BrightBlade
Paladino

 

Il giovane BrightBlade nacque nell’Isola Bianca, l’isola più lontana alla grande città di Atlantide, nella notte di mezzo inverno. Per questa ragione, fu immediatamente tolto ai suoi genitori e portato al grande Tempio dei Paladini, dove tutti i nati in quella particolare notte, in cui la luna piena illumina il Faro di Atlantide facendolo risplendere come una lama di luce, vengono portati. BrightBlade crebbe assieme ai suoi confratelli, dimostrando subito una grande predisposizione per le magie benefiche che solo i Paladini di Atlantide sanno compiere. Come i suoi allievi, fu iniziato alla Via dell’Onore, anche se questo rischiò di costargli molto caro…

In uno dei suoi viaggi preparatori, infatti, la sua vita fu messa in grave pericolo. Si trovava allora nel Continente Orientale, molto lontano dalla sua terra natia. Faceva un caldo tremendo, il sole malato, oscurato da nubi di zanzare, sembrava accanirsi particolarmente contro la sacra armatura del Paladino, che poteva proteggerlo da molte cose, ma non dal caldo infernale delle Paludi Infuocate. Era nel sentiero che attraversava la palude da quasi tre ore, quando un gruppo di banditi lo aggredì. Erano bene armati, specialmente il loro capo, che indossava un’armatura a scaglie di ottima qualità. BrightBlade non era però avvezzo ad arrendersi. Non lo aveva mai fatto, e sarebbe morto cento volte piuttosto che farlo. Fece il saluto, sguainò la sua sacra lama e si preparò a combattere. I banditi lo assalirono da ogni lato. Egli roteò la spada, colpendo di piatto uno dei banditi. Un crack sordo annunciò che una o due ossa del braccio destro del bandito erano andate in pezzi. L’altro bandito menò un fendente sulla spalla del Paladino, ma la sua spada si frantumò al solo tocco con l’armatura benedetta dal Gran Veggente di Atlantide. Gli altri due banditi andarono all’assalto. Uno era armato di una spada ricurva, l’altro aveva una lunga lancia, e fu proprio di lui che BrightBlade si preoccupò per primo. Attese a piè fermo la carica dell’altro e poi, quando la punta della lancia stava ormai per colpirlo, con un colpo di traverso mozzò l’arma a pochi centimetri dalle mani del bandito. Fu troppo per quella marmaglia: l’altro bandito gettò a terra la spada e si diede alla fuga. Solo allora BrightBlade si ricordò del capo, quello con l’armatura a scaglie. Lo squadrò attentamente. Sembrava un guerriero molto esperto. Il Paladino avrebbe voluto fissare negli occhi il suo avversario, ma il volto era coperto dalla celata di un elmo con ali di drago. All’improvviso il bandito balzò all’attacco. Con un salto sovrumano fu alle spalle di BrightBlade, che quasi non si era reso conto dell’accaduto, e menò un affondo diretto alla schiena del Paladino. Ma quest’ultimo era ben restio a farsi battere prima di aver detto la sua, e ruotando su se stesso intercettò l’affondo con la sua lama. I due combattenti cominciarono a lanciarsi attacchi, a fare finte, in un turbinio di sabbia e lame. Il bandito era nettamente più veloce di BrightBlade nell’attaccare, ma ogni suo colpo veniva intercettato dalla lama del Paladino, che sembrava avere una difesa impenetrabile e non si muoveva di un centimetro dalla sua posizione. E dopo un po’ il bandito cominciò a stancarsi: si era mosso il triplo di BrightBlade che, come il Codice Tattico prevedeva, si era limitato a parare ogni colpo senza spendere troppe energie. Il bandito tentò un altro affondo, e BrightBlade decise di agire. Scattò all’indietro, facendo sbilanciare in avanti l’avversario, e poi menò un poderoso fendente verso l’alto. Il bandito tentò di saltare all’indietro, e vi riuscì per un soffio: ma l’elmo fu preso in pieno e saltò via dalla testa del bandito volando nelle paludi. BrightBlade levò la spada per finire il suo avversario, ma si bloccò a mezz’aria. Sotto di lui non giaceva un comune malandrino, un ladro, ma una donna. I suoi occhi lo guardavano pieni di un misto tra odio e terrore. BrightBlade rinfoderò la spada, e tese una mano alla guerriera. Non avrebbe mai colpito una donna. Il suo Codice d’Onore lo prevedeva. Lei approfittò immediatamente. Aggrappandosi con la sinistra alla mano guantata del Paladino, estrasse con la destra un pugnale, e levò il braccio per colpire a morte il suo nemico. Si udì un sibilo, e anche il braccio armato della donna si fermò all’istante. I suoi occhi si sgranarono, poi un fiotto di sangue uscì dalla sua bocca, e la donna crollò a terra morta, con una freccia ben piantata nella schiena. Uno strano essere emerse dalla foresta intorno, e avanzò nella sabbia. BrightBlade si chinò sulla donna, chiudendole gli occhi. Poi si volse ad affrontare il nuovo venuto. “Perché l'hai uccisa?” disse. L’altro sorrise. “Volevi forse lasciarci la pelle, amico?” rispose. Aveva sembianze umane, ma aveva le orecchie a punta e in più arrivava al massimo alla cinta del Paladino. “Ero pronto a quel colpo, lo avrei fermato” disse BrightBlade. “Certo, e io sono un nano” disse ridendo l’altro. Ovviamente, era un halfling. “Qual è il tuo nome, ingenuo paladino?” chiese divertito l’halfling. “BrightBlade. E il vostro, messere arciere?” “Deeven B. Flashfight, signore. Ed ora, se volete scusarmi, devo andare”. L’halfling sparì alla vista del Paladino in un batter d’occhio. BrightBlade non contò nemmeno quanti denari erano spariti dal suo borsellino. Il denaro per lui non contava, e sapeva bene che gli halfling sono i migliori ladri del mondo.

