Racconti Fantasy

Quando il Vento piange

 



Prologo

Lori Nung Iola, la Foresta Mondo. 
Grande. Immensa. Sconfinata. La più estesa di tutte. Anche salendo alla massima quota a cui le ali di un kraan possono accedere, non se ne vedrebbero comunque i contorni.
In una delle zone più distanti dai suoi confini, si srotola una striscia di denti di roccia che bucano il compattissimo mare verde imperante tutto intorno per centinaia e centinaia di chilometri.
È la Rim Sibah Flaug, la Fila delle Quindici Zanne. 
Le zanne, tutte dalla forma piuttosto simile, distano circa un chilometro l'una dall'altra e sono di un'altezza omogenea che varia dai duecento ai trecento metri. 
Poco di più, poco di meno, e con lo stesso profilo da denti di squalo. 
Inquietanti le Quindici Zanne.. 
Alcune leggende affermano che la loro origine non sia naturale.
La Lori Nung Iola è grande, immensa. Tanto sconfinata che nemmeno le rabbiose ali di un kraan potrebbero salire in alto abbastanza da vederne i contorni.
In una delle zone più remote dai suoi confini, si srotola la Rim Sibah Flaug. Ai piedi della sesta zanna partendo da nordest, c'è un piccolo lago. Su una delle rive del lago, una radura. Ai bordi della radura, un bivacco senza fuoco ranicchiato in una notte priva di luna.
Un solo astante nel bivacco: è un elfo, è sdraiato su un fianco e fuma, senza brillar di brace, una foglia di Avalait immerso nel buio.

Avalait è una città di piantagioni e le sue foglie arrotolate e confezionate sono uno dei tanti prodotti di Rivea, il Regno Nuovo degli hobbit di Cygni. Vista la loro 'oscena' longevità, gli hobbit hanno una notevole quantità di tempo libero (nonché una spiccata intelligenza, bisogna riconoscere) che impiegano per inventare manufatti davvero apprezzati.
Le foglie di Avalait, se ben conservate nei loro astuccetti di cuoio, si mantengono anche per mesi. Il loro sapore non è proprio eccezionale, ma a seconda delle esigenze, le loro funzioni variano con il variare degli ingredienti con cui sono mescolate. Se miscelate con i semi di caat rilassano e rigenerano il corpo e lo spirito (provocando un rincoglionente torpore). Unite ai chicchi di shay tengono svegli ed attenti. Se impastate con i petali di paac, arrapano anche il più moscio degli uomini. E così via. 
Le foglie di Avalait non sono legali dappertutto: i preti di molte rune le considerano immorali e venefiche per lo spirito, mentre alcuni governi le ritengono destabilizzanti e devianti. Di certo sono un aiuto utilissimo per tante persone. Messaggeri, timonieri, soldati e tanti altri, tanti altri ancora.
Altri come un cacciatore di taglie che fuma senza brillar di brace presso un bivacco ranicchiato in una notte senza luna.
Alcune tipologie speciali, chiamate "Sigillo d'oro", hanno tra l'altro l'innegabile pregio di durare anche molte ore mantenendo il loro effetto immutato. Ed è proprio una foglia Sigillo d'oro di shay che l'elfo si è acceso qualche ora dopo il tramonto. Se ne è già bruciata una metà, adesso, e stringendo gli occhi verso levante, si inizia ad intravedere un bagliore rosso tingere timido e inesorabile ciò che resta della notte.
Ad intervalli lenti e cadenzati, la brace della foglia colora di arancione il palmo della mano dell'elfo che trattiene il lucore lasciando il buio circostante inviolato.
Una tirata. Un palmo di mano che ne cattura la luce. Un fumo che esce denso e odoroso. Un pensiero.
"Vieni dunque. Sono pronto."
Da ore.
Tirata. Luce prigioniera. Fumo nell'aria. Pensiero.
"Vieni a me. "
Da ore.
Da ore.
L'elfo è uno che sa aspettare.

L'elfo potrebbe lasciare scorrere intere settimane nell'attesa, ma il nuovo giorno no, e l'alba, da lontano, prende spazio, inesorabile, inarrestabile.
Tirata. Luce prigioniera. Fumo nell'aria. Pensiero.
"Troppe ore oramai". 
L'alba si avvicina pericolosamente, e con lei la luce. L'appostamento dovrà essere tolto. Un unico cacciatore, per quanto abile, per quanto incosciente, non affronta da solo un drago alla luce del giorno, nemmeno quando la taglia posta sulla sua testa dal mayot della provincia vicina è di trenta mila corone d'oro.
Tirata, luce prigioniera, fumo nell'aria, pensiero: "appena ci sarà luce per distinguere l'altra sponda del lago, vorrà dire che si è fatto tardi. Si smonta e ritento domani notte".
Una faticata, una fottuta faticata: l'elfo ripassa mentalmente la complessa trappola che ha allestito.
Sulla sponda opposta a quella in cui si trova ora, una piccola spianata di granito immette direttamente sull'acqua. Resti poco profumati e scaglie color fulvo ricambiate di recente ne hanno indicato inequivocabilmente la razza (è un glin) mostrando chiaramente che è da lì che il drago si abbevera. A volte al crepuscolo, altre volte in piena notte, molto spesso prima dell'alba, quando esce dalla tana per la caccia quotidiana nelle ore mattutine. 
Rispetto agli altri draghi, i glin non sono particolarmente grossi: non più di una quindicina di metri di lunghezza, coda compresa. Ma sono tra i più feroci, perché incazzati bestialmente. Come gli altri della loro razza possono dare al ribollio igneo del loro interno un micidiale sfogo dalle nari, ma la fiamma dei glin è una della peggiori, delle più violente perché arde di continuo e li tormenta oltremodo. I glin sono detti i draghi assetati, in quanto per contenere la loro febbricitante temperatura interna consumano ogni giorno una smodata quantità d'acqua ed evitano di uscire a far danni nelle ore più calde.
Pertanto, essendo che i glin non ci vedono più di un normale essere umano quando fa buio, le ore di cui dispongono per cacciare e nutrirsi sono poche, cosicchè - durante quel breve lasso di tempo disponibile - i glin divengono delle vere e proprie furie, insostenibili spine del fianco di qualsiasi insediamento civile che si trovi nel loro raggio di azione una volta che abbiano stabilito il loro nido da qualche parte.

