forse avremmo trovato la pace, ma la mia angoscia era così prepotente che temetti per un istante che sarebbe riuscita a farmi preparare il cavallo in una notte senza Luna e farmi scappare da lui, che per vergogna delle mie colpe non volevo più vedere.”

 

Basta ora con questi incubi! Mio marito mi era accanto, questa bastava, questo era tutto, questo era il sogno insperato.

 

Madre Luna si allontanò da me senza parlare, perché dirci arrivederci? Non aveva scopo, eravamo assieme, non servivano parole. Chiusi le imposte e mi distesi di nuovo accanto a lui, asciugando le lacrime con la mano ed ancora addormentandomi.

 

Alla mattina partimmo presto, Helk salutò con mille ringraziamenti i fattori ed io feci un inchino con il capo, senza riuscire troppo a dialogare. Indossavo il mio cappuccio scuro, che copriva il volto in quell’alba nebbiosa.

 

“Clary, fiera amazzone, gli uomini si dividono in due grosse famiglie, ascoltami!” disse Altar, quando fummo saliti a cavallo e lui e Manha ci guardavano sulla porta per salutarci.

 

“Una famiglia sono l’elsa che compongono la spada. L’elsa è le padrona, bella e lucente, lavorata con metalli preziosi ma ignara del dolore che il mondo fa provare invece all’altra famiglia, la lama della spada. Elle devia i fendenti ed attacca i nemici, sempre a contatto con sofferenze e dolori ma anche conquiste e gioie quando finalmente la battaglia è vinta. Clary a che famiglia appartieni allora?”

 

Senza pensare due volte, risposi con fermezza “Io sono una lama.”

 

Lui sorrise “Appunto, allora come lama procedi il tuo viaggio, come lama continua il cammino prefissato, come lama non spegnerti prima di aver visto la meta.”

 

Con le sue parole nel cuore mi diressi verso Kerkos, accanto ad un Helk cupo e silenzioso, che già faceva progetti sul futuro e programmi, mentre il mio cuore affogava tra ricordi del passato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 5

 

HELK

 

Immersi nella nebbia dell’alba, ci avviammo verso Kerkos, il persorso da compiere era relativamente breve, quindi non c’era ragione di affrettarci, proseguivamo al piccolo trotto, saremmo comunque giunti alla città prima che il sole avesse raggiunto lo zenit.

 

Dopo quanto era successo alla Città Imperiale e quello che ci avevano detto Altar e Manha, la prudenza era d’obbligo, quindi schermai rigorosamente la mia mente e feci una cosa, che facevo malvolontieri: m’introdussi nella mente di Clary per schermare anche lei ed infonderle pensieri di serenità e d’amore, il risultato non si fece attendere, il mio tesoro si rilassò ed i suoi rimorsi si attenuarono, mentre la vergogna si dissolveva rapidamente.

 

Mi stavo facendo un ennesimo esame di coscienza, ripassando, passo per passo, tutti gli avvenimenti accaduti da quando avevamo incontrato Misime e questa aveva messo il suo anello fatato al dito del mio amore.

 

Sicuramente uno sbaglio l’avevo fatto! Ma quale? Dovevo scoprirlo per poter liberare Clary dei suoi incubi! Avrei potuto liberarla esercitando un controllo mentale costante su di lei, ma era l’ultima cosa che avrei mai voluto fare! Volevo essere amato per quello che ero, non perché manipolavo la sua mente! Volevo che potesse agire di propria volontà! Non volevo comportarmi come quello disgraziato stregone che si era impossessato di lei con l’inganno!

 

Poi all’improvviso sussultai e vidi Clary sussultare a sua volta, la voce di Kyra ci giungeva da lontano, debole ma nitida, ero sorpreso perché mai si era rivolta ad Clary in precedenza. Erano parole terribili.

 

“Ciao! A te Helk caro ed anche a te cara Clary! Ascoltatemi in silenzio perché ho poco tempo! Ogni giorno che passa mi allontana sempre più dal mondo dei vivi, presto non sarò più in grado di farmi sentire, ma non temete, continuerò a vegliare su di voi ed a proteggervi! Ora voglio avvertirvi, siete in pericolo, all’alba sono giunte a Kerkos delle amazzoni inviate da quella vostra nemica, tenteranno di catturarvi e se non ci riescono, hanno l’ordine di uccidervi! Non andate a casa vostra, vi hanno preparato una trappola, andate in taverna, vi troverete degli amici che vi aiuteranno, siate prudenti, mi raccomando, ciao cari, vi voglio bene a tutti e due.”

 

Il contatto sparì e ci guardavamo perplessi, però notai una cosa che mi fece un enorme piacere, per la prima volta da tanto tempo, il mio tesoro mi guardava diritto negli occhi.

 

“Helk, caro, non avrei mai pensato di sentire la voce di Kyra, ed ora cosa facciamo?”

 

“Tesoro mio, faremo come ci ha detto, non andremo a casa e cercheremo gli amici che abbiamo in taverna, se pronuncierò le parole bagno caldo vorrà dire che dobbiamo fuggire, mi dovrai seguire senza perdere tempo.”

 

Giungemmo a Kerkos nel tardo pomeriggio, tutto sembrava normale, le amazzoni di guardia alla grande porta ci salutarono cordialmente, ed i conoscenti incontrati per strada non dimostravano alcuna sorpresa nel vederci affiancati. Affidammo i cavalli ad un giovane stalliere ed entrammo in taverna.

 

C’era la solita gente, guerrieri, dragoni, guide, esploratori ed amazzoni, oltre che ad alcuni maghi e diverse streghe, al nostro ingresso ci fu un attimo di silenzio, dovuto alla sorpressa di vederci, poi ci ritrovammo in mezzo agli amici che volevano salutarci e, soprattutto sapere da dove venivamo e cosa avevamo fatto durante la nostra assenza.

 

“Amici!” dissi “abbiate un attimo di pazienza, siamo affamati, lasciateci mangiare e vi diremo tutto, ve lo prometto.”

 

Stavamo mangiando, quando si avvicinò Jary, quando ci fu vicina, inciampò, feci appena in tempo di afferrarla per impedire che cascasse, e mentre la sostenevo, sentiì la sua mano cercare la mia per consegnarmi un pezzo di pergamena.

 

Jary, rimessasi in piedi mi ringraziò sorridente e si allontanò senza dire una parola.

 

Ero ansioso di leggere quel messaggio, così lasciai cadere al suolo il coltello e mi chinai sotto il tavolo a raccoglierla.

 

Il messaggio era breve, ma molto chiaro, diceva “quando tutti usciranno, uscite anche voi, in mezzo a tutti, correte alla breccia, i vostri cavalli vi aspettano, ci sarò anche io con alcuni amici, vi spiegeremo tutto.”

 

Clary mi lanciò uno sguardo interrogativo, le dissi “Quando usciremo andremo a casa a fare un bel bagno caldo.”

 

Lei mi sorrise, aveva capito.

 

Il tempo passava e scendeva la sera, Roric si avvicinò al nostro tavolo e disse “Sentite, ci racconterete le vostre avventure un’altra volta, ora è tardi e NOI USCIAMO.”

 

Misi un paio di pezzi di cristallo sul tavolo e ci alzammo, in meno che si dica, eravamo  circondati da tutti gli avventori del locale, sembrava un corteo.

 

Ci spingevanno verso la stradetta che portava alla breccia, avendola imboccata il gruppo si fermò.

 

Di nuovo, Roric ci venne vicino “Correte, noi ci fermiamo, fingeremo di litigare e bloccheremo la strada, andate! Jary vi aspetta, buona fortuna!”

 

E così uscimmo da Kerkos come due ladri.

 

Oltrepassato la breccia, trovammo ad aspettarci, Jary, Isal, Althena, Sary, Verdik e Rabek.

 

“Forza!” gridò Jary “ogni ritardo può essere fatale!”

 

Non avevamo bisogno d’incoraggiamento per correre, saltammo in sella a partimmo al galoppo verso il bosco vicino.

 

Una volta nel folto della selva, ci fermammo ed io chiesi “Per tutti gli spiriti maligni, servi della Regina dell’inferno! Che succede?”

 

“Succede che date fastidio a quella nuova Contessa” mi rispose Jary.

 

“Questo lo sapevamo già, l’abbiamo incontrata alla Città Imperiale, ma ora che succede?”

 

“Helk! Sei duro eh! Allora ve lo spiego! All’alba, ancora prima che fossero aperte le porte della città, si sono presentate alcuni guerriere, indossavano la divisa delle amazzoni Blu, ma io le amazzoni Blu le conosco tutte e, guarda caso, queste non le avevo mai viste, hanno subito iniziato a fare domande su di voi, dove abitavate, se eravate già tornati e così via, già che mi ero messa in sospetto, le ho fatto sorvegliare, quattro di esse hanno forzato la porta della vostra casa e sono entrate, sono ancora lì adesso, le altre erano ferme sulla piazza di fronte alla taverna.”   

 

“Maledetta serpente!” sbottò Clary.

 

“Sarà come dici tu Clary, ma intanto vi consiglio di raggiungere al più presto i guerrieri di Tahar, se sapete dove trovarli.” Rispose Jary.

 

“Certo che sappiamo dove trovarli, sono sui monti, ma il guai è che lo sa anche quella vipera.”

 

“Sui monti!!!! Ma cosa ci fanno lì, è un territorio infestato di ribelli.”

 

Clary si mise a ridere “Era infestato di ribelli, vorresti dire eheheheh…non ci sono più ribelli…tutti morti.”

 

“Cosa!!!!” eclamò Rabek “Vorresti dire che è lì che siete andati? Da soli? Solo i guerrieri di Tahar??”

 

“Certo!! Solo i guerrieri di Tahar, con l’aiuto delle Inthyne, e lì abbiamo battuti.” Rispose mia moglie, che si godeva il suo piccolo momento di trionfo.

 

“Bene” disse Jary “Dobbiamo organizzarci, Rabek e Verdik torneranno a Kerkos, se le cose si mettono male, i loro uomini avranno bisogno di capi decisi, noi ragazze vi accompagneramo fino al guado sull’Ondagrigia.”

 

“Sentite ragazze” dissi io “Vi siete già compromesse abbastanza, non sarebbe giusto chiedervi di più.”

 

“Piantala Helk! Sappiamo quello che facciamo…e poi ricordati, sono le amazzoni a comandare ehehehehe.”

 

Per dieci giorni, galoppammo attraverso boschi e lande deserte, evitando le piste battute e qualsiasi luogo abitato. Jary e Althena ci precedevano, mentre Isal e Sary ci seguivano a distanza. Ci riunivamo solo la sera per stabilire il percorso da seguire il giorno successivo.

 

Tutte le notti, Clary ed io dormivamo allacciati, avvolti nel mio mantello e sentivo il mio amore scioglersi pian piano, si stringeva a me e mi baciava con rinnovato ardore.

 

La sera del decimo giorno, eravamo in vista del guado sull’Ondagrigia, le nostre compagne andarono a perlustrare le rive, tornarono per annunciarci che la nostra strada era libera d’ostacoli.

 

Tutte loro baciarono Clary, augurandole ogni fortuna, poi vennerò, con mia grande sorpresa, a baciarmi sulle guance, minacciandomi di ogni sorta di disgrazia se avessi fatto soffrire mio tesoro.

 

Attraversammo il fiume sotto la luce fredda della luna e iniziammo a percorrere la via per salire verso l’altopiano, dove avremmo ritrovato le compagnie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 6

 

CLARY

 

Andammo quindi alla taverna, come la voce di Kyra ci aveva sussrrato, mentre tornavamo a Kerkos.

 

La cosa un po’ mi dispiaceva perché sarebbe stato per me più bello poter rivedere la mia casa, ma non dissi nulla lo stesso: capivo che quello non era il momento e che sarebbe passato ancora un bel po’ di tempo prima che io riuscissi a riposarmi per più di un sole nella mia dimora.

 

Entrammo in taverna e riconobbi molte facce con gioia.

 

Lì, accanto al bancone vedevo la piccola maga Saita, che discorreva con Sary. Sul divanetto accanto al fuoco visi con somma felicità le mie compagne Amaranti Kasha, San ed Althena  e poi tanti altri amici, che mi feci forza per non scorgere in volto, perché sarebbe stato mille volte più doloroso sparire ancora per me. Ma non v’era scelta, io ed Helk non potevamo restare, chissà perché due esseri umani che non hanno altra colpa che amarsi non erano accettati da quella donna.

 

Mentre sedevamo ad un tavolo accanto al muro, si avvicinò Jary, mia cara amica amazzone Blu, molto pallida, fece finta di cadere, e quando Helk si precipitò a sostenerla, ne approfittò per consegnare qualcosa a mio marito.

 

Non era da lei questo comportamento, di solito parlava a cuore aperto, sedendosi al tavolo dov’era sempre ben accolta, sia da me che dal mio tesoro.

 

Quando Helk lesse la pergamena, mi fissò con occhi penetranti e poi, mi disse “Una volta usciti, Clary, andiamo a fare un bagno caldo.”

 

Feci segno d’assenso con la testa, avevo capito. La mia cara Jary, chissà cos’aveva escogitato con i nostri altri amici? In quell’istante il cuore si allargò sommo e potente, ma chinai gli occhi e finiì il mio pasto.

 

Poi s’avvicinò Roric e disse che stavano uscendo.

 

Helk mi fece segno d’alzarmi ed io lo segiì, mentre tutta la taverna parve vuotarsi e seguirci.

 

Così cominciammo ad accelerare il passo, finché il Comandante Roric si fermò in mezzo alla via.

 

“Ora andate” disse “noi litigheremo e cercheremo di bloccare la via ma non ce la faremo a lungo! Veloci ora veloci!”

 

Corremmo via nella notte, io calata nel mio mantello, mentre il vento che s’era alzato in un lampo ci investiva, sferzandomi il volto come una frusta terribile.

 

Oltrepassammo la breccia e mi bloccai quando vidi davanti a me sei figure note aspettarci.

 

Jary, con ansietà negli occhi, poi Rabek, silenzioso e con l’ascia in spalla che attendeva qualche parole, Verdik con un mezzo sorriso stampato sul volto e le guance rosse dal freddo, poi Sary che anche lei attendeva silenziosa, guardando dietro di noi per intervenire nel caso Roric e gli altri non fossero riusciti a bloccare eventuali inseguitrici ed infine mi avvicinai a due compagne che non vedeva da molto tempo.

 

Salutai Isal con un abbraccio caloroso, sussurando “Isal, che goia rivederti!”

 

Ed infine la mia piccola grande sorella delle Amaranti Althena, alla quale posai soltanto una mano sulla spalla e lei fece lo stesso, senza abbracciarmi, in quella stretta ci infondevamo energia a vicenda, speranza e goia, fu un momento meraviglioso rivedere i miei cari amici.

 

Ma Jary ci fece fretta, non potevamo stare lì a perdere tempo in saluti ed abbracci, dovevamo partire immediatamente, e partimmo diretti al bosco, dove ci fermammo.

 

Jary aveva organizzato tutta la facenda, parlò in fretta, dicendo quanto accadeva a Kerkos, e dando istruzioni chiare ed immediate.

 

Gli uomini tornarono tra le mura a controllare la situazione in città, mentre Isal e Sary avrebbero seguito noi e Jary e Althena che ci avrebbero preceduti, accompagnandoci fino al guado su l’Ondagrigia.

 

Molti giorni passarono in marcia ed ogni sera accendevamo il fuoco e la compagnia discuteva sul cammino da compiere.

 

Furono strani quei giorni, mi pareva di vivere in un sogno.

 

Da una parte era bello restare tra le amiche care, ma dall’altra pativo l’incubo di una minaccia continua, sia per loro che per noi due sposi, ed in ogni istante avrei voluto tornare indietro nel tempo per impedire loro di fare questa sciochezza, ma non potevo.

 

Una sera, mentre gli altri discorrevano sulla strada più indicata, io sgattaiolai dal centro e mi allontanai di qualche passo, incamminandomi un po’ verso l’oscurità che mi pareva amica cara e mi sedetti sola, a rimirare il silenzio, che pareva quasi palpabile.

 

Pensai a tutto in quell’istante e ringraziai ogni cosa di esserci, ringraziai anche la notte scura di velare la mia figura ad ogni occhio lontano, di velare le lacrime che dentro scorrevano in me, anche se mio marito, con le sue capacità magiche, soleva entrare in me per alleviare la sofferenze.

 

Tornai allora al fuoco e scopriì che era già spento e tutte stavano riposando, anche Helk si era coricato ed io scivolai a suo fianci, sotto il mantello.

 

“Ti aspettavo Clary, ma sapevo che volevi stare un po’ in pace, tante cose sono avvenute, tante cose brutte a cui non ho saputo dare spiegazione e riparo, da cui non sono riuscito a proteggerti.” Mi sussurrò egli.

 

La sua voce era calda ma con un velo di tristezza.

 

Posai la testa sul suo petto e chiusi gli occhi, sentendo i battiti del suo cuore, regolari e calmi, poi gli diedi un bacio sulle labbra, lungo e silenzioso, infine lo guardai con dolcezza, accarezzandogli la fronte, così mi accoccolai accanto al suo corpo caldo, addormentandomi all’istante.

 

Alla fine arrivammo alla temuta sera dell’addio.

 

Il sole moriva, ancor rosso di fuoco, ma a me pareva freddo e schivo.

 

Le mie care compagne mi abbracciarono strette, sussurando promese ed auguri.

 

“Non dimenticare che hai delle sorelle a cui dovrai raccontare ogni cosa quando tornerai! Esse ti aspettano ed io ho ricevuto l’incarico di abbracciarti anche per loro!” ed Althena mi strinse.

 

Poi abbracciarono Helk che si stupì di questo, forse pensava che anche loro fossero divenute di pietra?

 

Quasi scoppiai a ridere a vedere la sua faccia, ma molto era che non ridevo e sapevo che il mio cuore era ancora troppo straziato per ridere, così sorrisi un poco, sistemando il cappuccio sul mio capo ed avvicinandomi ad Helk che, con la sua figura mi dava sicurezza e gioia.

 

Madre Luna ci accompagnò sul nostro sentiero anche quella notte, ripetendo nel mio cuore che quando saremmo giunti presso il suo tempio alle montagne da est, fuori appena dal regno degli Helk, lei mi avrebbe avvisato e sarei andata incontro al mio destino, avevo ancora tempo per la scelta che mi dava Madre Luna, ma sapevo che avrei accettato soltanto se la mia presenza sarebbe divenuta un peso od una sofferenza troppo grande per mio marito, e speravo con tutto il cuore che questo non accadesse mai.

 

Con tali pensieri attraversai il fiume, accingendomi con Helk a fianco a giungere preso le compagnie dei Tahar e rivedere Rupert, Falcon, le mie amazzoni e tutti i guerrieri amici, forse anche Zalesc, che avrei rivisto con somma gioia, poiché gli ero debitrice, ma con anche enorme vergogna. 

 

Abbassai il capo, ma il mio tesoro se ne accorse e mi prese la vita con la mano, attirandomi a sé e sussurrando “Non temere tesoro, non temere!”

 

E così mi accorsi di un pensiero, come un fulmine, mi accorsi che questi eventi che mi avevano sopraffatto con la loro velocità avevano però svegliato in me una frase piccola e corta, che prima era un’esile fiammella in un mare di raggi di sole, ma che infine riusciì a sussurrare ad Helk, e forse più a me stessa.

 

“No, io non temo!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 7

 

HELK

 

Per lunghi istanti, rimanemmo fermi sulla riva del fiume ad osservare le nostre amiche allontanarsi nella notte, poi l’oscurità le nascose alla nostra vista, ed io pregavo le dee di Betunia di proteggerle, ora che ci avevano aiutato a sfuggire all’odio della Contessa Nera, la quale sicuramente, se fosse venuta a conoscenza del loro intervento, si sarebbe, in qualche modo, vendicata.

 

Vedevo Clary guardare la notte, come se non riuscisse ad accettare quel distacco, era in preda ad un intenso travaglio interiore: il mio tesoro soffriva una volta ancora, e la consapevolezza del suo dolore mi straziava il cuore.

 

Per confortarla, le passai un braccio alla schiena per stringerla alla vita e le dissi “Non temere tesoro, non temere.”

 

Con un filo di voce, lei mormorrò “No, non temo.”

 

Avevamo appena oltrepassato lo spartiacqua, la fuga era finita…iniziava il viaggio verso la salvezza, sarebbe stato un viaggio lungo ed irto di difficoltà e di pericoli, ma niente ci avrebbe impedito di raggiungere la meta prefissata.