BrightBlade dunque sopravvisse. Sapeva bene di dovere la vita all’halfling. Si era ovviamente aspettato quel genere di attacco, ma non lo avrebbe parato. Qualcosa in lui gli aveva impedito di levare la mano. Ed ora il cadavere di quella donna giaceva ai suoi piedi. Scavò una tomba per lei, e proseguì.

Passarono gli anni, BrightBlade divenne ormai pronto per lasciare il Tempio dei Paladini e recarsi ovunque ci fosse stato bisogno di lui. Diede l’addio al suo maestro e alla sua isola e, con la benedizione del Gran Veggente, si imbarcò nella zattera e salpò. Il rituale di partenza prevede che il Paladino salga su una zattera e vi rimanga in meditazione, senza bere ne mangiare, fino a quando il mare non avesse deciso di scaricarlo da qualche parte. Il viaggio di BrightBlade durò due mesi. Egli meditò e pregò. Il suo corpo soffriva per la fame, ma lo spirito del Paladino era saldo e non se ne preoccupava. Accadde quindi che il mare decise di mettere alla prova il giovane, e scatenò una tempesta. Le onde si alzavano per centinaia di metri, la tempesta fu una delle più grandi che si fossero mai viste. Più e più volte la zattera di BrightBlade si ribaltò, non si ruppe solo grazie alla benedizione del Gran Veggente. BrightBlade si limitò ad aggrapparsi alle tavole e pregare. E fu così che, alla fine, il mare decise che il Paladino era pronto, e inviò la sua creatura. BrightBlade percepì l’arrivo del mostro, come un tremito nel suo stesso essere lo avvertì del pericolo. Con calma si levò in piedi, sguainò la spada. E dalle onde emerse il mostro. Era un drago enorme, blu e verde. Un drago degli abissi in tutta la sua potenza. Il suo corpo era ricoperto di squame e alghe, i suoi occhi sembravano pietre ardenti. Il drago si avventò sul Paladino. Il combattimento che si svolse allora fu titanico. Inspiegabilmente, BrightBlade sentiva in lui una nuova forza, una forza che gli permetteva di tenere a bada il drago. E la creatura riconobbe la sua sconfitta, e si ritirò nell’antro dalla quale era giunta. Allora il giovane vide la costa, e giunse nella punta più a sud del Continente Centrale.