Tirata, luce prigioniera, fumo nell'aria, pensiero: "che razza di mestiere che mi sono trovato!!!"
E sbuffa rabbia oltre che fumo l'elfo, ripensando a tutta l'attrezzatura da rismontare una volta ancora.
Di fianco a lui, il punto uno del suo piano: una balestra da campo caricata con due arpioni simultanei. Due metri ciascuno con punta a lamelle "pelle di foca" imbevute di kalkoz, un veleno che agisce sui centri nervosi paralizzando i movimenti del bersaglio (o limitandoli di molto se questo è di grosse dimensioni). Se almeno uno degli arpioni fa centro, il glin non potrà alzarsi in volo. La balestra da campo è puntata verso la balza di granito. Se il drago planasse sul lago, il vento piangerebbe, l'elfo - senza alzarsi - si avvicinerebbe alle leve di sgancio e una volta che il drago avesse preso posizione e iniziato ad abbeverarsi, i due arpioni scatterebbero insieme fendendo l'aria con il loro duplice carico venefico.
Scoccati gli arpioni è lo scatto immediato dell'elfo verso il punto due.
La reazione del glin sarà una e devastante, una volta ripresosi dall'impatto brillerà il lohna, la Fiammata. Saranno cazzi. I lohna dei glin sono tra i più pericolosi per ampiezza e densità.
Quando la fiammata arriverà nei paraggi del punto uno, l'elfo dovrà già trovarsi nei pressi del due. Giunto lì, se nemmeno uno degli arpioni ha colpito il bersaglio è la fuga immediata: qualche decina di metri di corsa nel pieno del bosco, slegata del cavallo, inforcata della sella e via. Il più rapidamente possibile protetto dal buio e dalla vegetazione.
Se almeno uno dei due è arrivato a buon termine, il discorso cambia e la partita si apre.
Presso il punto due, così come per il tre, il quattro e il cinque, un balestra pesante è già pronta, appoggiata sul suo supporto ed armata. Necessita solo di essere usata. 
I punti sono disposti in senso orario a una quindicina di metri l'uno dall'altro lungo il perimetro ponentino del laghetto. Ciascuna balestra è caricata con due dardi imbevuti dello stesso veleno dei due arpioni. 
Se almeno uno di questi ha colpito, il glin non potrà alzarsi in volo e dalla spianata di granito, l'unica cosa che potrà fare, sarà soffiare il suo inferno verso il punto da cui sono partiti gli arpioni. La fiammata dei glin dura circa cinque secondi e brucia per un raggio di dieci metri. Ogni fiammata richiede una quindicina di secondi per la ricarica.
Se almeno uno dei due missili colpisce, la partita si apre. 
Scatto dell'elfo dal punto uno al punto due, e puntamento della balestra. Il Lohna inaugura la lotta e rivela dove si trova il muso del drago. Partono i due dardi. Scatto dell'elfo dal punto due al punto tre, puntamento della balestra. Mentre l'elfo corre, il drago rigenera. 
Quando la fiamma parte per i dintorni del punto due, altri due dardi si scagliano verso la fonte del fuoco. Nuovo scatto verso il punto quattro e puntamento della terza balestra. Mentre l'elfo si sposta, il drago ricarica. 
Nel momento in cui la fiamma rinasce per colpire i dintorni del punto tre, altri due dardi partono. Nuovo scatto verso il punto cinque e puntamento dell'ultima balestra. Mentre l'elfo si sposta, il drago cerca nuovo fuoco dentro di sè. 
Nuova fiamma per il punto quattro, gli ultimi dardi partono verso la testa illuminata dal sinistro bagliore di morte. Mentre il drago ricarica sempre più lentamente - se un buon numero dei dardi scagliati ha a tale punto raggiunto il bersaglio - agevole diventa l'ennesimo scatto dell'elfo verso il punto sei.
Al punto sei, a pochi metri dalla bestia, è pronto l'arco. Mentre il punto cinque viene incenerito da quella che DEVE, deve, essere al massimo la penultima fiamma del glin, almeno un paio di frecce, altrettanto avvelenate e - a quella distanza - potenzialmente letali devono partire alla volta della testa del drago. Ultimo scatto dell'elfo verso il punto sette: il punto costituito dalla sua lunga spada a doppia impugnatura fasciata nel suo fodero metallico piantato nell'erba giusto ai piedi della balza di granito.
Mentre il glin, sempre che sia ancora in condizione di farlo, vomita un ultimo furore sul punto da cui sono partite le frecce, l'elfo raccoglie la spada, e balzato dal granito sul dorso del drago, gliela conficca nella nuca.

Tirata, luce prigioniera, fumo nell'aria, pensiero: "morte per il glin e gloria per me."

Tirata, luce prigioniera, fumo nell'aria, pensiero: "non fa una piega questo piano… ci vuol solo una gran fortuna. E ci vuole solo che la bestia arrivi prima che faccia giorno."

Tirata, luce prigioniera, fumo nell'aria, pensiero: "la foglia sta per finire e tra poco ci sarà luce".
Silenzio.

Silenzio.
Tirata, luce prigioniera, fumo nell'aria, pensiero: "Troppo silenzio. Gli uccelli si sono zittiti."

La parte inferiore delle ali dei draghi, ha un apparato direzionale costituito da scaglie lamellari che a seconda dello spirare del vento o del cambiare di direzione si separano lievemente l'una dall'altra producendo un sibilo caratteristico simile al lamento del vento quando soffia in una caverna colma di angusti cunicoli. 
Gli elfi dei boschi dicono che il vento piange di vergogna perché porta la morte sulle ali del drago.

E' proprio quello il suono che l'elfo ode in quell'istante.
Tirata ( l'ultima), luce prigioniera, fumo nell'aria, pensiero: "a noi due, e che così sia."

 

 


