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Dante: svelate le profezie segrete

 





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Tutti gli studiosi concordano sul fatto che la Divina Commedia sia un'opera disumana, troppo perfetta per essere stata fatta da mano d'uomo, al punto che molti credono fermamente che Dante Alighieri abbia visitato realmente i luoghi che ha descritto. Sono state avanzate ipotesi che Dante abbia ricevuto un'illuminazione divina, che quest'opera sia dunque ispirata da Dio, come avvenne per gli antichi Profeti. Se tutto questo fosse vero, allora Dante potrebbe essere considerato l'ultimo Profeta; tantopiù che nella sua opera, egli ha effettivamente scritto tre grandi profezie, tutte riguardanti la fine dei tempi...

3 Grandi misteriose profezie contenute nella Divina Commedia: quella del "Veltro" di Inferno I, quella del "Cinquecento dieci e cinque" di Purgatorio 33 e "il Novenne" di Paradiso 17. Si sono fatte molte teorie su questi tre misteriosi personaggi presentati da Dante come Profeti, come inviati da Dio nel 1300, per denunciare la Fine dei Tempi e la battaglia contro satana, il quale è liberato dopo mille anni, "per poco tempo" come dice Apocalisse al capitolo XX. Dante interpreta quei 1000 anni come intercorrenti tra il 313 dC e il 1313 dC (quindi è nella sua epoca che il demonio si libera). Questi 3 profeti sono dunque mandati da Dio quando satana, liberato dopo i 1000 anni, o meglio quando stanno per scadere questi 1000 anni, sta per uscire per sedurre le nazioni e adunarle a battaglia contro l'Accampamento dei Santi (la Chiesa di Cristo); battaglia che terminerà con un fuoco che scenderà dal cielo e divorerà satana e i suoi, sconfitti per sempre, mentre i Santi vivrnno don Dio sotto Cieli nuovi e Terra nuova, il Paradiso, l'eterna Gerusalemme Celeste.
Dante è convintissimo di vivere all'inizio delle crisi che porteranno alla Fine dei Tempi. Lo dice espressamente nel Convivio, nel II Trattato, Capitolo 14: "Noi siamo già ne l'ultima etade del secolo". Ma la prova più bella ce la dà Beatrice, che conduce Dante in paradiso e gli dice di guardare la stola dei Beati, gli scanni così ripieni che oramai "poca gente più ci si disira", sono quasi finiti dunque i posto in Paradiso all'epoca in cui Dante scrive. Quindi mancherebbe poco alla Fine del Mondo.
Ricordiamo quel calcolo che Dante fece leggendo Apocalisse 20: "di fronte ai martirizzati per la fede in Gesù" e quindi siamo dopo Cristo, l'Angelo, San Michele, scende di nuovo dal Cielo, afferra il dragone (satana) che stava sulla terra e lo precipita, dice Apocalisse 20, nell'Abisso, dove lo deve tenere per mille anni, dopo i quali dev'essere sciolto per poco tempo. Pertanto Dante Alighieri calcolò il 313 come inizio della prigionia del dragone (perchè fu l'anno dell'Editto di Costantino che permise il culto cristiano e finirono le persecuzioni ai cristiani), e si accorse che quei mille anni scadono nel 1313, cioè nel suo tempo. Tutto questo avallato e confermato dalle tante crisi che Dante vedeva attorno a sé: la crisi della Chiesa di Cristo, poichè comincia nel 1305 la Cattività Avignonese; crisi dell'Impero, l'ultimo Imperatore Arrigo VII, in cui Dante ebbe tanta speranza, è l'ultimo che tenterà di restaurare l'autorità imperiale; e la borghesia pre-capitalista, come testimoniò pure San Francesco d'Assisi, scatenata appresso ai soldi e al profitto; e il malcostume, il degrado morale, insomma tutto pareva indicare un declino della rettitudine, come ricorda il Cacciaguida nel Canto XV quando ricorda "la Firenze sobria e pudìca" del 1100. Cominciano dunque le crisi ultime della storia umana. Ebbene mentre si accorge di tutto questo, avverte la chiamata di Dio a fare da Profeta per l'annuncio degli umtimi tempi, una missione analoga a quella di Ezechiele per gli Ebrei deportati in Babilonia. E' questa precisamente la missioni che Virgilio confusamente descrive nella profezia del Veltro, è la missione che Beatrice più ampiamente spiega nella profezia del Cinquecento dieci e cinqwue, e di cui Cacciaguida lo investe nel Canto centrale del Paradiso (17) profetizzando il Novenne, e addirittura a sigillo di queste tre profezie ci saranno le parole di San Pietro nel Canto XXVII del Paradiso.
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