Trovò un mondo di sofferenze atroci, e pensò di fermarsi lì a lasciare che le sue abilità magiche portassero beneficio tra quella povera gente. Ma, con il passare dei giorni, sentì crescere nel suo cuore una specie di chiamata, una voce che gli diceva di andare a nord. Poi giunse la notizia del disastro di Atlantide. Il Gran Veggente era morto, e il suo successore si era rivelato essere un malvagio tiranno. Aveva ucciso il Re, instaurato un regno di angoscia e terrore, e, nel culmine della sua arroganza, aveva sfidato il mare. E il mare aveva accettato la sfida. I draghi degli abissi scagliarono onde su onde nell’isola di Atlantide, e alla fine il malvagio sprofondò assieme all’intera isola. Pochi si salvarono, e molti innocenti perirono. La stirpe degli atlantici fu sul punto di estinguersi, solo pochi raminghi e Paladini si salvarono, perché non si trovavano sull’isola al momento del disastro. BrightBlade fu duramente colpito dalla disgrazia. Per trenta giorni si rinchiuse a pregare per i suoi fratelli, come richiedeva il Codice. E poi accadde l’avvenimento che lo avrebbe fatto partire per il Nord.

Il villaggio in cui si trovava allora era devastato dalla peste, e nonostante le sue abilità il Paladino era riuscito a salvare solo tre persone. Giunse allora in quella città un Paladino. Non era di Atlantide, eppure osservava lo stesso codice d’onore di BrightBlade. Lo straniero restò solo pochi giorni, e non ebbe alcuna occasione di parlare con BrightBlade. Quest’ultimo però aveva visto lo stemma nello scudo del Paladino: un drago blu. Alla sola visione di quel simbolo, il cuore gli si era infiammato, e BrightBlade aveva deciso di partire verso Nord, alla ricerca del drago blu. Fece i suoi bagagli, benedisse ogni cittadino contro le malattie, e partì.

Cavalcò giorni e notti, nella pioggia e nel sole, con un solo desiderio: trovare il drago blu. Uno di quei lunghi giorni, giunse in un villaggio. Era stanco, aveva bisogno di cibo e di un giaciglio, così entrò nella locanda del paese. E andò a sbattere contro qualcosa che non aveva visto, qualcosa che lo fece crollare a terra. BrightBlade si rialzò, e si voltò a vedere dove fosse inciampato. Un halfling lo stava fissando con aria divertita. “Ancora voi, Paladino?” “Ma voi siete quel… Flashfight!” esclamò BrightBlade, che aveva una memoria d’acciaio. “E voi siete BrightBlade, il Paladino ingenuo! Cosa avete imparato da allora?” “Ne ho viste, Flashfight, ma piuttosto… credo che voi mi dobbiate dei soldi”. L’halfling guardò con intensità gli occhi del Paladino. “Avete ragione, tenete. Sapete, ho intrapreso una nuova via. Sono alla ricerca di Blue Dragon”. “Chi è Blue Dragon?” chiese il Paladino. “E’ un grande re, ser Paladino. Il suo emblema è un drago blu”. BrightBlade sgranò gli occhi. “Anche voi lo cercate?” “Ebbene sì, ser BrightBlade. Ora, se volete scusarmi, devo partire. Non abbiate fretta: dicono che il Sommo Blue Dragon non ami i frettolosi. Addio, ser”. E con questo, l’halfling passò a fianco a BrightBlade e fece per uscire. “Sbaglio o mi dovevate dei soldi?” chiese sorridendo il Paladino. L’halfling si voltò. “Avete ragione. Tenete”. “Sono ventinove, messer ladro, ma il solo fatto che mi abbiate restituito qualcosa mi riempie di stupore. Riprendete i vostri soldi, messer Flashfight, a voi servono molto più che a me”. E così si concluse il secondo incontro tra il Paladino e il ladro.