 

Ci inoltrammo nella foresta rimanendo silenziosi, con tutti i sensi all’erta, ascoltavamo i rumori della notte, io spingevo la mia mente a sondare la selva, ma non trovavo niente. Salvo la presenza di piccoli animali notturni, la foresta dormiva.

 

Ci spingemmo più lontano ancora, fino a Inthynia, dove fummo ben accolti e cedendo alle insistenze delle Inthyne, ci fermammo per la notte, temevo che questo fatto avrebbe potuto nuocere al mio tesoro, ma dovetti ricredermi, malgrado il suo disaggio superò bene la prova. Mi venne spontaneo sorridere: la previsione di Clary si era avverata, Myra e le amazzoni Nere avevano trovato l’amore ed erano divenute, ognuna, la compagna del cuore di un Inthyna.

 

Durante la notte, mentre lei dormiva tranquilla, io certo che non ci fossero pericoli in agguato, mi misi ad esaminare i miei rapporti con il mio amore.

 

Erano rapporti complicati, che si svolgevano su tre livelli distinti che però molte volte s’intrecciavano, rendendo il tutto ancora più intricato.

 

Il primo livello, quello più semplice, era quello sentimentale, io ero innamorato pazzo di mia moglie e lei ricambiava sinceramente e completamente il mio amore.

 

Il secondo livello era quello fisico, questo era molto meno semplice. L’amore reciproco ci portava l’uno verso l’altra, ma il cammino sulla via di una ritrovata intesa amorosa era lento e difficile. Qualche progresso c’era, perché dopo i baci appassionati, ora riuscivamo a giungere fino alle carezze preliminarie, ma immancabilmente, il mio tesoro ancor si bloccava, ancora non riusciva a concedersi, e questo malgrado lo desiderasse, in lacrime, mi respingeva dicendo di essere indegna di unirsi a me, ed io tentavo invano di convincerla che nessuna era più degna di lei. Mi sarebbe stato facile, usando i miei poteri, vincere la sua ritrosia, ma non lo volevo fare, con il tempo e la pazienza, anche quest’ostacolo sarebbe sparito.

 

Infine c’era il livello mentale, il quale necessità una spiegazione preliminare: sono rare le persone in grado di proteggere la propria mente: lo sono gli Helky, che sono immuni dagli attacchi degli spiriti, questo per un antico privilegio concesso dalla Dea-Madre, lo sono gli iniziati e, lo sono anche quelli che non credono in niente, né negli dei e neanche nei demoni, sono protetti dal loro stesso scettiscismo.

 

Purtroppo il mio unico tesoro, il mio unico amore, la mia sposa in eterno, non era dotata delle conoscenze necessarie per difendere la sua mente, in futuro gliele avrei insegnate, ma era un apprendistato lungo e faticoso, che richiedeva serenità; calma e concentrazione, tutte cose che, al momento, mancavano totalmente alla mia sposa adorata.

 

Visto le circostanze, lo scudo che difendeva la sua mente, altro non era che la proiezione del mio, così lei condivideva con me le sue ansie, le sue paure, i suoi rimorsi ed i suoi incubi, non interferivo, volevo lasciarle la più assoluta libertà, ma una cosa era certa, i pensieri di serenità e d’amore che introducevo nella sua mente, servivano solo ad alleviare il suo dolore, e non a scacciare i suoi dubbi: allora decisi di farle sapere che, lei non era un peso per me, che io l’amavo e che niente era troppo doloroso o troppo pesante, volevo che riconquistasse la felicità a qualsiasi costo.

 

La decisione fu presto presa, era una cosa tutto sommato semplice, pian piano istillai un nuovo pensiero nella sua mente, io soffrivo semplicemente perché lei soffriva, ed ero felice di condividere il suo dolore, sperando che questo l’avrebbe reso più leggero.

 

Alla mattino iniziammo la salita verso il passo, incontrammo alcune Inthyne che pattugliavano il sentiero, le quali ci dissero che al passo avremmo trovato un posto di blocco.

 

In effetti il passo era presidiato dalle amazzoni, le quali si precipitarono ad abbracciare Clary, riportando così un lume di felicità nel suo cuore, dietro mio consiglio Clary scelse, fra quelle ragazze, un ufficiale alla quale cedere il comando, almeno temporaneamente.

 

Altre sorprese ci aspettavano al passo, non c’erano più tracce della battaglia, il terreno era stato ripulito, e c’erano molti rifuggiati accampati a poca distanza, famiglie intere che fuggivano dalle città, come ci avevano detto Altar e Manha, c’erano guerrieri ed amazzoni, maghi e streghe, mercanti ed artisti, tanto da formare un intero popolo. 

 

Seguendo le indicazioni dell’ufficiale, ci avviammo verso il campo principale dei Tahar, che si trovava vicina alla palude, dove avevamo combattuto la nostra seconda battaglia.

 

Il nostro arrivo fu un vero trionfo, i guerrieri si accalcavano per salutarci ed acclamarci, il cuore mi si gonfiò di felicità, questa era la più grande ricompensa per un comandante, essere acclamato dei propri guerrieri, ed anche Clary ebbe la parte di acclamazioni e per un momento ritrovò la gioia di vivere.

 

Arrivò Rupert, abbracciò Clary poi mi chiese “Comandante! Sei tornato per rimanere con noi? Lo sperano tutti!”

 

“Purtroppo no, amico mio, più tardi riunirò gli ufficiali comandanti delle compagnie, vi spiegherò cosa succede a Betunia e vi lascerò i miei consigli, perché le decisioni le dovrai prendere tu!”

 

Durnte la mia assenza, Rupert aveva lavorato bene, aveva iniziato a fare costruire delle case con tronchi d’albero; aveva fatto censire i guerrieri e le amazzoni che avevano cercato rifugio sui monti per inquadrali in nuove compagnie, aveva fatto pattugliare senza sosta il territorio ed aveva stretto rapporti amichevoli con i pastori.

 

Era scesa la notte, riuniti attorno al fuoco, gli ufficiali ascoltavano preoccupati le notizie che portavamo da Betunia.

 

“Cosa dobbiamo fare, Comandante? Se tu andrai via un’altra volta, cosa faremo?” Chiese Rupert.

 

“Rupert! Perché me lo chiedi? Continua a fare quello che hai fatto, così bene finora e, quando partiremo, passeremo per Inthynia, tu verrai con noi, stabiliremo un alleanza con le Inthyne, perché dobbiamo impedire alle amazzoni della Contessa Nera di impadronirsi dell’altopiano, questo deve rimanere nostro, i guerrieri non hanno versato il loro sangue per quel serpente travestito da donna,…e poi Arthea quando ci diede l’incarico di conquistarlo, mi aveva promesso che, in caso di vittoria, me lo avrebbe ceduto, questo dovrai fare!”

 

Nei giorni successivi, sempre accompagnato da Clary, visitammo tutte le compagnie, quelle vecchie e quelle nuove, per salutarle un’ultima volta prima di partire.

 

Clary cambiava rapidamente, il fatto di ritrovarsi sul campo, di vedere nuovi reparti di amazzoni, le restituiva la voglia di vivere, i nostri rapporti miglioravano al punto che eravamo riusciti, dopo tanto tempo, ad amarci.

 

E così, un pomeriggio di Galerule, assieme a Rupert e scortato da un plotone di guerrieri di Tahar, ci presentammo a Inthynia.

 

La sera stessa, ci fu una riunione con tutti le maggiori esponenti delle Inthyne, che una volta messe al corrente degli avvenimenti di Betunia, accettaronoo di stringere un’alleanza con i guerrieri di Tahar per impedire l’accesso all’altopiano a chiunque, salvo che ai fuggitivi dalla nuova tirannia.

 

Di nuovo ci fermammo a Inthynia per la notte, mia moglie non era per niente d’accordo, era disposta a dormire, avvolta nel suo mantello, sotto un cespuglio, piuttosto che passare un’altra notte con le Inthyne, ma come avevamo appena stretto un accordo, non era proprio il caso di rischiare di offenderle, avevamo troppo bisogno del loro aiuto quando la Contessa Nera si sarebbe sentita abbastanza forte per tentare la conquista dell’altopiano e, così Clary si arrese alle nostre ragioni e rimanemmo.

 

Sia ben chiaro che nessun pensava di opporsi all’Imperatrice Arthea, la resistenza era contro la Contessa Nera.

 

Alla mattina successiva, diretti a nord est, lasciammo Inthynia, sempre accompagnato dal plotone di guerrieri di Tahar, che ci avrebbe accompagnato fino ai confini di Betunia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 8

 

CLARY

 

Lenti procedevamo sul nostro sentiero che ci avrebbe condotto dai guerrieri di mio marito e poi verso terre a me sconosciute.

 

Sia Helk che io camminavamo in silenzio, ognuno perso nei propri timori e pensieri, anche se sapevo che lui era costantemente nella mia mente per darmi serenità.

 

Ma iniziai a pensare alla mia vita passata e presente. Mi accorsi di quanto diversa ero dal mio compagno di vita ed avventure.

 

Lui poteva essere paragonato ad un falco, che lento e sicuro rimane ad osservare la preda, studiando il momento per acciuffarla. Io invece ero un lupo, osservavo con altri occhi che quelli del falco, che faceva mille proggetti e mille studi, no, il lupo è diverso. Lui osserva perché al minimo movimento è pronto a scattare, senza un piano preciso, con soltanto l’istinto come guida maestra, e purtroppo a volte fallisce.

 

Ragionai sull’umiltà delle mie origini e mi sentiì fiera di essere Clary, figlia di nessuno, nata fra le foglie, come primo latte i raggi della luna e come prima culla i rami o la pelliccia di qualche buon animale che offriva il suo calore come mio giaciglio. Sì, era bello essere figlia di nessuno, senza pesi di padri sulla testa.

 

Helk invece non era così, era l’opposto, proveniva da antica stirpe di re ed aveva discendenza regale.

 

Per un istante la mia mente fu attraverata dall’idea di suo figlio che mi fece un effetto sconvolgente.

 

Mi vidi per un istante come una concubina, una di quelle donne che avevo sentito narrare da vecchi mercanti, vestita di veli in una stanza senza finestre e Kyra che mi asciugava le lacrime e diceva “Su, su, non piangere, il Signore degli Helky è buono, il Signore degli Helky è giusto.”

 

La mia pelle s’accapponò ad un tratto, dove Helk mi stava portando? Come avrei dovuto comportarmi? Scacciai velocemente i miei pensieri dalla mente, prima che mio marito potesse scorgerli e rassicurarmi con frasi che già conoscevo nel mio cuore.

 

Passammo per Inthynia, ma di quella parte del viaggio non vorrei parlarne. Troppi terribili ricordi si riversarono in me. E vedendo tutte le amazzoni Nere felici, ognuna con un’ibrida a seguito, mi rividi mille volte negli occhi di quelle che furono guerriere e rividi Misime altrettante volte negli occhi delle ibride.

 

Tuttavia, anche se arsa dalla vergogna, la presenza di mio marito a fianco mi diede coraggio ed ebbi la fiducia di riuscire a sopportare di fermarmi lì una notte.

 

Tornammo all’accampamento dei guerrieri di Tahar e venimmo acclamati come eroi al ritorno di un lungo viaggio. Tutti i guerrieri vennero a salutarci, acclamarono tanto Helk che me, ed io partecipavo alla sua gioia.

 

Poi arrivammo davanti a Rupert. Mio caro fratello che non era cambiato affatto. L’abbracciai con estrema facilità e poi lo lasciai a discorrere con Helk.

Ora non ero più un suo ufficiale e potevo godere un po’ di questa libertà.

 

Così, mentre la sera scendeva, mi allontanai dal campo, salendo su una collinetta accanto e tirando fuori la spada, facendola girare due volte con il braccio.

 

“Ma Signora! Com’è che la ritrovo sempre con le armi in mano?”

 

Bloccai il braccio e quasi lasciai cadere la spada. Mi voltai e vidi quel guerriero, Zalesc, in piedi sulla via.

 

I suoi occhi da fanciullo si erano tramutati in due piccole perle scure, più da uomo maturo, ed anche i suoi ribelli capelli biondi adesso erano abbastanza lunghi e ballavano al vento.

 

Rimanemmo fermi per un istante che parve un’eternità.

 

“Scusatemi, Vice Vomandante se vi ho mancato di rispetto.” Probabilmente pensava che il mio silenzio dipendesse dalla frase che aveva poco prima pronunciato. Lui non sapeva quanto ero lacerata dalla vergogna dentro il mio piccolo cuore.

 

“Non potresti mai mancarmi di rispetto, Zalesc.” Riusciì a balbettare e lui sorrise come un bambino felice.

 

Il vento ancora si alzò, facendo volare avanti ed indietro i miei capelli ed il mantello che indossavo.

 

Poi lui fece un piccolo inchino

 

“E’ stato un piacere rivedervi, ma sapevo che vi avrei rivista ancora, il Comandante Helk non avrebbe abbandonato qui i suoi uomini e voi sareste giunta ancora con lui, è stato davvero meraviglioso poter guadare negli occhi la prima amazzone che abbia vestito le insegne di ufficiale dei guerrieri di Tahar, un vero onore averla conosciuta.”

 

Detto ciò si voltò ma poi, ricredendosi un attimo guardò di nuovo verso di me “Avevo detto che non avrei più parlato di quella vicenda e così ho fatto Clary. Il segreto morirà con me e nessuno ne verrà a conoscenza. Sappiate però che non dovete struggervi. Ogni cosa passa, ogni cosa. Non abbiate timore o vergogna perché nulla è accaduto!”

 

Poi si avvicinò ancora a me, che tenevo il capo basso. Mi prese con una mano il mento e lo sollevò, poi sussurrò “E ridete di più, è così bello vedere un bel volto che ride!”

 

Detto questo ci dividemmo.

 

Tornai al campo ed Helk era occupato a disutere con gli ufficiali, ma io non me la sentivo di ascoltare altri racconti, ero stanca, ero molto stanca, e così mi sdraiai su una roccia, poco distante dal campo principale e mi addormentai col sole che ancor moriva.

 

Mi ridestai in una tenda, alla luce di una lucerna piccola e scura. Accanto a me c’era mio marito, che con una mano mi accerezzava la testa, e con l’altra teneva la spada che lasciava un po’ di luce attorno a sé.

 

Era bello guardarlo impegnato e tutto serio a programmare, a supporre come sarà il futuro per intervenire a tempo debito.

Mi trovai incredibilmente al sicuro, come da molto non ero stata e gli afferrai la mano. Lui non si girò ma sorrise, poi mise via la spada per voltarsi davanti al mio viso.

 

“Ti ho visto questo pomeriggio sulla collina, ho poi ioncontrato Zalesc, è un ottimo guerriero ed un bravo ufficiale, vedrai che se la caverà anche in questa battaglia contro forze oscure.”

 

Non avevo voglia di parlare, il sonno mi aveva lasciata con una pesantezza nelle membra e legerezza nell’anima, per quanto un’anima lacerata può essere leggera. Quella notte infine ci ritrovammo ed i nostri corpi ed i nostri spiriti si unirono, quella notte.

 

La mattina seguente fu dedicata agli ultimi saluti e preparativi. Dormimmo a Inthynia, con tutto che inizialmente tentai di rifiutarmi di fare una cosa simile, ma dopo aver rivisto Zalesc ed essere riuscita a sopportare il mio cuore pesante di tristezza e rimorso, Inthynia e le sue nebbie non mi avrebbero ucciso se sarei stata accanto a mio sposo.

 

Il mattino della partenza arrivò in una rapidità che mi lasciò intontita, ma non dissi nulla, o comunque poco parlai.

 

Cavalcamo verso nord est con il plotone dei guerrieri di Tahar, che ci avrebbe accompagnato fino ai confini di Betunia.

 

Era una giornata afosa, ricca di nubi scure e minacciava un temporale. Tutti si ripararono sotto i mantelli e la pioggia cadde leggera e silenziosa, come pianto.

 

Helk e tutti gli ufficiali avevano molto da discutere sulla guida delle compagnie, così io preferiì infiltrarmi tra i guerrieri ed ascoltare i loro discorsi, divertendomi a sentire quelli soprattutto sulle mogli e quando li avevano sgridati per qualche pasticcio che avevano combinato, e sognai al racconto dei loro figlioletti e delle figlie lasciati nelle città.

 

Finché il plotone si fermò per desinare ed io ritrovai mio marito. Mangiammo poco ed in fretta, non avevamo molto tempo per montare le tende e preferivamo andare avanti che il giorno concedeva ancora qualche tempo di luce prima di fare calare la notte che si sentiva doveva essere fredda e terribile.

 

Procedemmo ora in silenzio, man mano che ci avvicinavamo ai confini di Betunia le tensione cresceva ed il silenzio vinceva ogni discorso. Raggiunsi Rupert e mio marito che stavano parlando sereni con un sorriso sul volto. Io mi misi accanto ad Helk e rimasi a pensare al mio futuro, mentre i cavalli sfiniti ancora si trascinavano avanti, tra l’afa ed il vento, mentre la pioggia piano calò, il cielo aveva smesso di piangere. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 9

 

HELK

 

Eravamo fermi ad osservare l’alta parete rocciosa che segnava il limite orientale della piana di Betunia, un sentiero ripido si arrampicava sul fianco del monte e raggiungeva la sommità, un migliaio di passi a nord dell’inizio del sentiero, si poteva vedere l’ingresso di una galleria, era la via di comunicazione tra Betunia ed il mondo esterno, era da lì che giungevano i viandanti.

 

I miei compagni guardavano in silenzio, nessun degli Betuniani sapeva e neanche sospettava dell’esistenza di questo posto. Accanto all’imboccatura della galleria c’era una capanna in legno, la porta si aprì ed un uomo, vecchio, molto vecchio, uscì e ci guardò sorpreso.

 

Mi voltai verso Rupert, e dissi “Addio amico, riporta i guerrieri sull’altopiano, sii prudente, perché non vorrei che la Contessa Nera avesse scoperto le tracce del nostro passaggio e ti facesse aspettare sulla via del ritorno, noi torneremo prima dell fine della prossima estate, conto su di te.”

 

Poi salutai gli ufficiali ed i guerrieri uno ad uno e così fece Clary, dopo aver abbracciato Rupert. Ci fermammo ancora un momento per guardare i guerrieri allontanarsi, e solo dopo averli visti sparire all’orizzonte ci dirigemmo verso la galleria.

 

Mio tesoro era nervosa, tesa come la corda di un arco, con un misto di timore e di curiosità negli occhi spalancati, guardava, affascinata, quel bucco nero nella roccia. Per lei era un passo difficile da compiere, la guardai, sorrisi e le dissi “Coraggio amore, andiamo, abbi fiducia, torneremo.”

 

Lei non rispose, ma fece un sorriso e, con orgoglio, raddrizzò la schiena.

 

Il vecchio guardiano si avvicinò stancamente, fino a venire proprio vicino… vicino, strinse gli occhi come per vederci meglio e ci esaminò dalla testa ai piedi, esclamò “Cosa fate qui? un amazzone ed un guerriero, un comandante addirittura! Aspettate un qualche viandante?…No! Allora cosa volete? Guardate che questa galleria non porta dall’altra parte della montagna, per questo dovete seguire il sentiero.”

 

“Sappiamo queste cose.”

 

Il vecchio ci guardò, sempre più sorpreso “Non ditemi che volete uscire da Betunia! Non si è mai visto una cosa del genere! E poi non avete i vestiti adatti!”

 

“Sappiamo anche questo e sappiamo anche che per qualche pezzi di cristallo, tu puoi fornirci tutti i vestiti che ci servono, visto che i viandanti che arrivano qui ti vendono, per pochi soldi, tutto quello che hanno.”

 

Gli occhi del vecchio si acesserò di cupidigia “Hai denaro a sufficienza per comprare dei vestiti per te e l’amazzone?”

 

“Non preoccuparti! Mostraci la tua merce ed io ti mostrerò il mio cristallo.”

 

Dopo un lungo mercanteggiare, avevo comperato una corte tunica azzurra, dalle brevi maniche, per me, ed una tunica giallo oro ed un paio di stivali per Clary, avevo anche scambiato un bel mucchio di pezzi di cristallo per delle monete d’oro e d’argento.

 

Clary non  capivo il motivo di questo scambio, secondo lei, l’oro e l’argento, andavano bene per fare dei gioielli, ma per fare degli acquisti servivano i pezzi di cristallo, dovetti spiegarle che fuori da Betunia, il cristallo non serviva a niente, poteva essere considerato una pietra ornamentale ma senza grande valore.

 

Clary non finiva di guardarsi, quella tunica che la copriva solo fino a metà cosce, la lasciava sconcertata, e poi mi guardava perplessa, cosi vestito, chissà cosa le sembravo.