CAPITOLO UNICO

"La bianca o la nera?" 
"…"
"La bianca o la nera?" 
Difficile scegliere tra la luna ed il sole: quando c'è uno, ti manca l'altro. 
"La bianca o la nera elfo?"
Difficile scegliere. Neanche riesco a vederle bene, ubriaco come sono!
"E' più di un'ora che gli occhi ti vanno da una all'altra. Fermali da qualche parte per Crom!!! Allora? Prendi la bianca o la nera?"
Impossibile decidere e poi, poi tanto lo so come va a finire. Va a finire che sul più bello pianto tutto e me ne vado… Da solo!!! Mi conoscono tutti oramai in questo buco di città. E i paladini non le fanno certe cose…
"Dammi dell'altro vino di palma, che ci penso su!"
"Con dell'altro vino non ti ricorderai nemmeno più chi sei… comunque… se è quello, che vuoi…"
Non ricordarmi nemmeno più chi sono… e se fosse questo ciò che vorrei oste? Se fosse questo, tutto ciò di cui ho bisogno? Annullarmi. Scomparire, perdermi nel mezzo degli altri, nel mezzo della folla… Teldane l'eroe dell'Eriador, Teldane l'ammazzadraghi, Teldane l'intrepido esploratore, Teldane …Teldane chi? Dove è? Se potessi dissolvermi per un attimo, Teldane non ci sarebbe più! Una comparsa verrebbe al posto suo, una comparsa e basta. Un anonimo cliente di locanda, che si ubriaca e va a puttane, bianche o nere che siano…
Puttane... 
Fon e Vyian, sono le due prostitute della 'Fine della strada', la locanda alla periferia di Croma, colonia di Wazulia, Isola di Kotha, la iola del sud. 
Fon è una zulu, statuaria, nerissima, dal tipico portamento felino e distinto che hanno le nobili della sua etnia. Anche se seminuda è di un'eleganza disarmante e la lunga treccia che le scende dal centro del capo fino al vertiginoso inarcarsi del bacino, divide in due un corpo perfetto. Molti uomini hanno perso la vita per lei. Lei ha perduto il rispetto del suo popolo il giorno che fuggì dalle terre della sua tribù in Savania con un affascinante mercante drackard che aveva promesso di portarla nella natia Hundaja, la meravigliosa e ricchissima città sull'acqua del Sultanato di Shadizar. 
Una volta salpata da Ino, la bellissima zulu, si rese però conto che la nave era un vascello di schiavisti con un carico di ragazze che come lei che sarebbero state rivendute ai bordelli della colonia drackard di Kutchmenes nel nord di Kotha. 
Oramai prossima alle coste della Isola del Sud, approfittando di un fortunale che aveva messo in serie difficoltà l'equipaggio della nave, riuscì a fuggire gettandosi in mare. Si salvò per miracolo. 
La tempesta violentissima aveva spostato di molto la nave dalla sua rotta originale e così il giorno seguente, le correnti la posarono su una delle spiagge sassose della Wazulia. La tempesta continuava ancora e tutta la costa era battuta da una pioggia tropicale di una densità mai vista. Gli zulu di Kotha quel giorno dissero che Pamalt, il loro Dio, piangeva disperato per l'agonia della sua isola oramai in procinto di essere ridotta a colonia. Anche lei piangeva come mai aveva fatto in vita sua; piangeva mentre cancellava i sogni che il bel mercenario le aveva nutrito, e cancellava, azzerando il suo passato, il suo nome. 
Mentre faceva il suo ingresso a Valker, decise di chiamarsi Fon, pioggia.
E Fon divenne in breve il nome di una delle prostitute più apprezzate di Wazulia.
Vyian, invece, è la classica donna barbara. Solo tremendamente bella. Piuttosto imponente di corporatura, è bianchissima di pelle, eterea, e con una manciata di efelidi intorno agli occhi che restano spesso nascoste dalla folta chioma rosso rame che le scende con ampi ricci dalle ciocche acconciate sulle tempie e raccolte da due pregiati diadiemi. Di solito si fascia dentro a complicate tuniche di varia foggia e colore, ma nonostante i pesanti drappeggi, le sue forme si sbattono sfacciate e impudenti sugli occhi e sul desiderio di qualsiasi uomo che la guardi. Figlia di umili artigiani, Vyian è venuta da Stur, una delle principali città delle Garundie con il preciso intento di vendere sesso e la vaga speranza di conquistare qualche ricco colono o un alto grado delle truppe di occupazione.
Tuin, il padrone della 'Fine della strada', ha speso una fortuna per averle entrambe nella sua locanda, ma ora può vantare le puttane più belle di tutta la Wazulia. Perché nonostante i loro sogni, nonostante la loro bellezza, malgrado occhi in cui ci si perde, voci da incanto, pelli profumate, Fon e Vyian sono puttane.
Puttane … che poi questa parola non mi è mai piaciuta. La bocca si storce quando la si pronuncia e negli occhi si accende una luce sinistra. Mentre la loro anima è così grande! Certo lo fanno in cambio di soldi, ma per relativamente poche Corone ti regalano sogni, quelli che loro hanno asfissiato con i dolci profumi lussuosi e strangolato con i lacci di pelle dei loro corpetti. Angeli, bisognerebbe chiamarle. Angeli a cui sono state tarpate le ali della speranza. 
"Ecco il vino di palma elfo."
"Ci ho ripensato oste. Basta con il vino per stasera, scelgo le donne".
"Beh, sono d'accordo, è una scelta vincente, ma aspetto ancora la tua risposta: vuoi la bianca o la nera?"
"Ho detto che scelgo LE donne. Le prendo tutte e due e per tutta la notte. E' difficile scegliere tra la luna ed il sole." 

Lezione prima. La geografia.
Benvenuti cadetti. 
Oggi è il primo giorno di corso dell'accademia. 
Per questo primo periodo, prima di addentrarvi nelle specificità delle discipline che avete scelto o che sceglierete, è necessario che voi seguiate un comune percorso formativo sulle nozioni di base riguardanti il nostro mondo.
Verranno dette cose che molti di voi già sanno: certamente alcuni dei temi trattati li avete già affrontati in precedenza, ma è necessario che prestiate comunque attenzione, in quanto, essendo la Accademia di Pexoa è una delle più antiche e sicuramente una delle migliori di tutte le Isole Conosciute, vi mostretà ogni cosa sotto luci diverse, e punti di vista che non vi sareste mai aspettati e di cui sarete gli unici ed eletti portatori per gli anni a venire.
<<Eletti un cazzo! Qui la fortuna vera la fate voi, con quello che costa la retta… solo per pagare i cinque anni che danno accesso alla casta professionale, mio fratello ha dovuto accoppare sei draghi. Fortuna che è bravo nel suo mestiere. Fortuna che è il migliore.>>
Questa settimana inizieremo con la geografia.
Il mondo conosciuto è costituito da dieci insiemi di iole, le Isole continente. Le iole si sviluppano lungo una direttiva nord sud coprendo un'estensione di circa diecimila chilometri.
L'isola più settentrionale è Belverus (ancora sostanzialmente selvaggia e disabitata), scendendo verso meridione si incontrano nell'ordine Ackyrom, Procyon, Cygni, Aldebran, Andromeda, Algenorn, Pegasus, Sirio e Kotha. 
Ackyrom, Algenorn e Sirio sono dette le Grandi Iole e sono le più estese, Kotha è la più piccola.
Si può ragionevolmente pensare che nel Mare Esterno vi siano altre isole o sistemi di iole, purtoppo però tutti i tentativi di esplorazione finora compiuti sono falliti.
Al contrario, per quanto riguarda le comunicazioni nel Mare Interno, grazie allo sviluppo delle tecniche marittime, i collegamenti sono ora assolutamente agevoli e frequenti, così come all'interno di ogni continente. Questo, per lo meno, fatto salvo di alcune eccezioni relative alle aree più selvagge e disabitate quali lBelverus nella sua interezza, le Kaltenlands, Penthagonia e il Lyris su Ackyrom, la parte settentionale di Procyon (Hiperborea e le Terre di Dy), Andros (la parte occidentale di Andromeda) e le Zululands (la parte occidentale di Kotha). 
Per il resto, attualmente, chiunque disponga di tempo, del danaro necessario e dell'opportuna protezione, può spostarsi in un qualunque angolo delle Isole Conosciute.
Nelle città più sviluppate, esistono anche sistemi di trasporto urbano privati e, nelle Buria, le Grandi Città, anche collettivi.