BrightBlade proseguì per la sua strada, sempre diretto a nord. Ma andare a nord voleva dire anche attraversare le terre del Re Guerriero. Voci sulla sua crudeltà erano giunte perfino al Tempio dei Paladini su Atlantide. E tuttavia, il Paladino non esitò a varcare il confine. Immediatamente, le verdi distese d’erba si trasformarono in brulle desolazioni, costellate di rovine e di morte. Ma il peggio doveva ancora venire. BrightBlade giunse infatti ad un villaggio in rovina, che aveva un’aria più desolata degli altri. Solo la sua ferrea volontà gli impedì di non vomitare. Morti, morti ovunque. Inchiodati alle porte. Avanzò coprendosi il naso con il guanto. Tutto puzzava di morte lì. Nella piazza principale c’era una forca. Gli occhi vuoti del giustiziato fissarono qualcosa al di là di BrightBlade. Il Paladino non resistette più. Cominciò a correre, più veloce che poteva. Così veloce che quasi non vide quella figura rannicchiata sotto una trave. Il Paladino tornò sui suoi passi. La figura si ritirò da lui, anche se non aveva dove fuggire. “Non avere paura, non voglio farti del male” disse piano BrightBlade. “Lo hanno detto anche loro” disse l’altro. “Loro chi?” “I soldati del Re Guerriero. Hanno ucciso tutti! Tutti! TUTTI!”. “Perché? Perché vi hanno attaccato?” “Ci vogliono tutti morti! Abbiamo protetto un ribelle. Ma loro lo hanno scoperto. Hanno impiccato il ribelle, e poi hanno cominciato ad ucciderci tutti! Prima i bambini, sotto gli occhi delle madri, poi le donne, sotto gli occhi dei mariti, e infine gli uomini stessi!”. La figura (doveva essere un ragazzo) tremava convulsamente. BrightBlade si sciolse il mantello, e lo gettò addosso al giovane. “Non temere. Ora che sono qui, il Re Guerriero non potrà farti nulla”. “No… i suoi assassini sono ovunque. Gregor, il macellaio, era uno di loro! E’ qua in giro…”. Il ragazzo non fece nemmeno in tempo a finire, che si udì il sibilo di una freccia. Il dardo avvelenato si conficcò in profondità nella spalla di BrightBlade. Il Paladino emise un gemito sommesso, e si voltò. Un uomo (Gregor, presumibilmente) lo fissava crudelmente. Aveva in mano una balestra carica. “Muori, guerriero!” grugnì Gregor, e lasciò andare un secondo dardo. Ma Gregor non sapeva che BrightBlade non era un guerriero, ma un Paladino. E questa volta la benedizione divina protesse il Paladino. La freccia si schiantò sulla barriera magica. “Ah, uno sporco Paladino, eh? Bene. Ti finirò a fil di spada”. Il “macellaio” sguainò la sua spada. BrightBlade afferrò la freccia e se ne sbarazzò, per poi sguainare la spada. Gregor si lanciò all’assalto. Il Paladino lo attese, e all’ultimo momento menò un fendente netto, preciso. Gregor fu decapitato. Dopo tutto, era un macellaio.