 

Infine, dopo aver nascosto le nostre divise in fondo alle borse delle nostre selle, accendemmo delle torce e ci avviammo nella galleria.

 

La pavimentazione era umida e coperta di un vicidume che non si asciugava. Il soffitto e le pareti grondavano rivoli d’acqua, l’aria era fredda ed umida, aveva un odore di fango e putredine. Era nelle stesse condizioni in cui gli operai l’avevano lasciata tanto tempo prima. I segni degli scalpelli erano nitidi come se fossero stati fatti da pochi giorni.

 

Più avanti giungemmo ad una specie di pianerottolo di pietra, dove il fondo si spianava. Poi la galleria piegò bruscamente su sé stessa. Avanzando lentamente voltammo l’angolo. Clary gettò un esclamazione e mi afferrò la mano, rimasse impietrita dallo sbalordimento.

 

La svolta nella rampa era stata progettata per creare un effetto teatrale. La sezione della rampa che avevamo percorso era costruita in modo rudimentale, le pareti erano irregolari e prive d’intonaco, il soffitto era pieno di crepe. Ma adesso di fronte a noi c’era un’ampia scalinata. L’angolo era tale che, dal punto dove ci trovavamo, cioè dal pianerottolo, la sommità della scale rimaneva nascosta alla vista.

 

Ogni gradino si estendeva per tutta l’ampiezza della galleria, era alto una spanna e tanto largo da permettere il passaggio agli animali. Le pedate erano ricavate da lastre di porfirio screziato, lucidate ed accostate le une con le altre con tanta perfezione, che le giunture erano visibili a stento. Il soffitto era tre volte più alto che nel tratto inferiore e perfettamente proporzionato. Le pareti ed il soffitto incurvato erano rivestiti da blocchi di granito scuro, fissati l’uno all’altro con precisione e simmetria perfetta. In quel vestibolo dell’ignoto aleggiava una promesa ed una minaccia. La semplicità e la mancanza d’ornamenti lo rendevano ancora più impressionante. Via via che salivamo, la sommità della scala si rivelava davanti a noi.

 

La scala terminava con un altro pianerottolo rettangolare, diverse gradinate simili si diramavano, sia verso destro sia verso sinistra.

 

Clary mi guardò, disorientata “Helk, caro, ed ora da che parte andremo?”

 

“Andiamo, a destra, nella galleria centrale, le altre sono cieche, si rischierebbe di perdersi in questo labirinto, non temere, conosco la strada.”

 

Il mio tesoro parve essere rassicurata e mi seguì senza più parlare. Andammo avanti così a lungo, salendo o scendendo, a secondo delle gradinate, ed infine in fondo alla galleria, lontano apparve la luce del giorno.

 

Clary era sconcertata, eravamo entrati nella galleria all’inizio della notte ed ora, dopo forse non più di tre o quattro ore, uscivamo in pieno giorno.

 

La galleria sbuccava a mezza costa, sotto i nostri occhi si estendeva una vasta foresta tropicale.

Scendemmo a valle. Ci fermammo, sorpresi, nella valle cresceva una vegerazione rigogliosa, una leggera nebbia nascondeva il cielo, ed a parte il fruscio delle foglie, mosse dal vento, regnava un silenzio assoluto.

 

“Andiamo, tesoro, non è più ora di ripensamenti, dobbiamo proseguire.”

 

“Helk, caro,” disse Clary, parlando piano “questo luogo mi fa paura.”

 

“Andiamo, tesoro! sei diventata improvvisamente paurosa? Finora sei sempre stata molto coraggiosa. Le prime cose che mi hanno colpito, quando ti ho conosciuta, ancora prima che i tuoi bellisimi occhi verdi mi straziassero il cuore, sono stati la tua determinazione, il tuo orgoglio ed il tuo coraggio. Cosa ti succede?”

 

Prima di rispondere, Clary diede un’altra occhiata alla selva che si apriva di fronte a noi.

 

“Non lo so! Ma qui regna un’atmosfera strana, come se fosse il territorio degli spiriti.”

 

“Ma, va là! Che territorio degli spiriti! E poi cosa ti potrebbe succedere, è soltanto una normale foresta tropicale.”

 

“Amore! Non dire queste cosa! Non senti i cavalli recalcitrare?”

 

“Ma è solo perché per loro, questo è un luogo sconosciuto, sono abituati agli spazi aperti ed ora vedono una vera giungla.”

 

Con riluttanza, il mio amore, si era arresa e mi seguiva. Le prime difficoltà non si fecero attendere, dovemmo smontare, le liane e la vegetazione intracialvano il nostro cammino.

 

Marciavo in testa, con la spada tagliavo le liane ed i rami per aprire un passaggio. Era un lavoro duro ed estenuante, procedevamo molto lentamente. La foresta era silenziosa, udivamo solo il rumore dei nostri passi, una debole luce verdastre filtrava tra il fogliame, e dovevamo di continuo incoraggiare i cavalli a proseguire.

 

Quando scese l’oscurità, avevamo percorso soltanto alcune centinaia di passi, ci fermammo in riva ad un ruscello, ma non potemmo bere, dalle sue acque si alzava una nebbia maleodorante ed erano abitate da enorme sanguisughe.

 

Avevamo acceso un fuoco, il mio tesoro si era raggomitolata vicina a me, con la testa posata sulle mie gambe, e dormiva. Io mi ero assopito, fu svegliato dallo scalpitio dei cavalli. Afferrai la spada e mi guardai intorno, senza scorgere niente.

 

Per il resto della notte, rimasi sveglio e fu con vero sollievo che vidi la debole luce del giorno.

 

Chini sul suolo, esaminavamo le impronte. Erano enorme, somigliavano vagamente alle impronte di una lucertola, quattro dite tozze, disposte a ventaglio, sulla parte anteriore ed un unico dito, o forse uno sperone sulla parte posteriore. Dopo questa scoperta, fummo più guardinghi, non ci tenevamo ad incontrare quel lucertolone.

 

Avevamo ripreso la marcia, proseguendo alla cieca, non essendo capaci di orizzontarci a causa della vegetazione che nascondeva tutto. Mi sentivo il braccio indolenzito, non riuscivo più a tenere saldamente impugnata la spada. Clary si ere offerta a darmi il cambio, ma mi ero rifiutato.

Costeggiavamo una piccola palude, sembrava deserta, ma non ci fidavamo e ci tenevamo a distanza.

 

Ad un certo punto, mi accorsi che il terreno saliva impercettibilmente, incontrammo un torrente, l’acqua era limpida e pura ed ospitava numerosi pesci. Bevemmo, riempimmo le borracce vuote ed anche i cavalli si dissetarono. La temperatura rimaneva elevata, ma l’umidità dell‘ambiente diminuiva ed il caldo si faceva meno opprimente.

 

Uciti dalla nebbia, il cielo azzurro era sopra le nostre teste ed, il sole, basso sull’orizzonte ci abbagliava con i suoi raggi.

 

“Tesoro, fermiamoci un po’ a riposare ed ad osservare ilpaesaggio prima di proseguire.”

 

All’improvviso Clary esclamò “Helk! Cosa sono questi animali? Sembrano uomini, ma sono bestie! Cosa sono?”

 

Mi voltai a guardare nella direzioni indicata, e vidi una famiglia di gorilli intenta a consumare il pasto serale, fatto di piante e di radici tenere. Il maschio dominante, un enorme esemplare della sua razza, dalla schiena coperta di un lungo pelame grigio, si avvicinò ad osservarci con curiosità.

 

Cercai la sua mente, e la trovai facilmente, non era ostile ma diffidente, gli mandai un pensiero di amicizia, si rilassò ed abbandonò ogni diffidenza. Allora, sempre mentalmente, gli feci capire che noi volevamo attraversare la foresta e gli chiesi di aiutarci.

 

Il gorilla era perplesso, non capiva come mai riuscivo a fargli capire cosa voleva, a dire la verità era sorpreso anch’io, il mio era stato un tentativo e non ero per niente certo di riuscire a comunicare con quel bestione.

 

Il gorilla si era seduto, si grattava la testa, ci guardava con rinnovata curiosità, poi nella sua mente vidi apparire l’immagine della luna, poi quella del sole ed una pista nella giungla. Aveva accettato di guidareci attraverso la foresta.

 

Per dieci lunghi giorni viaggiammo seguendo quei grandi primati, oramai riuscivamo a comunicare mentalmente abbastanza facilmente, ci indicavano le piste da seguire ed i luoghi da evitare, attraversammo fiumi, passammo sotto cascate, ed Clary vide, per la prima volta in vita sua, i coccodrilli, incontrammo grandi felini, enormi serpenti ed uccelli delle piume colorate che, lasciavano il mio tesoro estasiata.

 

Poi una mattina, il nostro amico, mi fece capire che non ci avrebbe accompagnato oltre, stavamo per entrare nel territorio di una tribù di uomini selvaggi, erano pericolosi e si cibavano di carne umana. Mi fece anche capire che dopo un altro giorno, saremmo usciti dalla foresta e si allontanò, seguito dalle sue femmine e dei suoi cuccioli.

 

“Helk, amore, cosa facciamo adesso?” mi chiese Clary, dopo che la ebbi messa al corrente di quanto mi aveva fatto sapere il gorilla.

 

“Andiamo avanti, se incontreramo quei selvaggi li spaventerò con qualche piccole magie, non vere e proprie magie, ma trucchi che usano i buffoni nelle fiere e nei mercati per divertire la gente.”

 

La mattinata passò senza incidente, ma subito dopo la metà del giorno, trovammo, piantato in mezzo alla pista, un palo sormontato da un teschio umano, era giunto il momento del pericolo!

 

Procedevamo cautamente, con la mano sull’elsa della spada, la foresta era silenziosa, poi udimmo una serie di richiami che imitavano il verso di alcuni animali. Sondai la foresta e li vidi, una mezza dozzina di uomini nudi, dalla pelle scura, armati di lance erano nascosti nel sottobosco, pronti ad aggredirci.

 

“Tieniti pronta, tesoro! Fra poco cercheranno di saltarci addosso!”

 

“E tu! Cosa farai!”

 

“Vedrai.”

 

Uscirono dalla selva, brandendo le armi ed urlando come forsenati. Li lasciai avvicinare, poi tesi la mano verso di loro…dalla punta delle mie dita scaturirono lunghe fiamme azzurre…si fermarono spaventati e fuggirono.

 

Il sole era ancora alto quando uscimmo dalla foresta, di fronte a noi si estendeva la savana sconfinata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 10

 

CLARY

 

Arrivammo con i guerrieri davanti all’apertura di una grotta.

 

Oramai le mie conoscenze di quel posto erano nulle e pareva soltanto Helk sapesse dove andare e cosa fare.

 

Salutammo tutti i compagni ed io abbracciai Rupert.

 

In quell’istante capiì cosa volesse dire attraversare quel posto ed in me piansi amaramente, ma ero decisa a seguire il mio sposo ovunque egli mi avesse portato e così avrei fatto per sempre. Tante volte l’avevo giurato e mai avrei tradito la più dolce delle promesse.

 

I guerrieri se ne andarono ed Helk scambiò il cristallo che avevamo con delle vesti e dei strani dischetti d’oro e d’argento che non capivo bene a cosa servissero.

 

La veste che ora indossavo era molto diversa dalla mia divisa da amazzone. Era corta e dorata, con una cintura in vita ed un paio di stivali stringevano i miei piccoli piedi. Nello stivale inseriì Kriss, il coltello che Shiryu il Dragone mi aveva donato, mentre alla coscia sinistra, sotto la tunica, era legato il mio coltello dal manico d’argento, i pugnali da lancio li avevo legati alle braccia con due cordicelle di cuoio e la mia adorata spada era legata ancora alla schiena.

 

Non volevo sentire ragioni di togliere le mie armi. Erano ognuna parte di me. Erano ricordi e respiri, non me ne sarei separata.

 

Quando Helk si mise la sua veste per un attimo rimasi sconcertata. Era molto diverso da com’ero abituata a vederlo, sembrava un signore, non un guerriero, ma rimasi zitta.

 

Entrammo nella caverna ed inizialmente fu un sollievo sentire la frescura dopo tante ore di un viaggio che pareva infinito.

 

Ma dopo un po’ l’inquietudine iniziò a farsi strada in me come un edera terribile ed infine, quando svoltammo l’angolo i miei timori divamparono più forti mentre iniziammo a salire questa scalinata che mi pareva senza fine.

 

La galleria terminò, arrivando in una grande foresta, con alberi che non avevo mai visto e faceva un caldo infernale, che rallentava la respirazione.

 

Strinsi la mano ad Helk e gli sussurrai guardandomi attorno “Questo posto mi fa paura.”

 

Lui mi spronò  a continuare, chiedendomi se ero diventata paurosa tutto d’un tratto.

 

Lo lasciai parlare, era per me impossibile descrivergli quanto succedeva nel mio cuore. Tentai di dirgli quanto provavo, ma non ci riusciì molto bene e quindi continuai senza più parlare, ma sentendo soltanto un tremore nel cuore e nell’anima che mi diceva di stare attenta.

 

Continuavo a seguire Helk, ma i miei occhi e le mie orecchie erano tese ad ogni minimo rumore o mormorio. Mentre il mio sposo apriva la strada, io accarezzavo i cavalli e sussurravo dolci parole per fare loro proseguire la marcia. I loro occhi erano spaventati ma non li vidi fare storie, mi seguirono senza esitare.

 

Passammo accanto ad un fiumiciattolo che emanava vapori malefici e non potemmo dissetarci e così rimanemmo ancora senz’acqua e disorientati in una foresta ostile.

 

La notte passò ed Helk rimase sveglio tutto il tempo. Strani rumori e fruscii si sentivano e per quanto tenessi gli occhi chiusi, il mio cuore batteva forte e le orecchie erano attente e tirate.

 

La mattina seguente trovammo alcune impronte accanto al fiume, impronte che ad Betunia non si erano mai vedute.

 

Arrivammo infine accanto ad un bel ruscello, dove potemmo dissetarci.

 

Ma avvenne una cosa, che io ora che ve la narro, dico magnifica ma che allora mi fece balzare il cuore in gola.

 

C’erano alcuni uomini tra il fogliame. Ma uomini non erano. Erano delle bestie molto somiglianti all’essere umano, ma pelosi e dal muso allungato, la schiena era piegata e non camminavano sempre a due zampe.

 

Helk mi disse che avevano un nome strano, si chiamavano gorilla. Senza capire bene come (ma son certa che Helk avesse utilizzati le sue arti magiche, un gorilla, il più grande di tutti e perciò, credo il capo dalla famiglia, si avvicinò con diffidenza e poi si avvicinarono tutti gli altri. Erano altri tre esemplari adulti, anche se più piccoli del capo, e poi sette piccoli esserini pelosi e giocherelloni, che si gettavano a terra, si rialzavano e ci guardavano con curiosità.

 

Intuiì che quella famiglia ci avrebbe guidato ed avevo tanta voglia di ringraziarli, ma purtroppo non sapevo come fare.

 

Passarono i giorni e vidi tante cose nuove, che mi fecero passare la pesantezza che trascinavo da tempo nel cuore, o almeno l’alleggerirono molto e questo tutto grazie agli strani animali, come dei grandi felini o degli strani uccelli dei mille colori, che una volta, lasciarono cadere una piuma rossa da un albero ed io la raccolsi estasiata. Conobbi gli enormi serpenti ed anche degli esseri strani come i coccodrilli, immobili eppure voraci e terribili. Vidi larghi fiumi e cascate altissime.

 

Ma fu più di tutto grazie a quella famigliola che ci faceva da guida. Un giorno, mentre eravamo fermi per una sosta tra i grandi alberi e l’erba alta, mi distesi a giuardare in  alto e quasi mi addormentai quando sentiì qualcosa camminare accanto a me e sedersi sul mio petto. Era un  cucciolo di gorilla, che mi fissava con gli occhietti scuri e bellissimi. Allungai un dito e lui lo afferrò, osservandolo ed annusandolo. Arrivarfono anche gli altri sei cuccioletti ed io mi sedetti a gambe incrociate, mentre loro mi salivano sulla schiena e scivolavano giù, rotolandosi poi nell’erba e sulle mie gambe, stiracchiandosi ed emettendo piccoli versi giocosi.

 

Ma tutto questo era troppo bello per durare. Arrivò infatti il grosso capo branco e tutti i cuccioli si allontanarono subito da me. Io rimasi ferma a guardarlo mentre si avvicinava con muso serio e che a me pareva molto arrabbiato. Lui alzò la mano e poi la posò delicatamente sulla mia testa, come una carezza fatta da un padre ad un figlio. Lo guardai negli occhi e lui quasi parve sorridere. Poi si voltò ed andò via. I cuccioli ritornarono e ripresero i loro giochi, tirandomi anche i capelli fino a farmi male.

 

Fu da quel momento e per tutto il viaggio con i gorilli che tenni i capelli legati in una coda con dei legacci di cuoio.

 

La magia però terminò e un giorno, senza preavviso, noi ed il branco prendemmo strade diverse.

 

Helk mi disse che il capo branco aveva timore di alcuni gruppi di uomini che vivevano in quelle zone e dovevamo stare attenti.

 

Procedemmo cauti fra le fronde, io avevo le mani tese sui pugnali ed Helk sull’elsa della spada; non  pensai più ai gorilli, ora dovevo restare intera per uscire da questa prigione di alberi.

 

Attaccarono, Helk li lasciò avvicinare, uomini nudi e dalla pelle scura, per poi farli scappare a gambe levate con un assaggio delle sue arti magiche.

 

Uscimmo dalla foresta e rimasi sbalordita di fronte alla savana. Se la foresta mi sembrava infinita dovevo ricredermi perché fin dove potevo portare il mio sguardo, vedevo una distesa d’erba bassa, attraversata da ruscelli, costellata da cespugli e da enormi alberi solitari.

 

Sorrisi, il mio cuore era leggero per aver attraversato la foresta e guardai con la cosa dell’occhio mio marito. Era fermo e guardava l’orizzonte pensieroso.

 

Mi avviciani alla sua schiena ed incatenai la sua vita con le mie braccia, posando la testa sulla sua spalla “Caro, non ho paura, conducimi dove tu vuoi perché sono curiosa di veder e di scoprire.”

 

Lo lasciai e gli diedi un bacio veloce, poi montai a cavallo che fu felice di risentire il mio peso, quasi quanto ero felice di essere uscita da quel mare di vegetazione.

 

Rimasi quindi ferma ad attendere quanto mio:marito avesse deciso di fare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

   

 

 

 

 

Capitolo 11

 

HELK

 

E così c’inoltrammo nella savana, per Clary tutto era nuovo, diverso da quello che aveva sempre conosciuto, non finiva di stupirsi.

 

Quando scese la sera, montammo la nostra tenda sotto i rami di un enorme albero che si ergeva solitario nella pianura, un vero gigante, vecchio forse di mille anni.

 

Seduti vicino al fuoco osservavamo il firmamento, fu un’altra fonte di meraviglia per il mio tesoro, la vista delle due lune, quella gialla che sorgeva ad oriente e quella rosa che si alzava a settentrione, la lasciava stupefatta, poi c’erano le costellazioni a lei sconosciute, così passai la serata ad indicargliele ed a nominarle, la Stella del freddo, la Cascata, il Diamante, il Drago, l’Albero e così via.

 

Quella notte, sotto la tenda, aiutai Clary a togliersi gli stivali, poi lentamente…molto lentamente le tolsi la tunica, lei teneva gli occhi chiusi…iniziai a baciarla, scendendo dalle palpebre, su tutto il corpo mentre le mie mani percorrevano il suo busto…i suoi fianchi…il suo respiro si fece affanoso finché mi afferrò il viso e cercò la mia bocca…ci amammo con una ritrovata passione, quella che avevamo conosciuito in passato.

 

La savana, contrariamente a quello che pensano molte persone, è un luogo pieno di vita, e per Clary, ogni nuovo incontro era una nuova scoperta, per la prima volta vide gli elefanti, le giraffe, le grande mandrie di buffali e di gnu, i rinoceronti, le zebre e le antilope, ma anche i leoni, i leopardi, i ghepardi ed i sciaccali.

 

Era così intenta a guardare tutto ed a stupirsi che si era perfino dimenticata completamente dei suoi tristi pensieri, ed io ero molto soddisfatto di vederla felice e spensierata, ed il nostro amore era tornato ad essere più vivo che mai. Solo ogni tanto si faceva seria, presa dalla nostaglia per Betunia.

 

Dopo un paio di settimane di viaggio, il territorio si fece progressivamente più arido, ci avvicinavamo al grande deserto di sabbia, l’acqua diventava sempre più rara ed i ruscelli e le pozze sempre più distanti l’uno dall’altro.