"Prendete una carrozza e portatemi da voi"
"Non se ne parla nemmeno - gli ho risposto - noi non lavoriamo a casa. Niente clienti nella nostra tana. Scegli tu la locanda e prendiamo lì una stanza."
"L'elfo ha guardato prima me e poi Fon. Ha preso un profondo respiro e fissando le stelle ci dice:"
"Non ci siamo capiti sorelle. Io non ho alcuna intenzione di fare sesso con voi. C'erano dei clienti laidi stasera, non avevo voglia che andaste con nessuno di loro e poi … poi … non mi vanno locande e stanze anonime stanotte. Mi piacerebbe dormire tra lenzuola fresche e profumate. In un posto tranquillo. Non c'è nessuno più solo al mondo di un 'cliente' la mattina.
No! Non voglio sesso da voi, solo affetto e una casa. Per questa notte solamente."
"Lo so che abbiamo un patto Varag. Niente clienti a casa. Niente estranei. Ma sacra Uleria!!! Aveva una malinconia nella voce, una tristezza, una solitudine... Non pareva nemmeno più ubriaco; solo tanto stanco, stremato. E soprattutto indifeso."
La mattina dappresso Vyan era a conversare nel giardino curato di una casa semplice ma graziosa posta all'estrema periferia di Croma, in prossimità dei primi pendii dei monti zuul.
Il suo interlocutore era un individuo dalla corporatura formidabile, una fittissima villosità e una pelle dalla strana consistenza color dell'ambra. 
L'imponente figura, perplessa, replicò.
"Cosa? Chi? Indifeso!?!? Teldane di Olinsbi, il paladino del Isole del Sud!?!?… Ha ammazzato da solo tanti di quei draghi che non sarebbero sufficienti i magazzini di Brukn per conservarne i resti!!!
Vyian non rispose. Si limitò solo ad aprire gli occhi blu mare ad un sospiro dalla dolcezza irresistibile. Varag si pentì del tono duro che aveva appena usato.
"Mmpf… vabbè… stanco o ubriaco che sia, bisognerà che si alzi. Il sole è alto abbastanza per finire il giorno da svegli. Vado a destarlo."

Una piccola camera con una grande letto al centro. Legno chiaro alle pareti, legno massello e intarsiato a cornice del materasso, così come nei mobili e nelle suppellettili tutte rivestite di delicate stoffe e decorate con motivi floreali. Voluttuose e accoglienti orchidee e dalie anche sui tendaggi, con i petali ricamati rilucenti in trasparenza al sole del mezzogiorno.
Ai lati del letto, grandi vasi di fiori tropicali profumati di rosso e di giallo e nel mezzo, a malapena coperto da un lenzuolo di trine tutto arrotolato intorno alle gambe, un elfo profondamente assopito.
I lunghi capelli biondi erano ancora raccolti nel concio annodato sulla nuca, anche se qualche ciuffo era sceso nella notte lungo il collo imprigionandosi ad un sottile velo di sudore.
Poco distante, in prossimità della porta, una sedia e sopra la sedia una voce profondissima, calma, estremamente pacata ma ferma e decisa. La voce colmava interamente la penombra profumata di giallo e di rosso. Era quella dell'individuo con la strana pelle color dell'ambra.
"E' inutile che fingi di dormire. Lo so che mi hai sentito entrare! 
Stanchi, ubriachi, malinconici che siamo (alla parola "malinconici" la voce profonda aveva infuso un fastidioso tono melò)… non conta. Non importa: in guardia sempre!!! e comunque. E' così che si sopravvive, non è vero cacciatore?"
La mano dell'elfo, che era scivolata discreta sotto il grande guanciale appena l'ombra aveva oltrepassato il perimetro della porta qualche istante prima, si strinse sulla madreperla del manico della daga lì riposta a norma di sicurezza.
E continuò la voce, sempre più calma e serena che sembrava saper e di giallo e di rosso anche lei…
"Non essere maleducato paladino! Non è appropriato impugnare un'arma mentre ti parlo. Il mio nome è Varag, questa è la mia casa. Fon e Vyian le mie sorelle. Gli amici di Fon e di Vyian sono amici anche miei, soprattutto quando hanno le tue credenziali. Adesso Fon è al torrente che lava i tuoi vestiti, Vyian sta arrostendo un cervo che ho preso stamane. Tra un'ora pranziamo. Ti lascio ricomporre i pezzi elfetto… lo dico sempre che la vostra razza non è fatta per bere: guarda che cera che ti ritrovi!!"
La sedia si spostò con uno stridore rigido e l'ombra oltrepassò di nuovo il perimetro della porta occupandolo per quasi la sua intera estensione.
Mentre usciva incocciò con la spalla robusta lo stipite della porta. Tra i denti una rozza imprecazione venne trattenuta a stento.
Ma che accidenti di troll nero era mai quello?!" fu il pensiero dell'elfo, mentre si srotolava dal lenzuolo per alzarsi dal letto.

Lezione seconda. Razze ed ordini.
La popolazione delle iole è costituita da una struttura complessa ed eterogenea. Vi sono due ceppi ben distinti chiamati Ordini (quello positivo e quello negativo). Ogni Ordine è diviso in Razze (tre razze per ordine) e ogni Razza in Etnie (complessivamente dodici etnie per l'ordine positivo e nove per quello negativo).
Per ogni Ordine, Razza ed Etnia è possibile tracciare caratteristiche generali di attitudine, aspetto, carattere, ma nei casi specifici il brutto ed il bello, il buono e il cattivo assumono di volta in volta valori assolutamente relativi.
La differenza sostanziale tra i due blocchi è qualcosa che risale all'era primordiale… i discendenti dei due ordini sono venuti innegabilmente da progenitori differenti: i tempi di riproduzione e gestazione sono diversi, la composizione ossea e muscolare presenta significative differenze e una diversa attitudine verso la vita in generale ha spesso contribuito a creare conflitti insanabili.
L'ordine positivo è costituito da tre razze: Umani, Elfi e Nogothrim.
Le otto etnie che costituiscono la razza umana sono gli Adu-kaw, gli Atanar (Uomini del mare) i Barbari, i Drackard, i Kruler, i Losatan (Uomini delle nevi), i Rihar (Uomini urbani) e gli Zulu. Gli umani costituiscono circa il trenta per cento degli abitanti delle iole.
Le due etnie Nogothrim sono i Nani e gli Hobbit. (circa il tredici per cento).
Le tre etnie eflfiche sono i Loriani (o Lorien), i Noldor e i Sindar (circa il tredici per cento).
L'ordine negativo è costituito dalle razze Ogrim, Troll e Anuman.
Gli ogrim sono una razza mono etnica (che costituisce circa il quattrodici per cento della popolazione).
Le tre etnie dei troll sono i Brithoni (Troll neri), i Brithor (Troll bruni) e i Brithin (Troll delle nevi). I troll rappresentano circa il dodici per cento.
Gli anuman, altra razza mono etnica, costituiscono circa l'otto per cento.
Esistono anche alcuni altri tipi di esseri senzienti ma si tratta di creature molto meno diffuse e comunque non organizzate in nessun sistema sociale o di valori.
Alcune delle etnie sono, o sono state in passato, afflitte da sanguinosi conflitti. Drackard contro atanar, kruler contro barbari, nani contro elfi. Ma l'abisso più insanabile è sempre stato quello tra i due ordini. Un abisso che ha provocato fiumi di sangue attraverso gli scontri tra immensi eserciti ordinali, come in occasione delle immani Guerre Sacre (laddove tutti i conflitti interetnici o interraziali vennero annullati nella causa dell'ordine comune), ma anche attraverso una quotidianità di assoluta separazione e divisione. 
Tanti avvenimenti dell'epoca recente, e li vedremo nelle lezioni di storia, hanno scambiato qualcuna delle carte in gioco, riducendo un poco questa separazione, ma la strada verso un mondo veramente condiviso e in pace è ancora estremamente lunga. 
Pare non se ne veda la fine.