Il giovane era fuggito. BrightBlade lo cercò per tutto il villaggio, senza trovarlo. E, infine, a malincuore, ripartì. Si diresse direttamente verso il castello del Re Guerriero, distruggendo ogni militare che cercava di ostacolarlo. I suoi occhi brillavano di una cieca determinazione. Infine giunse al castello. Il Re Guerriero lo attendeva. “E così tu saresti il famigerato Paladino”. BrightBlade non batté ciglio. “Ho bisogno di uomini come te. Arruolati. Avrai doppia paga e molti privilegi. Sono disposto a dimenticare tutto ciò che hai fatto”. “Evidentemente, Re Guerriero, non conosci i Paladini. Scendi e affrontami, da uomo a uomo, invece di lanciare proposte dall’alto del tuo castello”. “E perché dovrei scendere?” chiese divertito il re. “Perché altrimenti salgo io” disse asciutto BrightBlade. “E allora vieni, se ti riesce!” esclamò il Re Guerriero, e si ritirò dagli spalti. Il Paladino sguainò la spada. Le porte del castello erano davanti a lui. Sentì chiudere i portoni dall’interno, e cominciarono a piovere frecce. La sua aura protettiva le schivava, ma sottraeva energia dal suo corpo. Noncurante del fatto, BrightBlade colpì con la spada il portone. L’ingresso stesso tremò sotto il colpo, numerose scintille si levarono dalla spada. La porta resse. Il Paladino colpì un’altra volta. Ancora più violentemente. La sicura si spezzò, e i soldati esterrefatti smisero di tirare. BrightBlade levò nuovamente la spada, e la calò sul portone. Ci fu un’esplosione di legno, e il Paladino irruppe. La guardia del castello si gettò su di lui. Con un solo fendente, BrightBlade ne stordì tre. Gli altri lo colpirono in più punti, ma la sua sacra armatura lo protesse dalla maggior parte dei danni. Menò nuovi fendenti, badando a non uccidere chi colpiva. In breve, si fu sbarazzato della guardia. Dall’alto del mastio, il Re Guerriero sogghignava. BrightBlade sfondò la porta, e cominciò a salire. Un mare di soldati si riversò su di lui. Il Paladino ruzzolò giù fino in fondo alle scale, ma si rialzò con un balzo, evitando il fendente che lo avrebbe decapitato. Uccise il soldato (fu costretto a farlo) e ricominciò a salire le scale. Subito i soldati cercarono nuovamente di farlo cadere, con una valanga di colpi. Ma non vi riuscivano. BrightBlade fendette il mare di soldati come una nave, a colpi di spada e di scudo si fece largo tra i soldati. Ricevette moltissimi colpi, uno dei quali lo ferì al petto, ma continuò. Finalmente, l’ultimo soldato crollò a terra, tramortito. BrightBlade spalancò la botola, e schivò per un pelo il colpo di martello del Re Guerriero. Riuscì in qualche modo a salire oltre la botola, e fronteggiò il suo avversario. Era ferito, il sangue gli accecava la vista, ma la sua fede era ancora salda. Si lanciò all’attacco. Il Re Guerriero schivò con facilità i suoi colpi. Andò all’attacco, e BrightBlade parò con lo scudo. Il suo braccio si spezzò nell’impatto con il potente martello da guerra. Ma il Paladino non emise un suono. Approfittando del momento, tentò un colpo laterale, e colpì al braccio il re. Uno zampillo di sangue confermò che aveva colpito. Il suo avversario urlò di rabbia, e avanzò sventolando la sua micidiale arma molto vicino al Paladino. I due si affrontarono per lunghi minuti sul tetto del torrione. Improvvisamente BrightBlade inciampò sulla botola, e cadde. Il martello da guerra lo prese in pieno petto. Il Paladino non vide più niente, ma percepì il nemico sopra di lui, e levò la spada. Un fiotto di liquido caldo gli si versò in faccia, rischiando di soffocarlo, poi udì il rumore del corpo del Re Guerriero che crollava a terra. E poi svenne. Quando si riprese, due settimane dopo, si trovò in un letto. Le sue ferite erano state medicate, e un volto che aveva qualcosa di familiare lo fissava. “Oh no… ancora tu” sospirò BrightBlade. “A quanto pare è bene che tu abbia sempre un halfling che ti segua…” disse Deeven B. Flashfight.