 

Ed ecco, che di fronte a noi si estendeva quel mare di sabbia bianca scintillante sotto il sole, che picchiava sul mondo come un martello picchia l’incudine, solo dune di sabbia bianca e pochi cespugli secchi ed ancora qualche roccia che svavillava al sole.

 

Fummo fortunati, la Dea-Madre, come sempre, ci favoriva, ai margini del deserto incontrammo una carovana che trasportava il sale a nord, per qualche monete d’argento acquistammo il diritto di unirci alla carovana stessa con la possibilità di usufruire delle sue provviste di cibo ed acqua.

 

Clary osservava con curiosità i cammelli ed i carovanieri, coperti di larghi indumenti bianchi e con il capo avvolto in un turbante che lasciava appena vedere gli occhi.

 

Acquistammo anche degli indumenti adatti alla vita nel deserto, Clary non era per niente convinta di dover travestirsi da carovaniere e dovetti spiegarle che la foggia di quei vestiti era studiata per lasciare l’aria circolare liberamente sul corpo, diffendendolo dall’eccessivo caldo, e che il turbante, oltre che a proteggere la testa dei coccenti raggi del sole, proteggeva anche dalla sabbia, permettendo di respirare liberamente. Solo dopo queste spiegazioni, mia cara moglie, accettò d’indossare quelle vesti.

 

Il viaggio proseguiva lentamente, perché non sono gli uomini a stabilire l’andatura, ma sono i cammelli a farlo. Nelle oasi, potevamo mangiare cibi freschi, coricarci sotto un tetto e fare un bagno di vapore, anche questo un’altra novità per il mio tesoro.

 

Ma durante quelle soste, quello che stupiva di più Clary era di constatare che gli uomini non erano sogetti alle donne e che, fra i due sessi esisteva una netta separazione nei compiti. Le donne attingevano l’acqua, accendevano il fuoco, cucinavano le vivande, curavano la casa e si occupavano di educare i bambini, ma la cura degli armenti e delle greggi, così come il lavoro della terra, la caccia alle belve e la difesa del villaggio spettava agli uomini.

 

Altra cosa, per lei inconcepibile, vedeva tutti gli uomini girare con un lungo pugnale ricurvo infilato nella cintura, mentre le donne non erano armate, mi chiese se tenevano le loro armi nascoste, e si meravigliò molto quando le risposi che quelle donne non erano abituate ad usare le armi.

 

Dopo quasi un luna, giungemmo alla grande città di Al Habra, destinazione finale della carovana, e ci separammo dei carovanieri. Al momento dei saluti, il capo carovana mi prese da parte e mi disse, in tono confidenziale “Stai attento alla tua donna, questo posto è frequentato anche da schiavisti, e questi non esitano a rapire le donne giovani e belle per poi venderle al mercato, e la tua potrebbe attirare la loro attenzione.”

 

Non era certamente un avvertimento da sottovalutare e mi ripromisi di stare molto attento e di non lasciare Clary allontanrsi da sola. Trovammo un alloggio nella locanda di una giovane vedova che portava ancora il figlioletto attaccato al seno. Per un paio di monete d’argento, avevo preso, per una settimana, una camera, pulita ed ariosa, e pagato anche lo stallaggio per i cavalli.

 

Al Habra è una città imperiale, sorge in una posizione panoramica con uno sfondo formato da una catena montuosa, è affollata di gente da ogni provenienza, ed Clary si meravigliava di vedere una folla così grande, quella città ospitava più abitanti di tutte le città di Betunia messe assieme.

 

Dopo esserci riposato e ripuliti dalla sabbia del deserto, la sera ci recammo nella grande piazza Djema al Saied, abbiamo visto di tutto, cantastorie, incantatori di serpenti, maghi, chiromanti e perfino cavadenti, c’era anche uno spettacolo di danza del ventre, che lasciò Clary a bocca aperta.

 

C’era anche un palco, dove erano esposti alcuni giovani offerti in vendita come schiavi, ma anche ragazze ridotte shiavitù, e questo fatto, per lei era inconcepibile, perché in Betunia, non sarebbe stata possibile ridurre una donna allo stato di schiava, lasciò mia moglie sgomenta.

 

Feci diversi acquisti, due bellissimi cavalli e due muli, un fascio di giavellotti dalla punta di rame, delle frecce, mangiammo alle bancarelle e bevemmo tè alla menta.

 

Non avendo altro da pensare, passavamo il tempo a visitare la città, i suoi monumenti ed i suoi mercati e, mi divertivo molto a vedere Clary stuprisi di tutto, la sua curiosità era inesauribile, mi stordiva di domande e non s’accontentava di risposte che non fossaro più che esaurienti.

 

C’era però un problema, Clary non sopportava di essere tenuta costantemente sotto controllo, si sentiva impedita nei suoi movimenti e se la rideva delle mie preoccupazioni, affermando di essere perfettamente in grado di difendersi, in fondo lei era un amazzone Amarante, e non temeva alcun uomo.

Alcuni giorni più tardi avvenne il fattaccio, camminavamo lungo una via stretta, ingombra di bancarelle, di gente e d’asini carichi di ogni sorta di mercanzia, quando scoppiò una lite, non so se reale o se fosse una trappola, il fatto è che la folla spingeva da una parte e dall’altra, e persi Clary di vista.

 

La cercai per un po’ senza successo, giravo a vuoto in preda all’angoscia, mi ricordavo dell’avvertimento del carovaniere, smisi di chiamarla e cercai la sua mente. La trovai, era in collera e si calmò, ma solo un po’, quando si rese conto che ero nella sua mente, l’avevo trovata!

 

Passando sotto un portico stranamente deserto, mi ritrovai in un vasto cortile e vidi Clary, era addossata ad una colonna, con la spada in pugno, tre uomini muniti di bastoni cercavano senza riuscirvi di disarmarla, un quarto teneva una rete da uccellatore pronto a lanciarla appena si sarebbe presentato il momento propizio, ed infine un quinto giaceva, con il petto squartato, in un lago di sangue.

 

Sfoderai la spada e mi precipitai, in un attimo, gli schiavisti sorpresi dal mio intervento si dileguarono abbandonando il loro compagno morto.

 

Tornammo di corsa alla locanda, la notizia dell’accaduto aveva già fatto il giro della città. La vedova ci aspettava e, senza lasciarci il tempo di fiatare ci disse velocemente “Prendete la vostre cose e fuggite in fretta, lo schiavista che avete ucciso, ha tentato il rapimento su incarico di un personaggio sicuramente potente, inoltre godeva della protezione del governatore, fuggite prima che arrivinno le guardie.”

 

Non c’era bisogno che ce lo dicesse due volte, il tempo di fare i bagagli, di sellare i cavalli ed eravamo pronti. Ringraziammo la vedova della sua premura ed uscimmo dalla locanda. Mi aspettava un grande sorpresa, sull’altro lato della strada c’era un uomo appoggiato al muro, il quale appena ci vide ci corse incontro.

 

“Seguitemi, vi indicherò la strada per sfuggire alle guardie che già vi cercano, fatte in fretta.”

 

Facendoci passare da viuzze strette, l’uomo ci condusse ad una porticina non custodite e si fermò.

 

Solo allora ebbi la possibilità di guardarlo bene in faccia, non c’era dubbi era un Helky! I capelli biondi, i grandi occhi verdi, la forma del viso, lo dimostravano chiaramente. Nella confusione del momento, non mi ero reso conto che egli mi aveva rivolto la parola nella mia lingua natia. Chissà cosa ci faceva così lontano dalla sua patria?

 

Feci per parlare, ma l’uomo non me ne lasciò il tempo, s’inginocchiò davanti a me, mi baciò l’orlo del mantello e disse “Potente Signore, ricordati di me quando tornerai nel tuo regno, il mio nome è Velk, sono un mercante di Xairis.”

 

Questa scena lasciò Clary sbalordita, quell’uomo mi si era inginocchiato davanti e mi aveva perfino baciato l’orlo del mantello in segno di rispetto. Lei non credeva, ragionando, come avrebbe fatto qualsiasi Betuniano, che ad un uomo, non ad una donna…ma ad un uomo! si potesse tributare tanto onore. Da quel momento incominciò a guardarmi con occhi diversi ed a chiedersi seriamente chi fossi io in realtà.

 

“Mi ricorderò sempre di te, Velk da Xairis, non dubbitare.” E partimmo al galoppo, diretti a nord.

 

Dopo un po’, rallentammo per non stancare i cavalli ed Clary si voltò, esclamò “Guarda Helk! C’inseguanno!”

 

In effetti una nube di polvere si alzava sulla pista, chi fossero gli inseguitori, non lo sapevo, forse guardie o, più probabilmente, gli schiavisti che non volevano rinunciare alla preda.

 

“Bene! Vogliono morire, allora li acconteterò.”

 

Presi un giavellotto, era un’arma che mi era sempre piaciuta e, come giavellottista non temevo confronto. Lo tenevo bene bilanciato, aspettando che arrivassero a portata utile, presi la mira e lanciai, il giavellotto si alzò a descrivere un arco nell’aria poi scese in picchiata, come il falco scende sulla preda…. l’uomo si portò le mani al petto e cadde disarcionato.

 

Visto la malaparata, gli altri tre voltarono i cavalli e fuggirono verso la città. Io andai ad esaminare il morto, era uno schiavista, ponendo un piede sul cadavere, afferrai l’asta del giavellotto e tirai, recuperando così la mia arma.

 

Clary mi guardava sconcertata, non conosceva il giavellotto, gli Betuniani non usano questo tipo di arma, si affidano alle loro micidiali piccole balestre.

 

“Helk amore, dov’hai imparato ad usare quell’arma? non l’avevo mai visto prima.”

 

“Non è un’arma strana, molti la usano, e nell’esercito degli Helky, assieme agli arcieri ci sono  i giavellottisti.”

 

Andammo avanti per diversi giorni senza problemi, il deserto lasciava di nuovo posto alla savana, però questa era meno selvaggia di quella che avevamo attraversato primo d’inoltrarci nel deserto, e non tardammo a trovare tracce della presenza di uomini.

 

Una mattina, al nostro risveglio, trovammo ad aspettarci, seduti fuori dalla nostra tenda, tre uomini, erano scuri di pelle, molto alti e snelli, indossavano lunghe tuniche di lana bianca, erano armati di lunghe lance ed avevano grandi scudi oblunghi, decorati di strisce bianche e nere.

 

Quando ci videro uscire dalla tenda si alzarono e fecerò un mezzo inchino, poi uno di loro inizio a parlare. Non capivamo niente, era un linguagio completamente diverso da tutto quello che avessimo mai sentito, però a gesti finimmo per intenderci.

 

Erano pastori nomadi, portavano i loro armenti da un pozzo all’altro, avevano visto la nostra tenda ed incuriosti erano venuti a vedere chi fossero quegli stranieri che viaggiavano nella savana. Ci invitarono al loro accampamento, diverse grande tende di un tessuto che non riusciì ad identificare.

 

Era una tribù abbastanza numerosa, c’erano molti bambini che, non avendo mai visto uomini bianchi, immediatamente ci circondarono. Ancora una volta, Clary scoprì un modo di vivere nuovo per lei.

 

Le donne, molto belle, non si coprivano il busto, mostravano orgogliose il loro seno, non facevano gran ché, oltre a curare i bambini e preparare i pasti, non facevano proprio niente. In fin dei conti, a quelle donne si chiedeva soltanto poche cose, essere belle, essere brave amanti e partorire molti figli. Per il resto, tutto il lavoro era eseguito dagli uomini.

 

La sera ci fu una grande festa in nostro onore, gli uomini eseguirono una danza che mimava azioni di caccia e di guerra. Poi danzarono le donne, ed Clary era affascinata dalla grazia di questi balli, ma ad un certo punto, il ritmo dei tamburi cambiò drasticamente, si fece più frenetico.

 

Ogni danzatrice andò a piazzarsi di fronte al suo uomo, ed iniziò ad agitare il busto ed il bacino in modo, che potrei definire più che provocante, fino a quando, l’uomo si alzava, afferrava la donna, se la caricava in spalla e correva a rifuggiarsi nella propria tenda.

 

Per alcuni giorni viaggiammo in compagnia dei pastori, fino alle rive di un grande fiume, sembrava un ostacolo insormontabile, ma vedendo il nostro disappunto, il capo tribù ci accompagnò da un uomo che possedeva un barcone, e questo, beninteso, dietro pagamento ci traghettò sull’altra riva.

 

La riva settentrionale del fiume era completamente diversa da quella meridionale, non era più la savana, ci trovavamo di fronte alla steppa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 12

 

CLARY

 

Il vasto mondo è pieno di meraviglie, la mente non riesce ad immaginare quante sono, ed il mio dolce sposo mi accompagnava di sorprese in sorprese, mentre egli mi accompagnava in quella distesa sconfinata, nel profondo mi stupivo sempre più.

 

La nostra tenda era piantata sotto le fronde di un albero così gigantesco da lasciare senza respiro, il cielo stellato era come un tetto sulle nostre teste ed Helk mi indicava le costellazioni, così diverse da quelle che si vedono nella notte di Betunia, e poi c’erano due lune! Quale delle due era mia Madre, quella gialla di sicuro, ma non mostrava di conoscermi.

 

E così ebbi la certezza di trovarmi in un mondo diverso, lontano da Betunia ed ebbi paura un attimo, soltanto la presenza di Helk mi dava sicurezza. Il suo amore, la sua presenza erano il mio conforto.

 

Sotto la tenda, Helk mi attirò a lui vicino, con molta delcezza mi spolgliò, mi baciò ogni angolo del corpo…mi fece dimenticare tutte le mie paure…non pensavo più a niente…non esisteva più né passato né futuro…contava solo il presente…fra le sue braccia galoppavo in praterie fiorite…volavo fra le stelle e ritrovai tutta la felicità di donarmi completamente al mio dolce amore.

 

Per due settimane viaggiamo nella savana, ed anche lì vidi tante cose, enormi animali muniti di lunghe zanne, altri maculati altissimi con un collo smisurato, strani cavalli con il manto a righe, e tanti altri che non saprei neanche descrivere, predatori dalla folta criniera e dalla voce tanto terribile da spaventare anche gli altri carnivori.

 

Ed ora il deserto, non avrei mai pensato di vedere tanta sabbia, solo dune di sabbia bianca, senza il minimo riparo contro un sole accecante, senza ombra, senzaacqua, eppure gli uomini lo percorrevano. Incontrammo un carovano diretta ad una città del nord ed Helk pagò per poterci unire a quella gente.

 

Strana gente che per proteggersi dal caldo su copre completamente, quando io avrei voluto spogliarmi, e poi quegli strani animali  con la gobba, cammelli li chiamava Helk. Per finire Helk mi convinse ad indossare delle vesti bianche, che mi coprivano tutta dalla testa ai piedi, devo ammettere che egli avevo ragione, quest strani indumenti sono quelli più adatti per proteggersi dal caldo e dalla sabbia.

 

Vidi tante cose strane, villaggi dove gli uomini sono armati e le donne no ed altre cose ancora. Infine giugemmo in una città chiamata Al Habra, è piena di gente, non avrei mai pensato di vedere tanta gente assieme, ma non è stato questo a colpirmi ed a riempirmi l’anima di angoscia.

 

Abbiamo visitato il grande mercato, ed ero curiosa di vedere tutto, ma sono rimasta sconcertata quando ho visto donne ballare mezze nude per il piacere degli uomini, ma c’era di peggio, vendevano degli schiavi, e già questo non mi piacque, ma fra gli schiavi messi in vendita c’erano anche delle ragazze. Questa gente non porta dunque rispetto alle donne?

 

Questo era il mio primo incontro con degli schiavisti, ma presto avrei rischiato di finire anche io sul palco per essere venduta. Helk mi raccomandava sempre di non allontanarmi da lui, di essere prudente, con un insistenza tale da infastidirmi. Io me la ridevo delle sue preoccupazioni, sono un amazzone Amarante, non temo niente, finché un giorno, in una di quelle viuzze stretta, ingombre di merci e di passanti, fu circondata da uomini che insistevano per mostrarmi chissà quale cosa, mi spingevano, mi stordivano di parole e per finire mi ritrovai in un vasto cortile deserto, soltanto allora capiì di essere caduta in trappola, quattro di loro erano armati di grossi bastoni ed il quinta faceva dondolare un rete.

 

Sguainai la spada, si miserò a ridere e mi si lanciarono contro, ma il primo che mi venne vicino si ritrovò steso al suolo col petto squartato, gli altri si fecero più prudenti, l’ira mi soffocava nel profonda, ma capivo che se Helk non arrivava presto correvo il rischio di soccombere.

 

Dopo una serie di finti attacchi si lanciarono tutti assieme su di me, ma ancora una volta la mia fida spada li tenne a distanza…sentiì la presenza di Helk nella mia mente…egli mi aveva trovata…veniva in mio soccorso…pochi minuti ed era lì…furibondo con la spada in pugno…i miei aggressori, sorpresi e spaventati, fuggirono.

 

Helk non mi disse niente, ma mi bastò un suo sguardo per sentirmi rimproverata aspramente, e nel profondo dovetti riconoscerlo, ero stata imprudente ed avventata non ascoltando gli avvertimenti del mio tesoro, ma non era ancora finito. Appena tornati alla locanda, la giovane vedova che ci ospitava ci disse di fuggire, le guardie ci cercavano, l’uomo che avevo ucciso era al servizio di un pesonaggio potente.

 

Le incognite della vita sono infinite. Chi pensava d’incontrare un Helky in questa città, e che quell’uomo avrebbe riconosciuto Helk e si sarebbe precipitato a soccorerlo? Ed invece appena uscimmo dalla locanda, quell’uomo ci venne incontro e ci aiutò ad uscire dalla città. Fece una cosa inconcepibile per me, prima di lasciarci andare, s’inginocchiò davanti ad Helk e gli baciò l’orlo del mantello, non capiì cosa gli disse perché parlò la lingua degli Helky.

 

Non sapevo molto della vita del mio tesoro, e veramente non me ne importava granché, ero il presente ed il futuro ad interessarmi, ma di fronte a una tale manifestazione di devozione, rimasi pensierosa…mio marito era davvero un grande eroe per la sua gente, perché a Betunia nessuno, neppure Arthea, viene onorato in questo modo.

 

Fuggimmo attraverso il deserto e gli schiavisti c’inseguirono, ma Helk usando un arma da lancio che non conoscevo, un asta con la punta di rame, che egli chiamava giavellotto, ne uccise uno mettendo in fuga gli altri.

 

Alcuni giorni più tardi, uscimmo dal deserto e trovammo di nuovo una savana ed incontrammo una tribù di pastori nomadi.

 

Erano molto alti, snelli e neri di pelle, tutti molto belli malgrado il colore della pelle. Anche questa gente aveva strani costumi, gli uomini vestivano lunghe tuniche senza maniche, che li coprivano fino ai piedi, mentre le donne non si coprivano il busto. Gli uomini facevano tutti i lavori, le donne, tutte molto belle, erano rispettate ed oltre a cucinare ed a fare figli non facevano niente..

 

Assistetti ai loro balli, le danze guerriere degli uomini e quelle piene di grazia delle donne, ma rimasi stupita…le donne eseguirono una danza così provocatoria che furono afferrate dagli uomini e portate di peso nelle tende…

 

Per diversi giorni viaggiammo assieme ai pastori, avevo stretto amicizia con le donne e, malgrado le difficoltà della lingua, queste mi disserò tutto sulla loro esistenza. Fin da bambine, le madri insegnavano alle figlie tutto quello che c’era da sapere sui rapporti fra uomini e donne, dominavano i maschi usando l’arma della seduzione ed il proprio corpo, erano le regine dalla tribù.

 

Ma gli ostacoli si presentano sempre sulla strada del viaggiatore, e soltanto la buona sorte e l’aiuto della Divinità permette di affrontarli e di vincerli.

 

Fermi sulla riva del grande fiume, vedevamo la sponda lontana ed Helk si chiedeva come avremmo potuto attraversare quella distesa d’acqua, quando il capo tribù c’invitò a seguirlo e ci accompagnò da un uomo che possedeva un barcone, abbastanza grande di contenerci tutti, anche i cavalli ed i muli.

 

Fu così che sbarcammo nella steppa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 13

 

HELK

 

Una delle prime cose che vidi, appena mettemmo piede nella steppa, fu un accampamento di nomadi, una ventina di tende rotonda, era la tribù di Kamal Kahn, non era un incontro molto gradito.

 

Conoscevo Kamal Khan, lo avevo incontrato durante il mio precedente viaggio, quando proveniente dal Karaskan, ero diretto, senza saperlo, a Betunia.