"E così riparti di nuovo Varag?" chiese Fon con gli occhi malinconici mentre appoggiava una caraffa di vino di palma sulla tavola.
"Si. Tra qualche giorno."
"Non sei rimasto nemmeno due settimane questa volta…" fu il rimprovero di Vyian pronunciato senza nemmeno alzare gli occhi dall'arrosto di cervo che stava tagliando.
Una nuvola di silenzio passò fredda sul piccolo giardino e sulla tavola imbandita.
"Abbiamo un ospite sorelle e poi sono affamato, il sole splende luminoso e oggi, meno che mai, ho voglia di vedere tristezza nei vostri visi".
"Dovremmo esservi abituate - continuò Fon - ma ogni volta è come se non dovessimo vederti più. Non sappiamo neanche dove andrai di preciso e, se volessimo avere notizie di te in caso non tornassi, non sapremmo nemmeno a chi rivolgerci."
"Merda! Ho detto che non voglio tristezza sui vostri visi! E che cazzo sono questi discorsi!? … Non vedermi più… Non dovessi tornare… Se credessi alla malasorte ti avrei già battuto Fon! BASTA! Lo sappiamo tutti che lavoro faccio. Fra qualche anno avrò messo abbastanza soldi da parte per tutti e tre, e ci costruiremo una bella fattoria con tanti braccianti che fatichino al posto nostro. Voi non dovrete più lavorare alla locanda, io mi riposerò e passerò il tempo a cercarvi due buoni mariti."
"Non prenderci in giro - insistette testarda Fon evitando di cogliere l'ironia dell'ultima frase di Varag lasciando il suo intento rasserenante cadere nel vuoto di un'angoscia troppo grossa per essere scherzata - lo sappiamo benissimo che non lavori solo per i soldi. Lo sappiamo benissimo che lo fai perché ci credi, perché ti senti un eroe dei due ordini."
Il pezzo di cervo che Varag stava addentando cadde rumoroso nel piatto. Dalla nuvola di tristezza saettarono lampi di collera. Ira, scandita, nel tentativo di non alzare troppo la voce e non usare eccessi di violenza verbale. Le parole uscirono quasi come un sibilo.
"Non ho mai pensato di essere un eroe. Il mio lavoro è quello che è perché non so fare altro e perché … perché … perché penso sia giusto così. La conversazione è chiusa. Qui e ora. Se non siete in grado di lasciare da parte queste idiozie, smettetela di disturbare me e il nostro ospite e lasciateci soli."
"Vi prego, restate - esclamò timidamente Teldane - vi devo ancora porre le mie scuse per la mia … invasione ed esprimere la mia gratitudine alla vostra ospitalità!"

"Restate…" aggiunse l'affascinante elfo con uno sgranare di occhi a cui poche donne avrebbero resitito.

Fon e Vyian si scambiarono un cenno e si sedettero a tavola.
"Spero di non essere capitato in un brutto momento Varag."
"Non ti preoccupare elfo. E' sempre così. Purtroppo e per fortuna ci vogliamo un bene dell'anima. E il mio partire fa sempre male a tutti."
"Vai lontano?"
"Mah… No. Non vado particolarmente lontano: mi reco su Sirio, nell'Eriador per essere precisi. Il problema, che assilla le mie sorelline, è che il mio lavoro qualche rischio, devo riconoscerlo, oggettivamente lo comporta."
"?"
"AH AH - esplose la risata di Varag - perdonami elfo! Ah ah! Dire una cosa del genere a un ammazza draghi in solitaria! Ti deve sembrare ridicola!"
"Vedi Varag… i bardi, i cantastorie, la gente in generale, ci ricamano parecchio sopra questa storia dei draghi. Studiato un metodo, sviluppati i modi per adattarlo alle diverse situazioni, se provvisti dell'attrezzatura opportuna e di una buona dose di fortuna… ti garantisco che non è questa grande impresa che si pensa."
"!!!"
Fon e Vyian sbocciarono in un riso cristallino che fece meglio del vino di palma all'umore dei commensali.
"Ma sentili Fon! Che due grandi uomini! Non mi sono mai sentita più onorata di sedere vicino a due esemplari così! Uno parte per cambiare la storia come il contadino va per raccogliere la frutta, per risparmiare, per mettere soldi da parte... Il secondo garantisce che ammazzare draghi in solitaria è un lavoro come un altro!"
"Avete la mia parola! - disse sorridendo l'elfo - E poi il fatto della caccia in solitaria. Credetemi… una volta individuato i metodi e gli armamenti più opportuni, è meglio cacciare da soli. Il drago è qualcosa di più di una bestia. Molta suggestione è dovuta a tutto questo mitizzarli e istoriarci sopra, ma bisogna riconoscere che lo sguardo di un drago ha fatto dare di matto a più di un cacciatore, sempre che sia sopravvissuto ad una tale prossimità. Pertanto, certi cacciatori, anche i più navigati, i più esperti e rotti dalle esperienze, non sai mai come ti possono reagire. E alle volte avere un compagno imprevedibile è più un ostacolo che un aiuto."
"Sono d'accordo elfo! Brindiamo alla salute nostra e a quella di tutti i lupi solitari!!"
Taledane battè sonoramente il suo bicchiere di coccio contro quello del suo ospite. Entrambi bevvero una generosa boccata.
"Ma dimmi Varag… tu come… tu come la cambi la storia?"
Varag tacque e fissò l'elfo qualche secondo… "Non parlo mai del mio lavoro con gli sconosciuti. Ma come ti ho detto stamane, le tue credenziali non ti rendono tale ai miei occhi…
Cambiare la storia…!!!Vyian esagera sempre... Io sono un cavaliere Ramas e attualmente lavoro con la Guardia Segreta dell'Edhelkor. Purtroppo la situazione di Sirio desta da tempo enormi preoccupazioni e stiamo lavorando per rinforzare il sistema di sicurezza della Confederazione rispetto alle invasioni da sud."
"Una nuova guerra tra la Confederazione e il Brithuni-Kor!?!?"
"La guerra è ancora lontana e le giunte ambasciatoriali stanno lavorando alacremente da ambo le parti per evitarla, ma la situazione è piuttosto preoccupante. Con l'Ordine Ramas stiamo sviluppando una strategia parallela di difesa che operi come deterrente per un'eventuale attacco."
"La Confederazione minacciata da un'invasione…"
"Speriamo di no, elfo. Speriamo di no. L'equilibrio raggiunto deve essere mantenuto a qualsiasi costo."