Una settimana dopo, BrightBlade era completamente ristabilito, e disse addio all’halfling per la terza volta. “Mi auguro sinceramente di non vederti mai più, messer Flashfight, visto che ogni volta che ci incontriamo me la vedo sempre brutta” disse scherzando il Paladino. I due si lasciarono, e l’halfling decise di non seguire più il Paladino. Aveva visto, nel duello contro il Re Guerriero, che la sua abilità era notevolmente migliorata.

Il viaggio di BrightBlade durò altri sette lunghi anni, in cui lottò per liberare i villaggi da banditi e malattie. Una mattina, era il 23 marzo di quell’anno, BrightBlade raggiunse la cima di una collina. E un immenso castello si parò ai suoi occhi. In ogni torre sventolava l’emblema del drago blu. Ce l’aveva fatta. Aveva raggiunto il Regno di Blue Dragon.

E, stranamente, gli venne da pensare: “in fondo, il traguardo non è alla fine del viaggio, ma sta nel viaggio stesso”.

Si avviò a grandi passi verso le porte del castello.

 

I PALADINI DI ATLANTIDE

Premessa:
Tutto ciò che state per leggere è puro frutto della mente pazzoide del Vassallo chiamato BrightBlade. Non esiste alcun documento che accenni alle vicende e ai fatti qui descritti, che sono, come già detto, opera dell’autore.

Breve storia:
Fin dalla loro creazione, avvenuta in una data talmente antica da perdersi nelle nebbie dei tempi, i Paladini di Atlantide hanno sempre lottato per la difesa della loro terra natia.

Nati come ordine di volontari durante la Prima Invasione, quando i barbari che un giorno sarebbero divenuti i Norsmanni navigavano ancora con navi primitive, spinte solo dalla forza dei remi e delle braccia che li spingevano. In quell’occasione, i Norsmanni furono respinti, ma i Paladini non compirono grandi gesta, poiché i comandanti decisero di tenerli in riserva, preferendo a loro i potenti incantesimi dei maghi di Atlantide. Su questi ultimi non si sa molto, conosciamo solo che scomparvero al tempo della Seconda Invasione, quando per la prima volta gli abitanti dell’isola si macchiarono del peccato dell’orgoglio. L’allora sovrano di Atlantide, Jadhai’kun, scelse per la prima volta di schierare in prima linea proprio i Paladini di Atlantide, che erano diventati un ordine stabile di combattenti, praticamente l’esercito regolare di Atlantide. I Maghi di Atlantide furono indignati dalla scelta di Jadhai’kun, e decisero di agire di propria iniziativa. Essi si riunirono nel loro palazzo sull’isola chiamata Lancia delle Stelle, per via della sua forma e del fatto che le stelle si riflettessero sui suoi numerosissimi laghi. Nessuno sa cosa successe, tuttavia l’isola fu scossa da un violentissimo terremoto, forse provocato dalle spaventose forze magiche evocate dai Maghi. Il Palazzo dei Maghi implose, e nessuno sopravvisse. Qualcuno parlò di mostri marini, ma la verità è che i Maghi, nei loro rituali, fecero qualcosa che non avrebbero dovuto fare: sfidarono la potenza degli dei di Atlantide, per ottenerne il potere. E gli dei di Atlantide furono misericordiosi, e gli diedero una morte rapida. Privata delle sue difese magiche, l’isola si salvò soltanto grazie al valore dei Paladini di Atlantide, che ricacciarono le flotte Norsmanne, giunte per la seconda volta ai lidi di Atlantide, in mare.

Dopo la Seconda Invasione, avendo perso ormai irrimediabilmente le proprie difese magiche, Atlantide strinse un patto con il popolo dei Tritoni: gli uni si impegnavano a difendere Atlantide da qualsiasi invasione nemica, gli altri facevano solenne giuramento di non infastidire più il popolo corallino. Lunghi anni trascorsero nella quiete. Furono anni di pace, è vero, ma di pace sofferta, perché ognuno temeva una nuova invasione. Ben presto gli Astrologi di corte previdero nuove guerre, e cupamente gli Atlantidi si armarono. Durante tutti quegli anni, i Paladini di Atlantide erano cresciuti di numero e di forza, e costituivano ormai una falange insuperabile.