 

Sapevo che Kamal Khan era una specie di piccolo tiranno, autoritario e megalomane, che non accettava nessun rifiuto alle sue pretese. Si credeva un predestinato, sognava di sottomettere tutte le tribù che viaggiavano nella steppa, di diventare il Grande Signore di tutti i nomadi e di fondare una dinastia destinata a regnare su un grande impero.

 

Velocemente dissi a mia moglie “Questo non è un bel incontro, il capo di quella tribù che vedi lì è un barbaro folle, un attaccabrighe, dovrai stare molto attenta a come ti muoverai, fortunatamento lo sciamano di questa gente mi è amico.”

 

“E coa dovrai fare secondo te?”  mi chiese Clary.

 

“Niente, siì cortese, senza dargli troppa confidenza, è un arrogante, pieno di sé, che crede che tutto gli sia dovuto, ed è per questo che ti ripeto di stare attenta a come ti muoverai.”

 

Kamal Khan ci accolse benissimo, ma appena vide Clary, se ne invaghì, e subito iniziò, senza preoccuparsi della mia presenza, a corteggiarla, dimostrò una cortesia ed una gentilezza, nei confronti di mia moglie, del tutto inusuale per un uomo come lui, tanto da lasciare tutti i presenti stupiti.

 

Per prima cosa, dopo averci messo  disposizione una delle tende, mandò delle donne a prendersi cura ed a servire Clary, la quale passava di sorpresa in sorpresa.

 

Arrivaronno con un grande catino di rame che fu presto riempito d’acqua calda, poi mi spinserò fuori dalla tenda. Senza badare alla sue proteste, spogliarono Clary e la fecero immergere, la lavarono dalla testa ai piedi, l’asciugarono poi la cosparsero d’olio profumato e le fecero indossare un lungo vestito, molto aderente, di seta rossa con ricamati dei draghi d’oro, le fecerò calzare delle morbide scarpette di scuoio rosso, ed in ultimo la acconciarono i capelli secondo il loro costume, con lunghi aghi d’oro.

 

Il vestito era molto bello, era stretto al collo, senza maniche, lungo fino ai piedi e con due spacchi laterali, che partivano da appena sotto l’anca e scendeva fino ai piedi. Soltanto quando il mio tesoro fu completamente preparata, fu riammesso nella tenda.

 

Rimasi letteralmente abbagliato. Fasciata in quella preziosa veste, che metteva in evidenza la grazia e l’armonia del suo corpo, Clary era incantevole. Mi sorpresi a constatare quanto fosse veramente bella mia moglie, e capivo anche il motivo per il quale lei, senza volerlo, era l’oggetto del desiderio di molti uomini.

 

Non ero abituato a vederla vestita così, i gusti degli Betuniani, in materia di abbigliamento femminile, sono piuttosto rustici e, salvo in rare occasioni, quando indossava la sua veste di seta bianca, l’avevo sempre vista con addosso la divisa di amazzone o, come recentemente, al massimo travestita da carovaniere, il che non rendeva per niente giustizia alla sua femminilità.

 

Clary, invece non era per niente soddisfatta, guardava, sconsolata, le sue armi buttate su un lato della tenda.

 

“Helk! Guarda come queste megere mi hanno ridotta, erano in sei, non sono stata abbastanza forte per difendermi da un attacco così deciso, ma ti pare che possa andare in giro così vestita, mi sento a disaggio, cosa devo fare? Io sono un amazzone Amarante, non una specie di bambola! Cosa devo fare?”

 

“Non devi fare niente, credo che così facendo Kamal Khan ha voluto renderti omaggio, ti ha fatto rivestire nel modo in cui egli vede un grande Dama, di alto prestigio, una Signora della steppa, ha voluto onorarti, anche se la cosa mi sorprende, peché non è un personaggio molto raffinato.”

 

“E le mie armi? Come faccio a portare la spada ed i coltelli? Sono un amazzone, senza le armi mi sento nuda.”

 

“Tesoro; legati il tuo pugnale dal manico d’argento alla coscia destra, così sarei comunque armata, in quanto alle altre armi li custodirò io.”

 

Non era sicuramente quello che avrebbe voluto mia moglie, ma alla fine, a malincuore, accettò questa soluzione.

 

Quando scese la sera, arrivò un messo, inviato da Kamal Khan per invitarci a raggiungerlo nella sua tenda, dove aveva organizzato un banchetto in nostro onore.

 

La prima cosa che ci apparve subito evidente era, che Clary fosse l’unica donna ammessa alla mensa del capo tribù. Kamal Khan, pretese di sedersi tra me ed Clary, e per tutta la cena continuò a corteggiarla sfacciatamente, cosa che mi dava in fastidio enorme, tanto che fra e me, ero già deciso a lasciare la tribù la mattina successiva, perché prevedevo che tutta questa faccenda non avrebbe fatto altro che procurarci un mucchio di guai.

 

La cena che, secondo i criteri dei nomadi era sontuoso, di fatto non era altro che carne di dubbia provenienza cotta malamente sulla brace, ancora cruda ma carbonizzata in superficia, e come bevanda ci venne offerto il latte di cavalla fermentato che quelle gente usa bere, una bevanda forte che sale alla testa, dal sapore schiffoso, almeno per i miei gusti.

 

Velocemente avvisai Clary, la quale, abitualmente, non beve altro che acqua “Vacci piano con quella roba, è cattiva ma è forte e ci si ubbriaca facilmente.”

 

Kamal Khan cercava di farci bere, ma Clary si rifiutò energicamente di assaggiare quella roba, ed io feci finta di ubbriacarmi molto presto, non mi sentivo tranquillo, tutto mi sembrava così falso, la suo cortesia nei miei confronti non era sincera, soprattutto considerando il fatto che egli stava corteggiando spudoratamente mia moglie sotto il mio naso.

 

Arrivarono le ballerine ed i musici, quelle donne erano veramente belle e brave, si muovevano con una grazia sinuosa in grado d’incantare chiunque, persino Clary era affascinata dallo spettacolo.

 

Kamal Khan, che risentiva dalle abbondanti libagioni, si chinò verso di me “Allora amico Helk, ti piaciona le mie ballerine, non ve ne sono di più brave in tutta la steppa, se lo desideri, puoi sceglierne una od anche due per farti compagnia durante la prossima notte.”

 

Clary non aveva capito tutto il discorso, ma aveva intuito, mi guardò con un occhiataccia tale, che anche se avessi avuto intenzione di accettare l’offerta, mi avrebbe costretto a rifiutare.

 

“Ti ringrazio Kamal Khan, ma lo sai che viaggio in compagnie di mia moglie e non desidero altra compagnia.”

 

“Ah! Sì, tua moglie!” rispose Kamal Khan, in tono ambiguo, ma senza aggiungere altro.

 

Terminato la festa, tornammo alla tenda, stavammo per entrare, quando dal buio si materializzò un uomo anziano, lo riconobbi subito era lo sciamano della tribù, ed in passato era stato mio maestro, mi aveva insegnato ad usare i poteri della mente.

 

“Ti saluto, Vecchio Saggio, non eri presente alla festa questa sera, mi chiedevo perché.”

 

“Ti saluto Helk, non ero presente perché non condivido i progetti di Kamal Khan, stai attento egli vuole la tua donna, tenterà di comprarla, tu rifiuta e sfidalo in duello, so che puoi batterlo facilmente, e se è sfidato non potrà ordinare di rapirla, e preparatevi a fuggire imediatamente, perché ci potrebbero esserci dei guerrieri ansiosi di vendicare la morte di Kamal Khan, perché lo dovrai uccidere, se non vuoi essere inseguito fino ai confini del mondo, fino a quando qualche sicario ti ammazzerà a tradimento.”

 

E senza aggiungere altro, il vecchio sciamano sparì nella notte.

 

“Helk, caro, cosa diceva quel vecchio, non capisco il loro linguaggio, sembrava una cosa importante e poi ha ripetuto varie volte il nome di quel bellimbusto che non ha fatto altro che infastidirmi da quando siamo giunti qui.”

 

“Vieni nella tenda, e spogliti…”

 

Lei non mi lasciò terminare la frase, si mise a ridere “Oh caro! Quanta fretta questa sera! Non mi spoglierò! Dovrai essere tu a spogliarmi, ma prima dimmi cosa diceva quel vecchio.”

 

Ora ridevo io “Tesoro, hai frainteso le mie intensioni, volevo dire spogliati ed indossa la tua divisa, con armi, fregi e tutto il resto, perché ci sarà da combattere molto presto, forse ancora prima dell’alba.”

 

“Che peccato, speravo proprio…” Disse Clary sorridendo, mi venne vicino ed improvvisamente mi prese il viso fra le sue mani. Le sue labbra erano incollate alla mia bocca, la sua lingua cercava la mia, poi si allontanò.

 

“Ora basta, non credo che questo sia il momento più indicato per amarci.”  Mi disse, mentre mi accarezzava gentilmente il viso.

 

Le raccontai cosa mi aveva detto lo sciamano, a Clary non pareva vero di potersi levare da dosso quel vestito rosso, volevo buttarlo via, ma glielo impedì.

 

“Tieni tutto, vestito, scarpette, gioielli, verrà il momento che saranno utili, intanto preparati, perché al più tardi, domani mattina, dovrò uccidere Kamal Khan, mi dispiace, perché non sono un sanguinario e non ho mai ucciso nessuno senza motivo e comunque mai a tradimento, ma quell’uomo non mi lascierà scelta, la sua vita per la mia e la tua libertà.”

 

Clary aveva immediatamente ritrovato la sua grinta da guerriera, e da brava amazzone, già lucidava i suoi coltelli e la sua spada. Canticchiava come fanno le fanciulle, quando si preparanno per andare ad una festa dove incontreranno il loro innamorato.

 

“E quand’è che avverrà il duello?” mi chiese Clary.

 

“Non lo so tesoro, dipende dalle mosse di Kamal Khan, comunque appena sarà giorno, ci prepareremo a partire, probabilmente egli cercherà di fermarci e dovrò sfidarlo.”

 

Passammo la notte in attesa di qualche tradimento, Clary dormiva con la testa appoggiata sulle mia gambe e con la mano sull’elsa della spada, ogni tanto si svegliava ed insisteva affinché dormissi un po’ anche io, fingevo di dormire ma non riuscivo ad addormentarmi ero troppo preoccupato per la sicurezza di mia moglie, del mio piccolo grande amore.

 

All’alba, i cavalli erano già sellati ed i muli caricati dei nostri bagagli, l’ora della verità stava per scoccare.

 

Stavo stringendo il sottopancia della sella di Clary, quando vidi Kamal Khan arrivare a grandi passi, non era solo, c’erano le tre ballerine ed alcuni curiosi.

 

Si fermò sopreso di vederci pronti a partire e soprattutto stupefatto della mise di Clary.

 

Mi chiese, neanche troppo cortesemente “Helk! Dove vai? Non ti piace la mia ospitalità?”

 

“Andiamo via perché la strada da percorrere è ancora lunga, e perciò non possiamo fermarci, ti sarei venuto a salutare ed a ringraziare per l’ospitalità, non saremmo andati via di nascosto.”

 

“Aspetta, un momento! Voglio fare uno scambio con te!”

 

“Quale scambio?”

 

“Voglio quella donna, in cambio ti darò queste tre ballerine, sono giovani, sono belle e sono abile a letto…eheheheheeh!”

 

“Kamal Khan, cosa ti fa pensare che ti darei mia moglie in cambio delle tue ballerine?”

 

‘Tua moglie!!! puah! è soltanto una donna come tutte le altre, ma mi piace e la voglio, non rifiutare o la prenderò con la forza e non ti darò le ballerine!”

 

“Kamal Khan, vedo che non conosci le leggi dell’ospitalità…allora io ti sfido…vuoi la mia donna! Mostrami la lama della tua spada se ne hai il coraggio, ma non credo che tu l’abbia quel coraggio, perché ti comporti come un ladro, vuoi quello che non ti appartiene e sei disposto a rubarlo per averlo.”..

 

Alle mie parole, Kamal Khan si arrabbiò di una collera terribile, che ci lasciò sgomenti, poi sguainò la spada e si precipitò su di me, ma ero preparato e feci in tempo a sfoderare la mia arma, ed a parare la stoccata.

 

Kamal Khan era un abile spadaccino, ma era accecato dalla collera e dal suo orgoglio ferito, attaccava con irruenza, ma maneggiava la spada come una clava, ed appunto per quel motivo, anche se non avessi usato la spada incantata, non sarebbe riuscito ad entrare nella mia guardia.

 

Poi decisi che era ora di farla finita, Kamal Khan aveva combattuto, nessun avrebbe potuto dire che era stao ucciso senza potersi difendere, lasciai che fosse la mia spada fatata a guidare il mio braccio, poche parate ed un paio di affondo, e Kamal Khan giaceva al suolo, in un lago di sangue.

 

Mi guardai attorno, la piccola folla dei presenti era ammutolita, lo sciamano si fece avanti, si chinò sul corpo steso al suolo, alzò il viso e mi fissò.

 

“Kamal Khan, ora cavalca con gli spiriti del suoi antenati.”

 

Poi si girò verso i presenti “Kamal Khan ha incontrato il suo fato, ritiratevi e piangetelo, fra tre giorni lo seppeliremo come si conviene al suo rango.”

 

Di nuovo tornò a fissarmi “Vai Helk, non sei più un ospite gradito e portati via quella donna che è causa della morte di Kamal Khan.”

 

Partimmo senza essere salutati, dirigendo i nostri passi a ponente.

 

Clary era pallida, ancora agitata da quanto era successo, mi chiese “Cos’ha detto il vecchio?”

 

Glielo dissi e lei rispose “Ma se è stato lui a dirti di ucciderlo se volevi vivere senza timore di tradimenti!”

 

“Certo! Ma non poteva parlare diversamente di fronte alla tribù.”

 

Lontano ad occidente, ci aspettava il Karaskan e le sue montagne.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 14

 

CLARY

 

Ed ora un altro mondo ai miei occhi, una pianura erbosa sconfinata fino ed oltre l’orizzonte, interotta soltanto da boschetti od alberi isolati che spuntavano come isole dal mare. Un mondo pieno d’insidie, come avrei fatto presto a scoprire.

 

A poca distanza un accampamento di nomadi, strane tende rotonde, forse una ventina in tutto, e mio sposo non pareva soddisfatto dell’incontro.

 

Mi disse di comportarmi con prudenza e riservatezza, il capo di questa tribù era un uomo infido, che egli conosceva bene, sapeva che avremmo incontrato uns fonte di guai.

 

“Amore, non temo, sono con te.”

 

“Invece faresti bene a temere, Kamal Kahn è pericoloso, lo conosco e so di non poter fidarmi di lui.”  Mi rispose Helk, mettendomi in ansia.

 

Era strana gente questa, dalla pelle gialla e dagli occhi che sembravano due fessure poste sul viso, indossavano lunghi giacconi di pesante tessuto, calzavano alti stivali e portavano dei copricapi di pellicia. Le donne invece, indossavano lunghe gonne colorate e corte giacche, erano ingioiellate fino all’ecesso.

 

Kamal Kahn ci venne incontro, facendo una calorosa accoglienza a mio sposo, come se avesse ritrovato un amico perso da lungo tempo, ma mi sentiì subito a disaggio, mi fissava con uno sguardo indiscreto, spogliandomi con gli occhi.

 

Sistemavamo i nostri bagagli nelle tenda messa a nostra disposizione, quando si presentarono alcune donne, sei in tutto, seguite da tre o quattro uomini che portavano un grande catino di rame, che fu subito riempito d’acqua calda.

 

Le donne spinserò Helk fuori dalla tenda e, mentre mi stavo ancora chiedendo cosa succedeva, m’immobilizzarono e con gesti rapidi e precisi mi spogliarono lasciandomi nuda, mi sollevarono e mi ritrovai immersa nel catino.

 

A nulla servivano le mie proteste, mi lavarono dalla testa ai piedi, mi asciugarono e mi frizionarono con olio profumato, tentavo di ribellarmi ma erano troppo numerose e dovetti abbandonare la lotta, in fondo non era in gioco la mia vita ma soltanto il mio amore proprio, non accettavo di essere manipolata in questo modo, tutte quelle mani che si attardavano sul mio corpo, anche nei punti più segreti, m’infatidivano. Mi fecero indossare un perizoma ed un vestito di seta rossa, con dei ricami dorati raffiguranti animali fantastici, poi delle scarpe di cuoio rosso ed infine mi pettinarono ed infilarono dei lunghi spilli d’oro di modo di formare una specie di corona attorno al mio capo.

 

Ero sconsolata, quel vestito mi fasciava strettamente, mettendo in evidenza tutte le mie curve, ea chiuso al collo e non aveva maniche, mi scedenva fino ai piedi, ma su ambedue i lati era aperto dall’anca al suolo, non potevo fare un passo senza mostrare le gambe. Helk mi guardava incantato, come se non mi avesse mai vista prima.

 

E le mie armi, la mia adorata spada, i miei coltelli, dove li mettevo? Questa non era una mise degna di un amazzone, e lo feci osservare ad Helk, ma egli mi rassicurò, dicendo che Kamal Kahn mi aveva fatto indossare le vesti di un Gran Signora della steppa, era il suo modo di onorarmi. Per finire, Helk mi disse che egli stesso si sarebbe preso cura delle mie armi, mentre io mi sarei legato il mio pugnale dal manica d’argento alla coscia destra.

 

Quel banchetto fu un vero supplizio, la carne era cotta male, la bevanda che venne servita aveva un odore ed un sapore disgustoso, e Kamal Kahn non faceva che infastidirmi, mi prendeva la mano, accostava la gamba alla mia, posava la mano sulla coscia nuda, io lo respingevo ed egli sorrideva per poi ricominciare i suoi maneggi. Ero preoccupata, se mio marito si fosse accorto di tutto ciò sarebbe successo un guaio.

 

Fortunatamente arrivarono le ballerine, belle e brave, a Betunia non abbiamo spettacoli del genere, le donne non si mettono in mostra ballando per il divertmento degli uomini, ma queste ballavano con tanta grazia che rimasi colpita.

 

Poi Kamal Kahn si mise a confabulare con mio sposo, non capivo ma intuivo, quell’uomo infido offriva ad Helk le sue ballerine per dividere il suo giaciglio, se i miei occhi fossero stati capaci di lanciare fiamme credo che l’avrei incenerito all’istante. Helk rifiutò l’offerto e Kamal Kahn mi parve deluso, forse voleva scambiarmi con le sue ballerine.

 

All’ingresso della nostra tenda trovammo ad aspettarci lo sciamano di questa gente, era amico di Helk ed era venuto ad avvisarlo dei tradimenti che Kamal Kahn aveva in mente di compiere. Mi voleva per sé, ad ogni costo, come se io fossi un oggetto. Decisamente questa gente non dimostra di aver rispetto per le donne!

 

Ed giunse un nuovo giorno sul mondo, un giorno infelice, un uomo sarebbe morto per causa mia, non ne avevo colpa, ma il mio cuore era pesante lo stesso, e poi se fosse stato il mio dolce sposo a soccombere! Cosa ne sarebbe stato di me? Oltre al dolore di vedere morire il mio unico amore, sarei rimasta cattiva e soggetta alle brame di quell’odioso individuo!

 

Tutto si risolve in pochi minuti, Kamal Kahn si presentò con le sue ballerine per effettuare lo scambio, minacciò Helk di rapirmi se egli non avesse accettato la sua offerta, Helk lo sfidò in duello e lo uccise.

 

Lo sciamano ci disse di andare via e ci allontanammo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 15

 

HELK

 

Per un intera luna viaggiammo nella steppa, incontrammo diverse tribù nomadi che ci accolserò amichevolmente, perché li avevo già incontrati in occasione del mio precedente viaggio.

 

Con alcune di quelle tribù viaggiammo per diversi giorni e Clary ebbe l’opportunità di conoscere meglio quelle popolazioni e di rivedere il suo giudizio che era stato sfalsato dall’incontro con Kamal Kahn.

 

Un giorno, in una di quelle tribù, scoppiò una violente lite fra due uomini, una questione di donna entrambi i litiganti volevano sposare la stessa ragazza, e nessuno dei due sembrava disposto a lasciare il campo libero al suo avversario.

 

“Cosa succederà ora?” mi chiese Clary “perché non lasciano che sia la ragazza a scegliere?”

 

“La ragazza ha fatto la sua scelta, ma il pretendente respinto non accetta questa decisione.”

 

“E cosa faranno allora?” insistette Clary.

 

“Credo che combatteranno, ed il vincitore avrà la ragazza.”

 

“Ma non è permesso! Quella povera ragazza dovrà accettare l’uomo che avrà sconfitto l’altro, e se non è di suo gradimento?” tornò ad insistere Clary.