"Ma tu elfo, tu … dimmi di te. Mi confondi sai!? Sei chiaramente un loriano, ma parli con uno spiccato accento siriota. Come mai?"
"Mio padre si chiamava Vallasy ed era un prete pegasico di Chalana Arroy che ricevette l'incarico di professare su Sirio quando io ero ancora molto piccolo. Ciò nonostante, il mio ricordo è ancora chiaro di quando lasciammo la nostra casa di Tavoc nell'Antico Regno dei Boschi… io e la mamma avevamo una paura terribile. Non avevamo mai messo il naso fuori dal Regno Antico e ci sembrava un viaggio così lungo l'andare su Sirio... Salpammo da Rassk su un vascello di linea e io non mi sono mai più sentito così piccolo e indifeso come su quel ponte mentre vedevo la mia isola, i miei boschi, diventare sempre più piccoli laggiù all'orizzonte … e la nave già prendeva il largo verso il nostro futuro. 
Mio padre non era mai stato interessato ai giochi di potere all'interno del culto, cosicchè gli era stato affidato il ministero in una curia alquanto scalcinata. Quando arrivammo a Ichika-Ost, più che di un tempio si trattava di un edificio malmesso, tenuto insieme dai patetici sforzi di un adepto rihar ormai decrepito. Solamente per rimetterlo in sesto ci vollero mesi, ma una volta risistemato, la gente iniziò ad arrivare sempre più numerosa. Era quello che mio padre voleva: se ne fregava lui delle scalate gerarchiche lungo i gradini di potere della runa; a lui interessava sopra ogni cosa curare i malati senza arricchirsi sulle loro sofferenze. Il ministero del dio della medicina, mantiene i suoi preti e loro famiglie, che in cambio devono fare proselitismo principalmente guarendo i malati. E così fu. 
Nel giro di pochi anni, la fama di guaritore di mio padre si estese nel raggio di centinaia di chilometri … anche oltre confine. 
Quel tempo era un'epoca di pace, e se nelle zone transfrontaliere dell'Edhel-Kor non era inusuale vedere qualche troll nero viaggiare per commerci o altri affari, nel cortile del nostro tempio era una cosa assolutamente normale. Le praterie del Bahheim anche allora non è che pullalassero di dottori, e per molti di quei poveracci di pastori troll che vivevano a ridosso delle terre elfiche non ve ne erano affatto e così ogni giorno vari di loro si accampavano intorno al tempio per attendere speranzosi l'aiuto di quello strano elfo che non faceva nessuna discriminazione di razza nel curare i malati. Con l'aiuto di Chalana diceva lui (grazie al suo spiccato istinto ho sempre sostenuto io!!) mio padre riusciva assai bene nel suo lavoro e ben presto la sua fama di prodigioso si diffuse anche tra gli elfi che incominciarono ad affluire dalle città e dalle provincie vicine, snobbando sia gli spocchiosi preti delle altre curie di Chalana, sia gli interessati e arrivisti medicastri di città con le loro corporazioni settarie. I suoi iniziati crebbero a dismisura e la curia suprema di Tatreni gli mandò, prima uno, poi due e poi altri adepti per aiutarlo nei casi più semplici. 
In capo a quasi un ventennio, non vi era abitante dell'Eriador o del Banheim, e non vi era fedele siriota di Chalana, che non conoscesse il nome di Vallasy Supasitt…"
L'elfo sospese il racconto. Sospirò leggermente, prese un bicchiere e bevve una abbondante boccata di vino di palma. Poi il suo sguardo si fermò, perdendosi nell'orizzonte.
"E così sei il figlio di Vallasy Supasitt… fu un bravo elfo, tuo padre, Teldane. Ne devi essere veramente orgoglioso. Sono quelli come lui che fanno la storia. I paladini, i generali, i grandi maghi, sono solo comparse con l'ego gonfiato dall'ignoranza della gente." Disse Varag.
"E fu proprio l'ignoranza dei tanti, strumentalizzata dalla cupidigia e malvagità di pochi, ad uccidere mio padre e la mia famiglia."
Aveva parlato con pena, senza distogliere lo sguardo dal punto fissato chissà dove all'orizzonte. E con pena. Aveva taciuto di nuovo.
"Mi dispiace elfo. Non volevo riportarti su sentieri di tristezza. Perdonami."
Solo allora Teldane recuperò il suo sguardo e con un lieve e lento movimento del collo affusolato si rivolse verso le ragazze. E come, se le parole di Varag si fossero perse nel rincorrerlo verso quel punto all'orizzonte, riprese a raccontare.
"Per tutto quel tempo, quel tempo durante il quale mio padre aveva dedicato la sua vita a curare malati senza distinzione di razza, di etnia o di ceto, per tutto quel tempo in cui lui aveva dato al tempio di Ichika uno splendore raramente raggiunto da altre curie di provincia dell'Eriador, per tutto quel tempo in cui aveva amato mia madre come se fosse l'unica elfa al mondo e allevato le altre tre creature che aveva avuto dopo di me come il migliore dei padri, durante tutto quel tempo la meschinità, la melmosa meschinità degli individui marci di dentro era cresciuta, cresciuta, cresciuta, un ribollente ed ingordo mare di fango… il carisma che esercitava sulla popolazione dell'Eriador meridionale era smisurato, se avesse proferito parola in favore di uno dei candidati in occasione di una qualsiasi delle elezioni per i mayot cittadini o dei governatori provinciali si sarebbe trattato di un plebiscito. Se solo avesse voluto, la curia di Tauronia, la capitale, sarebbe stata sua. Nella runa iniziava a circolare il suo nome come possibile nominato alla carica di Rune Lord di Sirio. E con le sue idee egualitarie, con il suo orrore per la politica sporca, per il ladrocinio, per il potere asservito all'interesse dei pochi… faceva paura. Terrore. 
Vallasy Supasitt faceva una paura fottuta ad un mucchio di gente influente. Vallasy Supasitt faceva paura a chi non voleva lo sviluppo della democrazia e di una pace vera, basata sul rispetto reciproco invece che sulla paura. Una pace vera che potesse dirsi realmente tale. Una pace costruita mettendo le basi per una sincera accettazione reciproca tra le razze e gli ordini, oltre i confini al di là delle diverse credenze religiose. Una pace vera!!! E proprio in quella terra che nonostante i secoli trascorsi ancora stilla il sangue degli olocausti di cui è stata testimone.
Faceva paura quell'innocuo dottore…
Sul finire dell'estate del 921, nei dintorni di Hyarmen-Ost una banda di predoni troll neri sconfinò e massacrò quasi tutti gli abitanti di un villaggio di pastori. I superstiti raccontarono di come un'intera armata di troll, tutti indossanti i colori del Khan Graven, il capo di uno dei più bellicosi e irredenti clan brithun del Banheim, si fosse abbattuta sul villaggio con organizzazione militare e intento di sterminio.
Questo fulmine non giunse a cielo sereno: il periodo sereno nel quale l'Eriador aveva vissuto, era già stato minacciato da altri piccoli scontri in altri settori del confine. E la verità che venne fuori dopo pochi giorni non venne tenuta in nessuna considerazione. Non si era trattato infatti di nessun esercito, e nessuna armata di cento troll aveva invaso il territorio. Era una stronzissima banda di troll predoni in vena di delinquenze oltre confine. Ma la verità, come spesso accade, non valse. L'odio, mai sopito, verso i troll neri riprese a serpeggiare in tutte le comunità, in tutti i villaggi dell'Eriador. Voci sempre peggiori e infamanti vennero fatte circolare ad indirizzo di mio padre che nel corso degli anni, era diventato amico di due Khan molto potenti, per quanto assolutamente indifferenti ad ogni velleità guerresca. Questo giocò a suo sfavore. Dopo qualche mese, un altro incidente scoppiò, e nella provincia di Ichika questa volta. Fu allora che accadde. 
Era notte, di mezza luna. Io ero lontano, da settimane. Avevo già iniziato la mia carriera di cacciatore di taglie. La mia maledetta carriera che quella notte mi tenne lontano da chi amavo di più al mondo. In quella notte di mezza luna, dopo un paio di giorni che un altro villaggio era stato attaccato da troll di un non ben precisato clan, un gruppo di facinorosi fece irruzione nel tempio di mio padre, fece irruzione in un tempio di Chalana con le armi alla mano e il male nel cuore. Rihalei, la mia sorella più piccola fu la prima a morire: i bastardi entrarono dalle camere e probabilmente non si fermarono neanche per ucciderla. Un colpo en passant inferto con l'elsa esplose la sua testina neonata. Quindi fecero irruzione mentre gli altri stavano cenando. Mio padre non teneva armi, e nemmeno avrebbe saputo come usarle del resto, ma riuscì a creare un po' di confusione nella speranza di dare agli altri la possibilità di fuggire. Solo Tilade, il maschio, riuscì ad approfittarne e si infilò in una sorta di fornace di pietra che ogni tanto mio padre utilizzava per preparare complicati unguenti. La nicchia era scavata in una delle pareti portanti ed era celata da un arazzo sacro. Con la trama larga purtroppo… e così Tilade vide ogni cosa. Vide come un colpo di ascia tagliò di netto le gambe di mio padre, il quale rimase lì rantolante e impotente ad assistere alle sevizie che inflissero a nostra madre e all'altra nostra sorella. Non so come Tilade fece a rimanersene buono nascosto mentre quelle bestie finirono il loro lavoro e appiccarono fuoco alla casa e se ne andarono nella notte di mezza luna. Calcolò pure i tempi di attesa alla perfezione quel piccolo tornado!!! Aspettò abbastanza perché quei demoni se ne fossero andati, ma non troppo da restare bruciato.
Il tempio scomparì nelle fiamme di quell'inferno, una coorte di cavalieri Ramas si stanziò nella provincia per qualche tempo, vennero compiute delle indagini e i colpevoli, un manipolo di balordi, palesemente pagati da qualcuno per fare quello scempio, vennero giustiziati, ma i veri mandanti non si scoprirono mai. Vi furono incontri diplomatici con i principali khan e la guerra fu evitata.
I detrattori di mio padre, quelle meschine merde che temevano per le loro ridicole e insignificanti fette di potere, furono gli unici veri vincitori. 
Io e Tilade perdemmo ogni cosa; il rispetto per quella gente, la fiducia nella società e, pace all'anima di nostro padre, la fede in quel dio buono della medicina che non aveva saputo salvare un così devoto servitore e la sua famiglia. 
Non ho più messo piede in un tempio da allora."