Quando, una mattina del marzo dell’anno 2254 del calendario di Atlantide, che equivale a circa duemila anni dalla data attuale, vele Norsmanne comparvero all’orizzonte. I Barbari avevano eluso la sorveglianza dei tritoni, e sciamarono nell’isola. Tuttavia essi si aspettarono di dover combattere contro pochi uomini male addestrati, mentre affrontarono i Paladini di Atlantide all’apice della loro potenza. L’unica battaglia si svolse nelle spiagge ad est dalla Capitale: i Norsmanni furono massacrati mentre sbarcavano, e nessuna delle loro navi tornò in patria.

Tuttavia in guerra non ci sono né vincitori né vinti, e come tale schiacciante vittoria fu motivo di dolore per gli Atlantidi lo stiamo per vedere.

Dopo quella vittoria infatti il popolo dell’isola si sentiva molto sicuro, e il peccato dell’Orgoglio, sempre in agguato in quel popolo, dilagò a macchia d’oro. Ben presto i pescatori di Atlantide, ignorando i decreti del Re, tornarono a cacciare i Tritoni, e molti di questi morirono nelle loro reti uncinate. La reazione del popolo corallino fu immediata: semplicemente dal mare emersero migliaia di Tritoni, che si scagliarono contro l’isola. Impiegherei pagine e pagine per descrivere gli atti eroici di entrambe le parti, e libri interi per trascrivere gli orrori che si vissero in quella atroce guerra. Ma questa è, come da titolo, una “breve storia”, e sorvolerò quindi su quei terribili eventi. Basti sapere che gli Atlantidi vinsero la guerra, ma ad un terribile prezzo. Al conflitto sopravvissero centoundici Paladini, e la metà della popolazione fu uccisa. Per quanto riguarda i Tritoni, il bilancio fu apocalittico: proprio a causa di quella guerra, la Terza Invasione, la loro razza si estinse del tutto, nell’arco dei cinque seguenti anni.

Atlantide era ridotta ad un cumulo di macerie, la stessa Capitale era stata rasa al suolo dai Tritoni, e l’isola era più che mai esposta alle invasioni. Tuttavia ancora una volta gli Dei di Atlantide vollero perdonare il loro popolo, e protessero l’isola da ulteriori attacchi. La storia dei seguenti mille anni può essere riassunta in un’unica parola: ricostruzione. Tanto infatti impiegarono gli Atlantidi per tornare al loro antico splendore. I Paladini di Atlantide divennero un’élite di guerrieri e non più l’unica forza armata, e furono affiancati dall’Armata delle Stelle, che con il tempo divenne l’esercito regolare dell’isola. Vi furono altre due invasioni, chiamate la Quarta e la Quinta Invasione, verificatesi rispettivamente nel 1879 e nel 1298, ma in entrambe gli Atlantidi trionfarono, grazie anche ai loro nuovi alleati: i Leviatani.

Con la Quinta Invasione (una tremenda sconfitta inflitta alla flotta orchesca di Nazband lo Spezzamenti) ebbero fine le minacce esterne di Atlantide: in tutto il restante Vecchio Mondo, come pure nella Lustria e ad Ulthuan, giunsero leggende di un’isola invincibile sita ai confini del Mondo, ad Est. Si narra anche che un grande navigatore Elfo riuscì, con la sua nave, a raggiungere Atlantide, e che divenne il Re di quell’isola, e probabilmente una parte della storia è verità, visto che la maggior parte degli edifici dell’Atlantide ricostruita assunsero fattezze elfiche. Sta di fatto che, nell’anno 1000, Atlantide conobbe una nuova minaccia: quella interna. Il Comandante Supremo dell’Armata delle Stelle si ribellò all’autorità del Re di Atlantide, che allora era Ymoth’kun. La guerra civile che ne scaturì fu terrificante, gli Atlantidi rivissero le terribili stragi della Terza Invasione. Infine Raknagh, il capo dei ribelli, chiese agli dei il potere di detronizzare Ymoth’kun, e ottenne l’alleanza di tre dei quattro Leviatani che sorvegliavano l’isola. Allora gli Dei di Atlantide non tollerarono oltre l’arroganza di Raknagh: i tre Leviatani ribelli furono folgorati, ed essi scagliarono sul Comandante Supremo dell’Armata delle Stelle la terribile Meteora. Ma essi non conoscevano la potenza di Raknagh, che in realtà era la reincarnazione del più potente Mago di Atlantide mai vissuto. Egli deviò con facilità la Meteora contro l’isola. E, come tutti sanno, Atlantide sprofondò negli abissi.