 

“Amore mio, alla ragazza non importa niente, lei ha scelto chi le ha offerto di più, non li ama ne l’uno ne l’altro, lei sposerà il più forte, sperando che sia anche il più ricco. Ora guarda e non parlare, non si può distrarre i duellanti.”

 

I contendenti erano al centro del cerchio fomato dei membri della tribù, seduti al suolo in silenzio.

 

Arrivarono contendenti, si tolserò gli stivali, il giaccone e la corte tunica, rimanenda a torso nudo, poi ad ognuno di loro venne legato il braccio sinistra dietro la schiena, nella destra impugnavano un lungo pugnale ricurvo. Lo sciamano si ruvolse agli spirito e diede il segnale.

 

Clary osservava con gli occhi spalancati, stupita ed affascinata, i due avversari che, chinati in avanti sulle gambe piegate, girare lentamente all’interno del cerchio, studiandosi a vicenda. All’improvviso uno dei due si lanciò all’attacco, cercando di colpire il suo nemico, questo con un balzo evitò il colpo, si lasciò cadere al suolo per rotolarsi lontano dalla lama del pugnale. L’uomo si rialzò ed a sua volta partì all’attacco, i fendenti, gli affondi e le parate si succedevano ad un ritmo impressionate, lasciando gli spettatori col fiato sospeso. In silenzio, come era iniziato, tutto terminò, un uomo giaceva al suolo con un pugnale piantato nel petto.

 

Clary non disse niente, era seria mentre guardava i parenti del morto portare via il cadavere.

 

Lasciammo i nomadi e proseguimmo verso il Karaskan. Ai piedi delle montagne c’era una cittadina, più un posto di scambio che altro, dove comprai altri muli, altri cavalli, delle provviste, assoldai una guida e dei portatori ed iniziammo a salire verso le alte vallate.

 

La traversata del Karaskan non è un impresa facile, le piste sono insicure, alle altitudine basse si deve temere le pietre ed i massi che si staccano dalla pareti racciose, a mano a mano che si sale, la temperatura si fa sempre più rigida e si trova la neve ed il ghiaccio, ed allora il pericolo è rappresentato dalle slavine e dalle valanghe.

 

I viaggiatori fanno tappa nei monateri dove santi uomini e pie donne, si ritiranno ad onorare la Dea Madre. Per un offerta lasciata alla generosità dell’ospite, i monasteri offrono vitto ed alloggio ai viandanti.

 

Clary non finiva di meravigliarsi, tutto era così diverso da quello che aveva sempre conosciuto, i paesaggi, la gente perfino il firmamento, e molte volte non riuscivo a stare dietro alle sue domande.

 

Poi le montagne si fecerò meno aspre e iniziammo a scendere sul versante occidentale della catena montuosa, l’altitudine diminuiva di giorno in giorno, finché raggiungemmo un vasto altopiano costellato di borghi fortificatin dove semplici capi tribù che comandavano, al massimo, cinque o sei mila uomini si freggiavano del titolo di Re, ognuno dei quali si riteneva superiore agli altri.

 

Ci fermammo alla fortezza di Re Shamar, pagai la guida ed i portatori e li rimandai indietro.

 

Shamar mi abbracciò come un fratello perso e ritrovato.

 

“Re Helk, il mio cuore si gonfia di felicità nel rivederti, non pensavo che la Grande Dea mi avrebbe concesso questa gioia, e non vuoi presentarmi la graziosa Signora che viaggia in tua compagnia?”

 

“Questa Signora si chiama Clary ed è mia cara moglie.”

 

Clary arrossì leggermente e rimase confuse quando Shamar le fece un profondo inchino dicendo “Mia Nobile Regina, siì la benvenuta nella mia umile dimora, invidio il mio amico e fratello Helk di aver potuto cogliere un così bel fiore.”

 

Poi Clary si dovette assoggettare alle cure delle ancelle del castello, fu rivestita da capo ai piedi con veste preziose, ed accettare di portare come unica arma il suo pugnale dal manica d’argento alla cintura.

 

Per alcuni giorni rimanemmo ospiti di Re Shamar, necessitavamo di un periodo di riposo, prima di proseguire il nostro viaggio.

 

Re Shamar ci fornì una scorta armata, per tenere a bada i predoni che non mancavano nelle foreste che avremmo dovuto attraversare prima di raggiungere la grande pianura occidentale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 16

 

CLARY

 

La vita di un essere umano altro non è che un lungo viaggio, che si snoda dalla nascita fino alla morte. Ci sono viaggi tranquilli, viaggi tormentati, viaggi pericolosi e viaggi avventurosi. Il nostro era un viaggio avventuroso, ma in molte occasioni anche pericoloso.

 

Non riuscivo a capire come avesse fatto mio marito a compiere un tale viaggio da solo, senza un compagno, mi sembrava impossibile, eppure l’aveva fatto, spinto dallo spirito d’avventura e dalla curiosità di scoprire sempre nuove cose, o forse più semplicemente egli aveva seguito la via che la Dea Madre aveva, fin dalle origini, tracciata per lui.

 

La via che lo aveva portato a Betunia da me, quel pensiero mi riempiva di gioia ma anche di timori, gli ero stata destinata ancora prima di nascere, così come lui era nato per me, ma se non avessi risposto alle attese della Grande Dea, quale sarebbe stato il mio castigo?

 

Ma non volevo pensare a queste cose, ero con mio sposo e non desideravo altro dalla vita, ora e sempre, per l’eternità.

 

Per una luna, viaggiammo nella steppa, incontrando molta gente. I nomadi non sono quelli che credevo dopo aver incontrato Kamal Kahn. Sono ospitali, rispettano i viaggiatori e dividono con loro il cibo. Hanno strani costumi, le ragazze non si uniscono agli uomini al di fuori del matrimonio, una donna non sposata che dovesse accettare di vivere con un uomo sarebbe considerata come una prostituta, non sono le donne a scegliersi il marito, ma è l’uomo che fa la sua offerta, in oro, in merci preziose oppure in cavalli, e la donna sposerà chi ha offerto di più! Credo che a Betunia le donne si ribellerebbero se venissero così comperate.

 

Ho assistito ad un duello, due giovani hanno combattuto per una fanciulla, ed uno dei due è morto pugnalato. Già il motivo del duello mi sembrava futile, se avessero lasciato che fosse la ragazza a decidere, un uomo non sarebbe morto, ma è il modo di combattere che mi ha lasciato sorpresa. Si fanno legare il braccio sinistro dietro la schiena ed armato di un solo pugnale, a torso mudo, senza protezione, si affrontano. Helk mi ha detto che questo è un modo rituale di combattere, che i ragazzi imparano fin dall’infanzia.

 

 Abbiamo lasciato i nomadi per proseguire verso un luogo chiamato Karaskan, ci sono montagne altissime, dove la neve rimane tutto l’anno. Abbiamo dormito e mangiato nei monasteri, dove santi uomini o pie donne, passano l’intera vita a dedicarsi al culto della Dea Madre, ad accogliere i vaggiatori ed all’occorrenza a soccorrere chi si trova in pericolo.

 

Sul versante occidentale dei monti, abbiamo trovato delle città fortificate ed il Re di una di queste ci ha accolto con grandi onori, non mi ha mai chiamata per nome, sempre mi si rivolgeva chiamandomi “Nobile Regina” cosa che mi faceva sentire fuori posto, io sono un amazzone, una guerriera, non una donna che vive fra i lussi e gli onori.

 

Avrei voluto farlo notare a mio marito, ma non so se avrebbe capito.

 

 

 

 

 

Capitolo 17

 

HELK

 

Siamo rimasti ospiti di Shamar per dieci giorni, capivo che Clary si sentiva a disaggio, ma dopo aver attraversato le alte montagne percorrendo sentieri impervi, i ghiacciai con tutti pericoli sempre in agguato, avevamo bisogno di riposo per prepararci alle fatiche che ci attendevano.

 

Quando dissi a Clary che saremmo partiti, lei non nascose la sua gioia, confermando così i miei sospetti. Shamar ci fornì una scorta per percorrere le foreste, infestate di predoni, che avremmo dovuto attraversare per raggiungere la pianura occidentale.

 

E così di buon mattino, partimmo diretto a ponente, fu un viaggio senza storia e presto giungemmo ad un passo, che portava in una stretta valle che, scendeva verso il grande fiume. … il confine orientale della grande prateria. 

 

Quel passo è un luogo sacro alla memoria del mio popolo. È lì che, ancora prima della mia nascita, le Guardie Nobili della Regina e le Esploratrici Nobili della Regina, hanno combattuto, coprendosi di gloria imperitura, per fermare l’invasione dei barbari. E lo dissi a Clary, narrandole la storia di questi fatti epici, che la lasciarono entusiasta.

 

Mi disse “Amore, mi piacerebbe incontrare quelle donne.”

 

“Tesoro, non credo che sarebbe possibile, oramai sono Signore anziane, sposate e nella maggiore parte dei casi già nonna, e poi dovresti andare a Tyrsis e so già che non ti piacerebbe, saresti consegnata alle ancelle, rivestira di stoffe preziose, profumata e soprattutto separata dalle tue armi.”

 

Non disse più niente, ma la sua curiosità non si era placata, e dovetti raccontarle tutto quello che sapevo sulle Guardie e le Esploratrici.

 

Cinque giorni dopo aver attraversato il passo, eravamo accampati sulle rive del grande fiume.

 

Oramai eravamo diretti a occidente, intendevo recarmi a Batrakis per poi proseguire verso Om’Tzala, viaggiavamo tranquilli, conoscevo queste terre, le avevo percorse tante volte in passatoo.

 

Clary mi chiese se era questa la terra degli Helky ed allora le spiegai che il Regno delle Dodici Città si trovava molto più a sud, che il confine era segnato dalla Sacra Montagna, dimora della Dea Madre, ma che questo territorio apparteneva ai nostri alleati di Centaura.

 

“Vorrei vedere la Sacra Montagna ed onorare la Grande Dea nella Sua dimora.”

 

“Sulla via del ritorno, andremo alla Sacra Montagna, dovrai salrvi da sola, disarmata e coperta soltanto da una fascia lombaria, dopo esserti purificata per tre giorni, questa è la regola.”

 

“Ma tu, non potresti accompagnarmi, mi darebbe conforto nella prova?” mi chiese Clary.

 

“No tesoro, solo le donne vi possono salire.”

 

Più volte incontrammo dei gruppi di cacciatori provenienti da Centaura, e sempre ci accolsserò cordialmente, dividendo il loro pasto con noi, chiedendoci poi di raccontare la nostre avventure.

 

Infine un giorno giungemmo al confine del Regno di Batrakis. Gli abitanti di quel regno sono di razza Helky, ma hanno costituito un Regno a sé, pure restando legati al Regno delle Dodici Città da vincoli di sangue e d’amicizia.

 

Pochi giorni più tardi incontrammo un plotone di Esploratrici in perlustrazione, l’Ufficiale comandante il plotone mi riconobbe e si mise immediatamente a mia disposizione.

 

Clary era affascinata ad osservare quelle ragazze cavalcare senza ne sella ne staffe, vestite di tuniche di pelle ed armate di corte spada, d’ascia, di pugnale e d’arco. Vededo il suo desiderio chiesi all’Ufficiale se avrebbe potuto vendermi una tunica per mia moglie.

 

L’Uficiale si schernìe rispose “Molto Alto e Molto Nobile Signore! Mi offendi! Credi forse che accetterai i soldi da Helk dei Kanakis per una tunica? Non sia mai detto! Alla tua Nobile sposa sarà consegnato un equipaggiamento completo, sarà per noi un onore verderla indossare la nostra divisa!”

 

“Nobile Signora! Non volevo offenderti! Ti prego di perdonarmi e di ringraziarti per la tua cortesia!”

 

La ragazza sorise e fece consegnare immediatamente a Clary tutto quanto serviva per rivestirla da Esploratrice.

 

Da tanto tempo non vedevo più mio tesoro così felice, non le sembrava vero, tornava ad essere una guerriera.

 

Giungemmo a Batrakis verso sera e ebbi una sorpresa, al mio insaputo, l’Ufficiale delle Esploratrici aveva mandato una staffetta ad annunciare il mio arrivo, alle porte della città ci aspettava l’intendente dell’anziana Regina Karisma, che consideravo mia zia , e non ci fu possibile evitare di andare a Palazzo.

 

Clary era piena di curiosità e di sorprese, confrontava il Palazzo della Regina con il Maschio della Città Imperiale e con la piccola fortezza di Shamar, non credeva che potesse esistere un luogo simile, pieno di lusso e di conforto.

 

Mia zia Karisma ci accolse con grande gioia “Helk dei Kanakis! Alfine sei tornato e ti degni di visitare una vecchia Signora, ma vedo che non sei solo, chi è questa graziosa ragazza?”

 

“Nobile zia, questa è Clary, mia sposa amata, mia compagna in guerra ed in avventure, ora siamo diretti ad Om’Tzala e non potevo passare nel tuo regno senza venirti a salutare.”

 

“Così hai sposato una guerriera! Credo che per uno come te sia la scelta più adatta! In quanto a te Clary, sono felice di conoscerti, abbi cura di questo scavezzacollo, perché è sempre pronto a menare le mani, ed un giorno o l’altro potrebbe andargli male se non viene consigliato bene.”

 

A Batrakis, Clary fu felice, mia Nobile zia, avendo capito il suo carattere non le impone di partecipare alla vita di corte, ogni giorno usciva con le Esploratrici, partiva presto alla mattina e tornava al crepuscolo, faceva la vita della guerriera e questa era la sua gioia.

 

Ma non poteva durare, eravamo fermi a Batrakis da meno di una luna, quando giunse una delegazione proveniente da Tyrsis, capaggiata dal Nobile Volk dei Kanakis, mio pro zio, chiesi a Clary di assistere all’incontro.

Per l’occasione Clary accettò d’indossare una veste di seta e di farsi acconciare i capelli, il Nobile Volk si presentò munito dal bastone d’oro, segno che era latore di un messaggio destinato ad un membro della famiglia reale, piegò il ginocchio e disse in tono formale.

 

“Molto Alto e Molto Nobile Signore e tu Molto Alta e Molto Nobile Radiosa Signora, il Molto Alto e Molto Nobile Ulk, Re di Tyrsis, Re Supreme delle Dodici Città e Potente Signore degli Helky, mi manda a dirvi che siete aspettato alla reggia di Tyrsis al più presto, ho l’incarico di accompagnarci con tutti gli onori dovuti al vostr rango.”

 

“E perché mai dovremmo andare a Tyrsis, ho lasciato la corona ad Ulk, perché dovrei tornare alla reggia?” chiesi io.

 

“Perché il Re te lo ordina.” Rispose Volk.

 

“Da quando in qua, i figli danno ordini ai padri? Dimmi Nobile zio, da quando in qua succedono queste cose? Re Ulk è mio figlio e non credo di dovergli ubbidienza.”

 

“Molto Alto e Molto Nobile Signore, sei ancora un Helky?”

 

“Certo che sono un Helky, non rinnego la mia razza.”

 

“Allora, verrai perché è il Tuo Re che te lo ordina!” rispose Volk.

 

Clary non aveva capito tutto il discorso, le sue conoscenza della mia lingua non le permettevano di capire tutte le sfumature, ma era comunque cosciente del tenore del messaggio portato da Volk.

 

In quanto a me ero angosciato, Ulk era il Re ed i quanto tale gli dovevo la mia ubbidienza, non poteva rifiutare di eseguire il suo ordine, tutt’al più potevo guadagnare tempo.

 

“Non andrò a Tyrsis ora, prima mi devo recare ad Om’Tzala, è una cosa molto importante che non voglio rimandare, tu dirai a mio figlio che verrò, ma non adesso.”

 

Il Nobile Volk sospirò deluso, poi rispose “Sarà come ti vuoi, Molto Alto e Molto Nobile Signore.” E se ne andò.

 

Clary mi guardò preoccupata “Amore cosa faremo ora?”

 

“Andremo ad Om’Tzala, partiremo all’alba.”

 

 E così fu, dopo aver preso congedo della Regina Karisma, ci avviammo sulla via per Om’Tzala.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 18

 

CLARY

 

Finalmente Helk si decise a lasciare questo posto, mi sentivo prigioniera fra le mura di questa fortezza, non potevo allenarmi ed ero sempre vestita come una bambola, il mio cuore rimpiangeva la mia divisa. Il Re di questo luogo, si dimostrava sempre molto rispettoso nei miei confronti, ma non ero felice, non ero libera.

 

Accompagnati da una scorta di guerrieri, partimmo per raggiungere la grande prateria come la chiamava Helk. Dopo alcuni giorni giungemmo ad un passo ed Helk mi disse che, ancora prima della sua nascita, questo luogo era stato teatro di una grande battaglia, nel corso della quale le donne che egli chiamava le Guardie Nobili della Regina e le Esploratrici Nobili della Regina, si erano sacrificate per fermare gli invasori, permettendo così all’armata degli Helky di giungere e di sconfiggere i barbari.

 

Ero incuriosita, avrei desiderato incontrare quelle eroine, ma Helk si mise a ridere e mi disse che oramai erano anziane signore cariche di figli e di nipoti. Mi meravigliai di non averci pensato da sola, ma rimasi delusa lo stesso.

 

Poi mio marito mi parlò della Montagna Sacra, dimora della Dea Madre e dei riti da compiere per salirvi, mi promise che sulla via del ritorno mi ci avrbbe portata, ma che avrei dovuto affrontare la prova da sola, solo alle donne è permesso di raggiungere la cima di quel Sacro Monte.

 

Incontrammo diversi gruppi di cacciatori, composti sia da uomini che da donne, e non facevano differenza fra i due sessi, vivevano in perfetta uguaglianza, cosa che inizialmente mi lasciò perplessa, ma poi dovetti ammettere che era forse la cosa più giusta. Non erano Helky, erano però i loro alleati, provenivano da una città chiamata Centaura. Era gente cordiale ed ospitale, curiosa di sentire racconti di viaggi e d’avventure.

 

Ed infine incontrammo gli Helky, un gruppo di ragazze guerriere, un plotone di Esploratrici mi spiegò Helk, credevo che fosserò la sua gente, ma egli mi disse che erano sì Helky, ma non del Regno delle Dodici Città, erano Batrakis suddite doi sua zia la Regina Karisma.

 

Helk discusse un po’ con l’Ufficiale al comando del plotone, e mi venne consegnata una divisa da Esploratrice, con le armi, gli stivali, insomma tutto quello che serviva. Da quel giorno, fino alla nostra partenza per Om’Tzala, rimasi tutti i giorni con quelle ragazze, furono giorni felici, ero tornataa vivere da guerriera.

 

Incontrai la zia di Helk, che fu molto gentile con me, era un anziana Signora che certamente, in gioventù, era stata di una rara bellezza, mi raccomandò di prendermi cura di Helk che secondo lei era uno spericolato, ma io sapevo che non era vero, mio marito affronta sempre il pericolo dopo aver considerato tutti gli aspetti del problema.

 

Vorrei dire due parole a proposito degli Helky, sono stato sorpresa, tutti sono alti, tutti sono biondi e tutti hanno gli occhi verdi, all’infuori di Helk che li ha grigi. Sono generalmente cordiali e cortesi, ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno, sono una razza di guerrieri. Le ragazze mi dicevano che, tutte loro ambivano una morte gloriosa in battaglia, e che la selezione per essere arruolate era durissima, perché le volontarie erano troppo numerose.

 

Ma tutto ha una fine, anche i periodi felici, venne il giorno in cui si presentò a Batrakis una delegazione di Tyrsis. Il Re di Tyrsis ordinava a mio :marito di tornare in quella città, Helk era combattuto tra il dovere ubbidire al Re ed il desiderio di andare ad Om’Tzala. Alla fine non rifiutò, ma prese tempo, disse che sarebbe andato a Tyrsis tornando ad Om’Tzala.

 

Almeno per allora, mi era risparmiato di dover affrontare quell’ennesima prova.

 

La mattina successiva, dopo aver salutato la Regina Karisma, partimmo per l’ultima tappa del nostro viaggio. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 19

 

HELK

 

La strada che da Batrakis porta ad Om’Tzala, è agevole e sicura, ci sono i posti di ristoro, dove il viaggiatore può fermarsi per la notte, cambiare cavallo se necessario e trovare tutte le comodità possibili, una camera confortevole, un buon pasto, un bagno di vapore e per i solitari anche una compagnia per la notte.

 

In pochi giorni eravamo in vista della nostra meta, Clary era ansiosa di arrivare, ma anche timorosa di quanto sarebbe successo, io invece vedevo la fine di un periodo di tristezze e di dolori.