Lezione terza. La religione delle rune.
Nelle Isole Conosciute la religione ha un ruolo fondamentale. Essa ha funto da volano per lo sviluppo e l'avvento dell'Alata Sawali (la Era della prosperità) in quanto da un lato è strettamente connessa con la pratica della magia, e dall'altro ha visto nascere e prosperare sistemi di enorme potere e ricchezza intorno alle sue istituzioni.
I culti delle iole sono le Rune. Ogni runa è un simbolo (nel senso più lato del termine) che richiama una divinità.
La frammentazione etnica e razziale non poteva che trovare nelle Rune una pari (anche se spesso non corrispondente) segmentazione. Esistono infatti 23 rune. Ogni runa ha una sede fisica propria ed una serie di templi sparsi per il territorio; la quantità di questi templi varia molto in base alla capacità economica del culto e alla distribuzione territoriale dei suoi seguaci (le rune molto razziali, come Kigerlithor la Madre dei troll ad esempio, hanno molti templi in terre troll, ma nessuno nei reami elfici…).
Una radicale divisione è quella tra rune positive e rune negative, una divisione che ricorda quella degli ordini, nonostante esistano moltissimi individui di razza positiva iniziati a rune negative e viceversa (anche se va ricordato come esistano per molte rune limiti razziali ed anche etnici per l'ingresso nelle rispettive comunità spritiruali…). Queste divisioni presentano effetti fortemente correlati agli eventi socio politici che hanno determinato e determinano la vita quotidiana nelle iole, e questo anche per via dell'enorme potere economico che le Rune possono vantare.
Ogni runa è una Chiesa con una rigidissima strutturazione gerarchica al suo interno. Esse sono rette dai Concistrori Sommi, dei consigli costituiti dai Runelord Supremi (uno per ciascuna iola in cui la runa è presente). Scendendo lungo la scala gerarchica, si trovano i Runelord, quindi i Preti, i Chierici, gli Adepti e (al primo gradino) gli Iniziati. In alcune delle rune queste cariche hanno nomi diversi e presentano differenze secondarie di organizzazione.
L'iniziazione ad un culto è un evento che può segnare un cambiamento epocale nella vita di un individuo. E' comunque il primo traguardo di un arduo cammino preparatorio per poter disporre dei necessari requisiti che le rigide regole runiche impongono. Ma può essere un primo passo di un cammino in grado far raggiungere all'individuo vertici di potere inarrivabili altrimenti.
Le rune sono molto difformi per diffusione e potenza.
Mentre le corone e i regni minori crollavano e nascevano, prosperavano e decadevano, le rune hanno sempre costituito un punto di riferimento stabile per le popolazioni delle Isole. Un punto di riferimento spesso molto più significativo e influente che gli stessi Stati. Anche senza arrivare all'estremo delle teocrazie atanar, le ingerenze nelle questioni di politica interna ed estera sono state innumerevoli, tanto da relegare, alle volte, le singole sovranità a ruoli di secondo o terzo piano. Molti mistici, puristi o teologi, si sono sempre schierati contro l'esercizio di questo enorme potere temporale, ma le rune sono organizzazioni, e le organizzazioni tendono a perpetuarsi autonomamente, alle volte a discapito dei reali interessi dei propri iniziati, spesso a anche a detrimento dei valori da cui dovrebbero essere guidate.