Tutti i Paladini di Atlantide, che erano rimpatriati per combattere la nuova minaccia, morirono nel cataclisma, e lo stesso Raknagh non riuscì a fuggire, poiché i Leviatani traditori erano stati folgorati dagli Dei. Fu così che i Paladini di Atlantide persero la possibilità di continuare ad esistere, poiché il Gran Maestro non aveva fatto in tempo a nominare il suo successore. Tuttavia le loro regole e i loro costumi sopravvivono nella figura di BrightBlade, l’ultimo dei Paladini di Atlantide. Egli, pur essendo Paladino, avendo scelto la Via del Ramingo non può assumere il titolo di Gran Maestro, e, di conseguenza, non ha il potere di avere discepoli e di tramandare la virtù dei Paladini di Atlantide. Quando gli Dei di Atlantide gli concederanno di riposare in eterno, l’Ordine sarà definitivamente scomparso.

Ma, fino a quel momento, la stella dei Paladini continuerà a brillare, fulgida nelle tenebre.

La fine degli Atlantidi non fu vana, poiché, conoscendo la loro punizione, gli altri popoli del pianeta evitarono di peccare di arroganza e di orgoglio contro i propri Dei.

L’organizzazione dell’Ordine:
L’ordine dei Paladini di Atlantide è organizzato secondo i canoni di un esercito regolamentare: si sale di grado dimostrando il proprio valore in battaglia. Una volta raggiunto il titolo di Paladino, il guerriero deve scegliere a quale Via dedicarsi: Solo la Via del Maestro e la Via dell’Eremita gli consentiranno di diventare Gran Maestro dell’Ordine. E proprio per questo, e non deve stupirvi, queste due vie sono intraprese da pochi, poiché essere Gran Maestro dell’ordine è un fardello cui pochi osano sottoporsi. Come se ciò non bastasse, c’è anche il vincolo che il Gran Maestro deve essere nativo dell’Isola di Atlantide, quindi Paladini come BrightBlade, che provengono dall’arcipelago e non dalla vera e propria isola, scelgono quasi sempre le altre due Vie, quella del Ramingo e quella del Guerriero.

Ecco una semplice tabella, esplicativa dei gradi e dei titoli a cui si può aspirare:

Grado:

Accolito

Iniziato

Fratello

Fratello Superiore

Adepto

Aspirante

Paladino

(a questo punto il Paladino sceglie una delle quattro Vie)

 

Via del Guerriero

Via del Ramingo

Via dell’Eremita

Via del Maestro

Combattente

Viaggiatore

Viandante

Apprendista

Armigero

Guida

Studioso

Apprendista Superiore

Spadaccino

Esploratore

Filosofo

Insegnante

Scudiero

Ranger

Saggio

Ricercatore

Guerriero

Ramingo

Eremita

Maestro

GRAN MAESTRO dell’Ordine

 

Come si può vedere, solo coloro che scelgono la Via dell’Eremita o la Via del Maestro possono aspirare a divenire Gran Maestro dell’Ordine.

 

Grazie alla sua tenacia ed alla sua devozione, Blue Dragon ha conferito a BrightBlade i seguenti meriti:

- Premio al valore dimostrato in una specifica occasione

- Premio al valore dimostrato in ripetute missioni