 

Indicai a Clary l’alta torre bianca che scintillava sotto il sole, poco distante dal Grande Tempio di Ishtar, come gli abitanti di Om’Tzala chiamano la Dea Madre.

 

“Ecco, guarda tesoro, quella è la torre incantata di Abuknazir, è lì che andiamo, e lui, che è forse il più grande mago vivente sotto il sole, ti libererà dei tuoi ricordi e dei tuoi rimorsi.”

 

“Ma cosa mi farà, per riuscire a fare questo?” chiese Clary preoccupata.

 

“Non temere, amore mio, non ti verrà alcun male, Abuknazir è un mago buono, si dedica solo al bene ed odia il male.”

 

Meno di un ora dopo, bussavamo alla porta della torre. Abuknazir si affacciò da una finestra posta in alto e quando mi vide, esclamò “Helk! Amico mio! Sei tornato a visitarmi! Entrate amici, entrate pure, vi aspetto! Manderò i miei apprendisti a prendersi cura dei vostri bagagli e degli animali.”

 

Entrammo e vidi Abuknazie scendere di corsa le scale per venirci incontro, mi abbracciò poi si voltò verso Clary.

 

“Benvenuta figlia mia, vedo che l’amico Helk ha scelto bene la sua sposa.”

 

Clary arrossì leggermente e rispose intimidita “Grazie…” non sapeva cosa dire d’altro.

 

Seduti nel salone, al primo piano della torre, mentre mangiavamo il pasto servito da un paio di graziose future maghe, Abuknazir mi chiese “Allora Helk, quale è il tuo, o forse meglio dire, il vostro problema?”

 

“Maestro, siamo venuti a chiedere il tuo aiuto per liberare mia moglie dei suoi incubi.”

 

Abuknazir non rispose, si limito ad agitare la mano, vidi Clary irrigidirsi e sentiì Abuknazr che le diceva “Dormi Clary, ti risveglierai quando Helk te lo dirà, e non ti ricorderai di aver dormito.”

 

“Allora Hlek, quali sono gli incubi di tua moglie? Raccontami tutto.”

 

Ed iniziai a narrare tutta la storia, fin dall’incontro con Misime fino a quando, dopo aver eliminato lo stregone, avevo ritrovato Clary nella foresta, cos’avevo fatto ed parlai dei ricordi bruccianti e dei rimorsi di Clary.

 

Abuknazir annuiva, quando ebbi finito mi fissò e disse “Helk, sono deluso, credevo di averti istruito bene, avresti potuto liberare Clary da solo, ma forse non avevi abbastanza fiducia nei tuoi poteri, questa notte quando la luna gialla sarà sopra il Tempio, guiderò i tuoi passi, perché non voglio mancare di rispetto a tua moglie mettendo le mie mani sul suo corpo, dovrai fare tutto da te! Ora svegliala e terminiamo il nostro pasto.”

 

La notte scendeva e la luna gialla si avvicinava al pinacolo del Grande Tempio di Ishtar, Abuknazir ci invitò a seguire all’ultimo piano della torre, dove c’era una stanza rotonda, con quattro finestre rivolte ai punti cardinali, c’era un grande letto, un bancone ingombro di provette e d’alambichi ed al centro della stanza un braciere acceso.

 

Per prima cosa, ci disse di deporre le nostre armi, poi prese la mano di Clary e l’accompagnò vicino al letto, le passò la mano destra davanti al viso e lei si addormentò.

 

Gentilmente le chiese “Clary mi senti?”

 

Con un filo di voce lei rispose “Sì Maestro, ti sento.”

 

“Bene, dormi Clary, fino a quando Helk non ti dirà di svegliarti, non pensare a niente, rilassati e dormi!!!”

 

Clary era lì, immobile in piedi, con gli occhi chiusi, respirava lentamente, sembrava in catalessi.

 

Abuknazie mi fece preparare un impasto d’olio e di miele e mi spiegava, l’olio serve per lenire ed il miele per addolcire. Quando l’impasto fu pronto, avendo la consistenza desiderata, mi disse “Ora Helk, spoglia tua moglie completamente e poi ricoprila di quest’impasto, dalla testa ai piedi, non lasciare un solo angolo della sua pelle scoperto.”

 

Quando Clary fu completamente ricoperta d’olio e di miele, tanto da sembrare una statua, mi disse di ripetere le sue parole mandandole a memoria, e così feci.

 

“Ora aspettiamo, l’impasto diventerà duro e soltanto allora la potrai liberare. Le ore passavano, ogni tanto Abuknazir andava a controllare la crosta che si formava sul corpo di Clary.

 

“Ora, inizia a rompere questa crosta, fai piano, non farle del male, perché non sarà facile toglierla.”

 

Mi misi all’opera e, lentamente con molta pazienza, pezzo per pezzo, riusciì a liberare Clary dell’impasto solidificato, a mano a mano che toglievo i pezzi, Abuknazir me li faceva gettare sul braciere dove bruciavano rilasciando un profumo intenso.

 

Quando Clary fu completamente liberata, Abuknazir mi disse di lavarla e di asciugarla, per poi rivestirla prima di deporla sul letto.

 

“Digli piano di svegliarsi, mi raccomando deve essere come un sussurro.”

 

Avvicinai la bocca all’orecchio di Clary e piano dissi “Amore mio svegliati, apri gli occhi tesoro, ti aspetto.”

 

Clary apriì gli occhi e mi guardò sorridente, mi gettò le braccia al collo e mi attirò per baciarmi.

 

Abuknazir era molto soddisfatto, era convinto che Clary fosse libera di ricordi e di rimorsi. La fece sedere di fronte a lui e la guardò diritto negli occhi.

 

“Clary cosa ti è successo, cos’hai fatto, ti dispiace di averlo fatto?”

 

Clary rispose “Ho tradito mio marito, prima con Misime, poi con lo stregone e l’avrei tradito anche con Zalesc se non si fosse rotto l’incantesimo, mi dispiace che Helk abbia sofferto per questo, non volevo che soffrisse, ma non ho rimorso, non ero in grado di decidere, era colpa dell’incantesimo, non ho colpa.”

 

Abuknazir mi guardò deluso, i ricordi non erano spariti “Helk amico mio, non ha più rimorsi, ma non si è dimenticata di niente, i ricordi erano troppo forti, mi dispiace, però ora sarà felice lo stesso, sarai tu a dover accettare di vivere accanto ad una donna che sa di averti tradito.”

 

“Maestro, io amo Clary, accetterò questo, non ho scelta, e poi non cambia niente, lei non soffrirà più a causa dei suoi rimorsi, non avrà più incubi e potrà amarmi senza timore.”

 

“Bene, se è questo che pensi sincermente, non mi resta che augurarvi di essere felici in futuro e di raccomandarti di protegerla sempre.”

 

Il sole tingeva il cielo ad oriente, un nuovo giorno nasceva e per noi una nuova vita incominciava, almeno così ero convinto.

 

Abuknazir ci disse “Tutto è pronto per la vostra partenza, ma voglio farvi un regalo di buon auspicio.”

 

Non capivo cosa intendesse dire, ma una cosa era certa, dovevamo partire, così aveva deciso il grande mago.

 

“Addio Helk, addio Clary vi auguro tanta fortuna.”

 

Non ci fu neanche possibile di rispondere, in un attimo ci ritrovammo sulla riva dell’Ondagrigia, vicino a Kerkos.

 

Tornammo a casa dove, stranamente, trovammo tutto in ordine, come se fossimo usciti di casa il giorno precedente. Andammo alla Taverna del Drago Verde, e nessuno si sorprese di vederci, sembrava che tutti gli avvenimenti accaduti con l’arrivo della Contessa Nera non fossero mai esistiti.

 

Riprendemmo la nostra vita, ma fra di noi qualcosa era cambiato, Clary si dimostrava sempre più insofferente a qualsiasi legame, usciva di casa senza avvisarmi, tornava alle ore più impensate, insomma si comportava come se non fosse sposata, non faceva niente di male, mi amava senza ombra di dubbio, ma era irrequieta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 20

 

CLARY

 

Ora stavamo per giungere alla fine del nostro viaggio, finalmente sarei stata liberata dei miei brutti sogni e dei rimorsi che m’impedivano di vivere serenamente accanto al mio amore.

 

Il grande mago Abuknazir fece un mucchio di feste ad Helk e fu molto gentile con me, non è che posso dire granché della torre incantata, l’ho vista, è alta, bianca, è bella, ma cos’altro potrei dire? Ho visto il salone dove abbiamo cenato, ho visto la stanza rotonda posta in cima alla torre e poi? Niente ma proprio niente, tutto il resto del tempo sono rimasta addormentata, non so cosa mi hanno fatto, so soltanto che quando mi sono finalmente risvegliata ero liberata da ogni rimorso.

 

Non avevo dimenticato niente, anzi ero perfettamente cosciente di tutto, finalmente ogni dubbio era sparito, sapevo che quando Misime mi aveva baciato per la prima volta, niente di quello che era successo era un sogno, avevo fatto l’amore con l’ibrida, ricordavo con molta chiarezza quello che avevo fatto con lo stregone e le cose oscene che egli aveva preteso da me, e che avevo accettato di buon grado di fare, ma non provavo più né vergogna né rimorso, era successo, mi dispiaceva per Helk, tutto lì.

 

Chissà per quale opera di magia, Abuknazir ci rimandò a casa, è un mago veramente potente, noi avevamo viaggiato per lune intere per andare ad Om’Tzala e lui ci riportava a Kerkos in un attimo.

 

Tutto sembrava in ordine, la casa, gli amici, nessuno parlava della Contessa Nera e noi, saggiamente non facevamo domande.

 

C’era però una cosa che mi frullava nella testa, volevo essere libera, amavo Helk, come o forse più di prima, ma il matrimonio mi pesava, mi sentivo legata, combattevo questi pensieri, ma invece di sparire si rafforzavano sempre più.

 

Nella mia mente, una voce mi ripeteva con sempre maggior insistenza “Ma cosa fai Clary, vivi con un uomo, sacrifichi la tua libertà.”

 

Ed io mi rispondevo “Ma io l’amo.”

 

E la voce “Ma la tua libertà, non vale di più dell’amore?”

 

Ed improvisamente ricordavo la parole della Contessa Oscura, qunso dopo l’incontro con l’Imperatrice nel Maschio della Città Imperiale, mi aveva esortata a non seguire più Helk.

 

“Clary…Clary, sei una così bella giovine! Perché sciuparti per un uomo? Potresti essere libera di fare quel che vuoi, non seguirlo…non seguirlo! Non è degno di una donna, nessun uomo è degno dell’amore di una donna! Prendi pure il suo corpo, rendilo schiavo o abbandonalo, fallo Clary! Sai che ho ragione!”

 

E non sapevo più cosa fare, uscivo di casa senza avvisare Helk, girava fino a notte fonda per le vie della città, sempre più indecisa se tornare o se fuggire lontano…libera!!!!

 

 

 

 

Capitolo 21

 

HELK

 

Clary non era tornata a casa, o piuttosto era tornata in punta dei piedi ed aveva lasciato una missive sul tavolo.

 

E lessi

 

“Riceverai questo messaggio una mattina, ma sappi che ora è buio mentre scrivo, ci sono poche stelle ed una luna quasi piena, uno spettacolo da vedersi.

 

Non ti piacerà quanto dirò, ti avviso sin da ora, ma non hai altra scelta che ascoltare. o non sapere.

 

Non chiedo da te una risposta se non vorrai darmela ed accetterò ogni cosa mi dirai ma ormai la mia decisione è presa.

 

Ho deciso di andarmene.

 

Fredde parole, sembrano così estranee a me eppure si, sono  uscite dalle mie labbra e non le ho fermate.

 

Ora ti arrabbierai forse, o dirai solo "l'ha detto tante volte" ma sta volta è diverso Helk, sta volta non si torna indietro.

 

Dirai che tutte le promesse d'amore sono state sciocchezze, scherzi, prese in giro.

 

Non è vero, io ti amo, e ti ho sempre amato.

 

Il fatto è che in questi giorni ho pensato:

 

 "Clary, ma cosa fai tu qui? Che ti trattiene? Sei diventata una sposa e vivi con un uomo. Con lui sei sorridente o arrabbiata, lo baci e lo accarezzi e vieni contraccambiata con amore.eppure sai che c'è  l'altra parte di te, quella che la sera gira per la città, quella avvolta nel mantello nero, con gli occhi nascosti, dalle poche parole e dalla lama tagliente. ma chi sei amazzone? Non puoi continuare a sdoppiarti in due <Clary>, e tu lo sai bene"

 

Mi son risposta Helk e non posso restare nella tua casa, non posso restare in nessuna casa perché la vita a Betunia ed in nessun altro luogo mi appartiene.

 

I legami con ogni cosa si fanno come catene e fardelli pesanti; io sono una guerriera, una vice comandante, il resto non deve importare.

 

Eppure ti amo, Helk, non pensare che io non sia perdutamente innamorata ma faccio la scelta giusta e vado ad essere me stessa, una Clary che non sarebbe più tua moglie perché tu non la riconosceresti.

 

Una Clary che non siede mai se nella stessa stanza c'è qualcuno, una Clary che porta sempre il cappuccio ed il mantello, una Clary che ha il pallino dell'allenamento e mai beve, poche volte sorride, mai si è visto sul suo volto una risata.

Una donna che risulta estremamente presuntuosa se si accanisce contro se dici qualcosa fuori posto, oppure estremamente silenziosa e leggera se la tua gentilezza rende il suo cuore più allegro.

 

Non ti chiedo nulla caro Helk, rinuncia dal trattenermi se questa era tua intenzione e non disperare, ricorda sempre che ho fatto la mia scelta e che se a causa di questa tu lascerai Betunia non sei degno di esser chiamato Comandante, perché un cuore spezzato si ricuce stringendo i denti e guardando avanti.

 

Come potresti ancora essere il Signore degli Helky se a causa di una piccola donna abbandoni tutto? Avanti non prendiamoci in giro Helk.

 

Non so più cosa dirti. forse t'interessa sapere cosa farò. Uscirò da questa casa tanto amata e cavalcherò fuori dall città, mi fermerò sulle rive del fiume un poco, a meditare, e quindi comincerà

la mia vita solitaria, scandita dagli allenamenti con le amazzoni Amaranti.

 

Perfezionerò le mie tecniche di combattimento, di concentrazione e di serenità.

 

Chissà cosa adesso penserai di me. Mi spiace se questo ti farà arrabbiare e sarò lieta se capirai  ma non credo ne sarai capace.

 

Del nostro matrimonio di pure quello che vuoi, o non dire niente. Io ti amo e nulla dirò ma prima o poi chi non si accorgerà?

 

E a tutte le malelingue di cui tanto è piena (a quanto tu dici) Kerkos, allora di pure che mi sfidino a duello, che le voglio vedere morte sotto i miei piedi e che strapperò la loro lingua con la mia spada.

 

Che altro dire? Che altro! Non odiarmi se puoi e nessuna predica per favore.

 

Per quanto riguarda Jereth. non è colpa sua quanto ho deciso. Jereth se ne sta molto calma ultimamente e non mi disturba, per ora.

 

Ora però devo andare, c'è un mondo là fuori e Clary deve andare.

 

Accetta quanto ho detto, te ne prego con tutta l'anima.

 

A presto

 

Clary”

 

Cosa potevo dire? Cosa potevo fare? Niente! Era la fine di un amore, preparai la mia risposta, l’avrei consegnata ad una qualsiasi delle amazzoni Amaranti, sicuramente Clary l’avrebbe ricevuta.

 

“Tesoro, sapevo che sarebbe finito così, da tempo sapevo di condurre una lotta senza speranza, ma non mi volevo arrendere, non è nel mio carattere rispetto la tua decisione, nella mia vita ho combattuto molte volte, mi ritiro perché capisco quando la battaglia è persa, non cerco spiegazioni e non faccio prediche...tanto non servirebbero ora ti dirò cosa farò, perché questa situazione comporta diverse decisioni

-  in primo luogo darò le dimissioni da comandante

- del nostro matrimonio non dirò niente, ognuno potrà credere quello che gli fa più comodo

- infine me ne andrò, credimi non è una fuga, ma non ho più alcun motivo di rimanere in Betunia, tu eri l'unica cosa che mi teneva legato a questo luogo, cosa ci faccio senza di te? cosa posso aggiungere, niente, o meglio solo poche cose, Clary ti amo perdutamente, sarò sempre fedele al tuo ricordo, e nessuna donna prenderà mai  il tuo posto nel mio cuore,

 

tesoro mio adorato, questa tua decisione mi lascia molti rimpianti, il matrimonio fallito, le illusioni perdute ed il figlio che non nascerà mai...ma non voglio tediarti e quindi chiudo così... ti auguro di non rimpiangere mai questa tua decisione e di vivere libera e felice, per l'ultima volta ti bacio

 

Helk”

 

Ma non era finito così, sarebbe stato troppo semplice per un carattere complicato come quello di Clary, lo stesso giorno ricevetti un'altra missiva.

 

“SE tu deciderai di dare le dimissioni... allora il mio ultimo desiderio sarà battermi in duello contro di te, se il tuo volere è andartene dammi l'ultima battaglia…

 

uno scontro fino alla fine… uno scontro senza magia…

 

uno scontro degno di un Comandante

 

Clary”

 

Ma cosa gli passava per la testa? Non le bastava distruggere la mia vita? Ora pretendeva un duello! Così, sempre tramite un amazzone, le feci pervenire la mia risposta.

 

“Clary cara,

 

Non mi batterò contro di te, non puoi chiedermi questo, pretendi troppo da me!

 

Non so se ti rendi conto di quello che chiedi, a meno che tu non voglia uccidermi, perché questo sarebbe l'esito finale dello scontro, visto che mai e  poi mai potrei colpirti...il mio braccio si rifiuterebbe di dirigere la mia spada su di te... però se vuoi la mia morte, te la posso concedere, sono pronto, combatterò a torso nudo, secondo il costume dei barbari delle steppe, con la sinistra  legata alla schiena e con un pugnale come unica arma, tu naturalmente indosserai la corazza, non potresti metterti a torso nudo...ed userai la spada, ti sarà facile uccidermi. questa è la mia risposta definitiva e non discutibile

 

qualsiasi sia la tua decisione, ti prego di rispondermi, accetti o non accetti le mie condizioni

 

 Helk”

 

La risposta non si fece aspettare, oramai l’amazzone si fermava ad aspettare la mia risposta.

 

“non voglio ucciderti...

 

voglio un ultimo combattimento per ricordarti con onore oltre che con sommo amore

 

Clary”

 

E di nuovo un'altra missiva.

 

“Clary,

mi dispiace, ma credo di essere stato chiaro, questa volta non mi piegherò, vuoi batterti, e va bene, mi batterò ma soltanto alle mie  condizioni e dovrà essere un duello all'ultimo sangue, non una finzione, una specie di danza delle spade

 

 decidi e fa in fretta che sto già preparando i bagagli

 

 Helk”

 

L’amazzone che mi recapitò la risposta, mi sorrise, leggermente imbarazzata.

 

“ahahahah

 

 alle tue condizioni????

 

Mhhh

 

 e sia

 

Clary”

 

Questa volta non la presi molto bene, questa risata mi sembrava proprio fuori luogo, ero seccato.

 

“Comandante, devo aspettare la risposta?”

 

“Certo, la scrivo subito.”

 

“Tesoro mio

 

C'è poco da ridere, mi sembra fuori luogo, visto le circostanze, perché uno di noi due ci rimetterà la vita...

 

sono pronto, anche stasera, proponi te il luogo e l'ora e non voglio testimoni, si tratta di una faccenda privata e come recita un vecchio proverbio "tra moglie e marito non mettere un dito"

 

aspetto la tua risposta

 

Helk”

 

E questo scambio di missive agre dolce andò avanti ancora per il resto del giorno.

 

“non sta sera Helk...

 

 ridevo per le tue assurde condizioni che io non accetterò mai.  era una risata amara e triste ma che ci vuoi fare? tu decidi di partire ed io t'inseguo per riuscire a combattere contro di te, come la prima volta che ci siamo conosciuti.

 

Clary”

 

Ma non si deciderà dunque mai a piantarla?

 

“D'accordo, non questa sera, ma almeno fammi sapere quando subito

 un'altra cosa, non accetterai le mie condizioni! allora niente duello! o così o niente!

 

 Helk”

 

Altra risposta, altre storie!

 

“io le accetto.. le accetto... vieni pure con la mano legata ma non meraviglierti se alla fine le ritroverai entrambe libere e con una lunga spada in mano.

 

Clary”

 

Stavo perdendo la pazienza, ma cercavo di contenermi.

 

“E come farai? dai dimmi, che sono curioso! non amo le sorpres sgradite!

 

Helk”

 

Ed ecco che tornava l’amazzone, diventava imbarazzante.

 

“tu dimmi che combatterai alla pari contro di me ed io lascerò le sorprese sgradite.

 

Clary”

 

Ora non sapevo più se arrabbiarmi o ridere.

 

Ed ancora la risposta non si fece attendere.

 

“ma insomma amore, sei proprio cocciuta, lo sapevo già, ma non credevo che lo fossi a questo punto, ma visto che insisti, mi porterò dietro un guerriero incaricato di legarmi e d'impedire qualsiasi intervento esterno

 

ti amo e ti bacio come prima

 

Helk”

 

Sapevo che si sarebbe sentita presa in giro e che avrebbe perso la pazienza, mi rispose…

 

“non sperare troppo in questo guerriero Helk, se io decido di  combattere alla pari farò qualsiasi cosa per riuscirci...

 

quindi non pensare che basti UN guerriero.

 

Clary”

 

Decisi di non rispondere più, mandai via l’amazzone a mani vuote.

 

 

 

 

 

 

Capitolo 22

 

ANCORA HELK

 

E così, Clary, la donna alla quale sono legato dal sacro vincolo del matrimonio benedetto dalle dee di Betunia, non paga del dolore e dell’umiliazione causata dal suo abbandono, non ancora soddisfatta delle cicatrici che ricoprono il mio cuore, con il quale ha giocato a lungo, come una bimbetta capricciosa gioca con una palla di pezza, vuole dimostrare pubblicamente il suo potere su di me ed è riuscita a trascinarmi in quest’ultima follia, un duello.

 

Non volevo combattere contro di lei, so che non sarò capace di colpirla perché, malgrado tutto, a dispetto delle sofferenze e delle umiliazioni patite per causa sua, io l’amo perdutamente e non posso dimenticarlo, neanche quando la mia vita è in gioco.

 

Di fronte all’insistenza con la quale Clary chiedeva quel duello, ho finito per cedere, ponendo le mie condizioni, fra le quali due erano le principali, avrei combattuto come fanno i barbari delle steppe, ossia a torso nudo e con il braccio sinistro legato alla schiena, l’altra mia condizione era che l’intera faccenda fosse strettamente privata.

 

Ma lei non rispetta niente, ha fatto in modo che il comando fosse a conoscenza del duello e mi ha avvertito che non avrebbe rispettato le mie condizioni, a quel punto avrei potuto rifiutare lo scontro, ma sapevo che sarebbe stato inutile, lei mi avrebbe inseguito per mare e per monti, anche fuori di Betunia, fino a quando avrebbe ottenuto soddisfazione, e poi non mi andava di passare per vigliacco.

 

Temendo qualche sorpresa, mi sono fatto accompagnare da Rupert ed altri due guerrieri, affinché mi fossero testimoni e con l’incarico di impedire qualsiasi interferenza da parte di estranei.

 

Ora sono qui, al luogo fissato per il combattimento e mi preparo. Mi spoglio delle tunica, mi tolgo gli stivali, e rimango scalzo ed a torso nudo. Per prima cosa, pianto la mia spada fatata nel suolo, e rivolto ad oriente, verso l’astro nascente, m’inginocchio e prego la Dea-Madre.

 

“Madre, Tu sai quale è il mio tormento, ti prego rendilo sopportabile e quando lascerò questa vita, manda Kyra ad accogliermi per condurmi da Te ed essere sottoposto al Tuo giudizio.”

 

Mentre Rupert, mi lega saldamente il braccio sinistro dietro la schiena, mi guardo intorno e vedo che già una folla di curiosi si sta preparando ad assistere allo spettacolo, la cosa mi fa arrabbiare, come sciacalli sono venuti per vedere morire un essere umano, come in altri luoghi la gente si assiepa attorno al patibolo. Posso capire la presenza dei membri del comando, in fondo, indirettamente, Clary li ha invitati, ma tutti gli altri, cosa ci fanno qui?

 

C’è ancora tempo prima della lotta, Clary non è ancora giunta, e questo mi lascia la possibilità di rivolgermi ai presenti.

 

“Siete venuti per vedere morire un essere umano, da parte mia proverò ad accontentarvi, sappiate che questo duello, fortemente voluto da Clary, terminerà soltanto con la morte di uno dei due contendenti, io combatterò così, come mi vedete, Clary invece indosserà la corazza e sarà armata di spada, così ho voluto io! Non saranno ammessi l’uso di magie o di veleni, le armi devono essere pulite.”

 

Ed ecco, arriva Clary, con l’armatura completa e la spada al fianco, mi rivolge un segno di testa a modo di saluto e smonta per prendere posizione di fronte a me, ma le cose non vanno per il verso giusto. Clary fa per togliersi la corazza, ma io la fermo immediatamente.

 

“Clary, fermati, un altro gesto per toglierti l’armatura ed io getterò il pugnale e me ne andrò senza combattere!”

 

Clary mi guarda, prima sorpresa dalla mia reazione, poi vedo i suoi bellissimi occhi verdi, quelli che da sempre mi tramortiscono il cuore, lanciare lampi di collera, fra sé e sé, mormora qualche parole, poi mi risponde.

 

“Helk, sei impossibile! Mi vuoi proprio fare arrabbiare! Ma non finirà così! Ti obbligherò ad abbandonare le tue stupide regole! Quando sentirai la punta della mia spada tranciare i legaci, che ostenti così vistosamente, per dimostrare la tua superiorità umiliandomi di fronte a tutti! Quando la punta della mia spada inizierà ad incidere la tua carne, cambierai atteggiamento! Perché la lotta deve durare a lungo, dovrai sentire il dolore prima di morire! Ed allora accetterai la spada e butterai via quel stupido pungolo che arma la tua mano!”

 

M’inchino e dico “Tesoro mio, parli troppo! Hai voluto questo duello, ebbene combatti con la spada e non con la lingua!”

 

Ora si arrabbia veramente e mi tira un fendente che, solo un balzo, dovuto ad un riflesso condizionato, mi permette di evitare. Riparte all’attacco con una stoccata che mi colpisce leggermente al fianco, fa maledettamente sul serio, ed io non ho poi tanta fretta di morire.

 

Con la spada mi tiene facilmente a distanza, almeno così crede lei, non conosce tutti i trucchi ed ora gliene insegnerò uno. Mi piego in avanti, fletto le gambe e spicco un salto in alto, ricado alle sue spalle, l’afferro per i capelli e taglio velocemente una ciocca, avendo cura di non ferirla. Lei sa che avrei potuto ucciderla e questa consapevolezza non fa che aumentare sia la sua umiliazione che il suo rancore nei miei confronti.

 

Vedo la sua rabbia salire, fra poco esploderà….come ti conosco moglie mia…so cosa farai…la tua rabbia salirà ancora…

 

Un’altra stoccata al fianco, altra ferita ma è riuscita a tranciare la corda che mi tiene legato il braccio, mi butto al suolo, rotolando su me stesso per sfuggire alla sua lama, in fondo sono contento, il braccio mi si era anchilosato ed incominciava a darmi fastidio.

 

Clary m’incalza, mi procura piccoli tagli senza portare a fondo i suoi attacchi, cerca di disarmarmi e mi copre d’insulti.

 

“Helk! Smettila di comportati da vigliacco! Combatti da uomo! Prendi una spada, non la tua, io mi fermerò per darti il tempo di armarti! Allora deciditi!”

 

Il suo piano è chiaro, mi vuole portare al limite della pazienza, lei mi conosce, lei sa che quando sarò giunto al limite della sopportazione non capirò più niente e mi scatenerò, ma io non voglio arrivare a quel punto ed invoco la Dea-Madre, pregandola di aiutarmi a conservare il controllo dei miei nervi.

 

Ed ecco che, col piatto della lama mi colpisce la mano, facendo saltare il pugnale lontano, fuori dalla mia portata, si ferma con la spada puntata su di me e grida forte “Chi darà una spada a quell’uomo, che faccia vedere cosa vale di fronte ad un’amazzone!”

 

Vedo Rupert sfoderare la spada, pronto a consegnarmela, ma non ho intenzione di accettarla, farò un’altra cosa.

 

Mi butto su Clary, non si aspetta questa mossa e, mentre sento la spada traffigermi, il dolore è tremendo, afferrò il suo viso e pongo la mia bocca sulle sue labbra per un ultimo bacio…il bacio dell’addio.

 

La vita mi abbandona, il buio mi circonda, è finito tutto.

 

Tornai in me in uno strano luogo, tutto era bianco, accecante di luce, non capivo dove mi trovavo, portai la mano al torace…non c’era traccia di ferita!

 

Udì una voce familiare, era Kyra che, china su di me, mi chiamava.

 

“Helk dei Kanakis, sono venuta qui per guidarti sulla via della luce, sei giunto non aspettato, prima del tempo che ti era concesso.Tti sei lasciato uccidere per amore, quando potevi vincere, la Dea ti avrebbe protetto e saresti ancora vivo, ma ti sei arreso.”

 

In tono confidenziale, Kyra prosegui “La Grande Madre è molto arrabbiata con te, ma ti perdonerà perché ti ama, quando sei nato, fu Lei a scegliere il tuo nome e ti considera un Suo figlio.”

 

Ed io me ne stavo zitto, ancora confuso e frastornato.

 

Vedendo che non rispondevo, credendomi in preda ai rimpianti, Kyra riprese “Consolati, Clary forse non era la moglie che faceva per te, non lo so, ma troppe volte ti ha fatto soffrire inutilmente, credo di essermi sbagliata nel giudicarla, ma pensavo che con la nascita di un figlio tutto sarebbe migliorato.”

 

Ebbi un sussulto “Ma cosa dici, perché pronunci queste parole?”

 

Kyra sospirò “E sì, l’amore rende cieco, vuoi proprio sapere perché? Bene ora ti dico le cose che ho visto.”

 

“E cosa avresti visto?”

 

“Ho visto i suoi capricci ed i suoi scatti di collera ingiustificati.”

 

“Ma tutte le coppie litigano ogni tanto, non è niente di strano, Clary  ha un carattere ribelle.”

 

“Beh, se eri contento così…”

 

Ero senza parole, ma Kyra impietosamente, continuava “E cosa mi dici di tutte le volte che ti sei sentito sul punto di essere abbandonato, di tutte le volte che ti diceva di trovarti un’altra donna? Poi non ti lasciava, ma intanto ti aveva fatto morire di dolore.”

 

Abbassai il capo senza rispondere, a volta la verità fa male

 

Kyra mi guardò sconsolata e riprese “Ho visto la sua condotta ad Inthynia . Ti basta così?”

 

“Ma era tutta colpa dell’anello fatato, non poteva agire diversamente. Era ancora distrutta dal rimorso”

 

“Questo è vero solo in parte, il suo corpo era prigioniero dell’incantesimo, ma poteva salvarsi l’anima e non lo ha fatto, ed il rimorso era il suo castigo per questo.”

 

Kyra, prima di proseguire, fece una pausa, poi torno a parlare “Helk apri gli occhi, tu ogni volta le perdonavi tutto, qualsiasi cosa, e lei sapeva che l’avresti perdonata. Hai voluto intraprendere questo viaggio per accompagnarla da Abuknazir, ben sapendo che egli le avrebbe reso la tranquillità e la pace dello spirito, facendo sparire i ricordi ed i rimorsi. Ma per tutto il tempo del vostro matrimonio, ad eccezione dei primi tempi, eri felice un giorno per poi soffrire nei tre giorni successivi.”

 

Rimasi zitto, non sapevo cosa rispondere.

 

Ma Kyra non aveva ancora finito di torturarmi “Devo però ammettere una cosa, Clary non aveva interamente colpa di tutto ciò, era prigioniera della sua vita precedente, da quando è nata, Jereth stava nella sua anima, la sorvegliava, aspettava il momento propizio per catturarla di nuovo e tu eri un ostacolo, ha provato in tutti i modi ad allontanarti da tua moglie, ma tu sei così testardo, e come ho appena detto, le hai sempre perdonato tutto, qualsiasi cosa, pure di non lasciarla andare. Finché l’ha catturata e lei ti ha lasciato. Ma Jereth non era soddisfatta, dovevi sparire definitivamente, perché quel demone temeva che Acer in qualche modo avesse un ripensamento. Ora il disegno della Nera Signora si compirà, Acer sparirà e Jereth riprenderà il suo posto nel Quinto Cerchio dei dannati.”

 

“Ed è questo il suo destino? Non è possibile salvarla? Non posso pensare di essere morto per niente!”

 

“No la via è segnata, ma la collera della Dea-Madre si farà sentire. La Sua ira si riverserà, tremenda, sull’inferno, fino a scuoterlo nei fondamenti, la Nera Signora sarà ridotta ad essere poco più di una strega cattiva e pochi saranno i dannati e gli Angeli Oscuri che sfuggiranno alla distruzione eterna, e sicuramente Jereth sopporterà tutto il peso della vendetta Divina, sarà la prima ad essere distrutta, ma la sua distruzione sarà lenta e dolorosa, espierà a lungo i suoi misfatti! ”

 

 Ero distrutto, oramai il mondo dei vivi non presentava più interesse per me, il mio amore era morto, le mie speranze svanite tutte, andavo ad incontrare la Grande Dea

 

La mano di Kyra strinse la mia e ci avviammo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 23

 

SEMPRE HELK

 

Proseguendo il cammino, mi accorsi con stupore che, Kyra cambiava aspetto era diventata un essere immateriale, fatto di sola energia luminosa che indossava un lungo mantello di luce che scendeva fino al suolo, se di suolo si poteva parlare, visto le circostanze ed il luogo.

 

Giungemmo in un luogo che sembrava una grande piazza, non se ne vedeva i confini, era gremita di Angeli Fiammeggianti e di Anime di Luce, tutti rivolti verso il trono dove era seduta la Grande Dea, la Dea Madre di tutto quanto esiste nell’universo, Guardiana della Vita e Padrona del destino di tutti gli esseri, mortali ed immortali, e di tutte le cose.

 

L’essere di Luce, mi disse “Inginocchiati, Helk dei Kanakis, e china la testa, ora ascolterai il giudizio della Divinità.”

 

Non dovetti fare alcun sforzo per inginocchiarmi, le gambe non mi reggevano più, fu quasi un sollievo inginocchiarmi.

 

Poi udì la voce della Grande Dea, risuonava nella mia testa come il rombo del tuono.

 

“Helk dei Kanakis! Cosa sei venuto a fare qui? Arrivando prima del tempo stabilito fin dalle origini! Bada! Non il tempo concessoti, ma quello stabilito! Capisci la differenza? Non hai la facoltà di modificare il corso degli eventi, e da tempo sei molto impegnato a portare modifiche a tutto! Cosa puoi dire per la tua difesa? Avanti! Parla te lo ordinò!”

 

Non sapevo cosa rispondere a quei rimproveri ed a quella accuse, ero sommerso dall’angoscia e dal timore del giudizio finale.

 

Visto che non rispondevo, la Divinità riprese a parlare.

 

“Helk dei Kanakis, quando la smetterai di fuggire? Sei fuggito da Tyrsis, lasciando la corona nelle mani di tuo figlio Ulk, il quale non era ancora pronto ad assumere il peso del potere, e solo il mio aiuto, e la presenza di consiglieri fidati, ha impedito che questo procurasse gravi danni al Regno delle Dodici Città. E questo perché? Soltanto perché hai anteposto i tuoi sentimenti personali al tuo dovere di Re, che era di aver cura del benessere dei tuoi sudditi! Ti ho lasciato agire, ho permesso a Kyra di consigliarti e di aiutarti nei momenti difficili, solo perché le conseguenze delle tua azioni sono stata annullate, di fatto tuo figlio si dimostra un buon Re, migliore di quello che eri tu dopo che Kyra aveva lasciato il suo corpo mortale!”

 

Non osavo neanche alzare gli occhi dalla vergogna, tutti i rimproveri della Dea erano giusti, avevo sbagliato sottraendomi ai miei doveri verso il popolo del Regno delle Dodici Città.

 

“Ed ora” riprese la Dea “Parliamo della tua seconda fuga, quella più grave, perché modifica il corso degli eventi ed ha conseguenze gravi, non solo per te, ma anche per  Clary ed il popolo di Betunia.”

Questa era un accusa che non capivo, osai alzare il viso per rispondere.

 

“Ma quali conseguenze per Clary e per i Betuniani? Io sono morto e Clary è viva e libera, era quello che voleva, oppure no? ha preteso quel duello, e tu sai che non volevo combattere, volevo sparire dalla sua vita senza fare drammi e…”

 

“Taci! Come osi parlare? Ascolta invece e, forse capirai i tuoi errori, conoscerai i tuoi sbagli, e le tue colpe! Io ho voluto che Clary ti sfidasse, e tu dovevi ucciderla, solo tu potevi farlo! Ma come al solito hai messo i tuoi sentimenti al primo posto! Non l’hai uccisa per amore, benché avresti potuto farlo diverse volte! Ed ancora ora sei convinto di aver così dimostrato il tuo amore per quella povera donna! Invece risparmiando la sua vita, sacrificando la tua, l’hai consegnata nelle grinfie dell’inferno, e tutti i Betuniani ne subiranno le conseguenze!”

 

Già, lo sapevo! Quel demone di nome ……. mi fermai, non osando neanche pnsare quel nome.

 

La Divinità parve calmarsi, sentì come una carezza sul capo e la voce si fece gentile.

 

“Helk! Figlio mio, perché per me, sei come un figlio, sei nato dalla mia favorita ed ho scelto io tuo nome, ora ascolterai il mio giudizio. Le tue ferite si riapriranno, sarai riportato nel mondo dei mortali e vi rimarrai fino a quando non avrai esaurito il tempo che ti è stato destinato. Ma lo farai senza ricordi, non saprai ne chi sei ne perché ti tolgo la memoria. Vedremo se sarai capace di affrontare la vita senza fuggire ancora! Ora vai!”

 

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Ripresi conoscenza su di una spiaggia, indosavo soltanto un paio di braghe di cuoio, soffrivo per le ferite, al torace, ai fianchi ed alle spalle che, lentamente si stavano cicatrizzando.

 

Vicino a me, c’erano una grande spada, un pugnale ed un borsa piena d’oro e d’argento.

 

Con angoscia mi resi conto di non sapere dove mi trovavo e di on ricordare il mio nome, ero un uomo perduto, senza passato, senza niente…in balia ai capricci degli eventi.

 

Superato lo sgomento, mi alzai, raccolsi le armi ed il denaro e mi misi in marcia veso il futuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo 24

 

CLARY

 

Tanto tempo era passato dall'ultima volta che la voce di Kyra mi era giunta all'orecchio...ed anche quella notte venne, nel freddo del mio giaciglio.

 

"Clary... Clary... svegliati!"

 

Mi alzai boccheggiando dalla sorpresa, una luce sopra il mio capo e quella dolce voce.

 

"Kyra, ma perchè sei quì?"

 

Un attimo fu silenzio: "Egli è tornato, pensavo fosse carino dirtelo..."

 

"Lui?"

 

“Sì, lui!”

 

"Helk? Helk è quì? Dove, ti prego dimmi... dove!!!!???"

 

"Cara piccola La Dea Madre l'ha risparmiato e rimandanto tra i vivi ma di te non ha ricordi e neppure di se stesso!"

 

"Non sai dove posso trovarlo? Per favore Kyra!"

 

"Non so dove, questo non mi è concesso sapere e riferire, volevo solo placare la tua angoscia, so che vivi con la consapevolezza di aver ucciso tuo marito e non riesci ad amare altro uomo... il tuo cuore è bloccato piccolina?"

 

Alzai il volto ed una lacrima scese... lei era quello che ancora mi legava al mio marito, l'ultima cosa che forse avrei visto l'ultima volta...

 

"No Kyra, non ho più un cuore adatto per amare nessuno! Nessuno! Io amo la mia libertà e per questa ho perso ogni cosa a cui tenevo... non ho più cuore per amare nessuno"

 

Lei rimase in silenzio, ma la luce favillava sopra al mio capo ancora...

 

"Clary, so che quanto dici è vero... chi mai ti potrà capire nel tuo dolore ed abbattere le tue difese? Chi mai si addentrerà in questa foresta di spine fatta di silenzio e gelo? Il tuo cuore è tale.... chi mai sarà tanto pazzo o sciocco?? Forse è vero che hai perduto il cuore ma sappi che egli è tornato e forse lo riscorgerai. Addio mia piccola e non soffrire troppo della tua solitudine"

 

"Non ne soffro"

 

Mi parve una risata la sua ma non ne sono sicura.

 

"Addio, addio"

 

E scomparve.

Fine

   

 

Helk dei Kanakis