"Il figlio di Supasitt… non sapevo che il famoso Teldane di Olinsbi fosse il figlio di Supasitt. E perché sei detto 'di Olinsbi' se sei un loriano immigrato a Ichika-Ost?"
"Lo sanno in pochi, Varag. Pochissimi. Mio padre non approvava il mio vagabondare alla ricerca di taglie che fossero sempre più grosse per aver più soldi da spendere tutti d'un fiato, e sfide sempre più pericolose solo per provare chissà che cosa a me stesso. Quando ammazzi un drago, che a te interessi o meno, vieni iscritto nei registri di quel regno come un candidato cavaliere e il tuo nome gira parecchio. Dopo la prima testa di drago che tagliai, fu nel Dogato di Ophir, decisi che Teldane dovesse essere di Olinsbi per confondere le acque … per rispetto a mio padre… non so… non so. Forse è una cazzata, ma mi venne così, e così la mantenni in seguito. E anche per Tilade è meglio in questo modo. E' preferibile che la gente non sappia da dove vengono i soldi che lo mantengono. Un fratello paladino è ingombrante. Troppe gelosie, troppe ripicche. Ne sappiamo qualcosa in famiglia… e ci è bastato."
"Mi rammento perfettamente della morte di Vallasy. Io sono figlio di quell'epoca di pace. Madre noldor e padre brithun, sono il figlio di un folle ed incosciente amore nato a cavallo di quelle due frontiere, di quelle due razze. Nonostante nessuno della mia famiglia l'avesse mai incontrato, partecipammo anche noi ai suoi funerali nell'appena istituito tempio di Oydania, uno dei primi templi di Chalana in terra troll. Era stato uno dei tanti frutti seminati da tuo padre. C'erano migliaia di persone quel giorno, migliaia! E di tante razze, e di tante etnie. Perché fu un uomo grande, tuo padre. Un gigante."
"Si ma a lui, alla mamma, a Rihalei, a Leyra ed Erida, quella grandezza costò molto cara. Senza parlare di me e di Tilade, che da quel giorno ci trasciniamo con la morte nel cuore."
"E dove si trova adesso tuo fratello?" Fu la domanda di Vyian che solo allora era riuscita ad ingoiare le lacrime abbondanti che, per la commozione dovuta al racconto, le bagnavano il viso di porcellana e le avevano strozzato in gola ogni parola che fosse riuscita a pensare.
"Vive a Pexoa. E' cadetto presso l'Accademia Magnifica del Sultano del Khitaj: ha iniziato da poco. Ne ho dovute tagliare di teste di drago per questo! … Sei ce ne sono volute… Si è resa necessaria qualche caccia extra per mettere da parte i soldi per le cinque rette annuali anticipate in una delle migliori Accademie di tutte le Isole Conosciute!! Tilade ha dovuto aspettare un paio di anni, ma io ho preferito così: o eravamo in grado di pagare tutto in anticipo, oppure niente. In questo modo, una volta che abbia iniziato, sappiamo per certo che avrà la possibilità, e il dovere, di arrivare fino in fondo. Con il lavoro che faccio … talvolta le cacce diventano … eterne. E se io non tornassi più, lui dovrebbe smettere di studiare e il tempo fino ad allora impiegato, il tempo ed i sogni, sarebbero inutili e lui non avrebbe nemmeno di che vivere." 
Varag sgranò gli occhi e dopo aver rumorosamente appoggiato entrambe le mani sul tavolo, a metà tra un rutto ed un'invocazione esclamò "Sacra Madre! Sei draghi in due anni!!! Ti sei fatto sei draghi in due anni!!! E da solo, merda! La tua fama è meritata davvero elfetto nostro! Vyian, metti in ghiacciaia quella faccia da morta che ti è spuntata e passando per la cucina portaci un'altra bottiglia di vino di palma! Benedetta luna! Sei draghi in due anni!! Ci sono cacciatori che ci mettono semestri solo per trovare l'ingaggio giusto e allestire la spedizione e, ogni tanto (quando ce la fanno) a tornare per la taglia…"
Vyian si allontanò continuando a lasciare il suo ascolto nei pressi della tavola.
"Ho i miei metodi Varag. E molta fortuna."

Varag seguì con lo sguardo Vyian che scomparve alla sua vista per qualche minuto.
"Allora Vyian!?!?!? Non ti sarai buttata davvero nella ghiacciaia? Portami il vino prima!"
"Non è facile impressionare questo rozzo mezzosangue sai Teldane?!" disse Fon fissando l'elfo rapita. "E nemmeno per la sottoscritta è sufficiente un sorriso come il tuo per rimanere suggestionata… di uomini ne ho visti anche troppi in vita mia."
Lo sguardo dell'elfo, attratto dagli occhi nerissimi che brillavano sul viso di Fon, vi annegò dentro. Prigioniero senza appello e senza possibilità di grazia in quella prigione di incanto. "Per sempre suo" sentì profondamente dentro di sé Teldane. "Per sempre tuo, se lo vorrai, Fon!"
Vyian ritornò con la brocca di vino piena. E subito si accorse del sole rovente che aveva iniziato a brillare tra i due. Varag assolutamente ignaro, emise un altro rutto proverbiale e si avventò sulla caraffa bevendo direttamente dal becco.
Dopo un'abbondante sorsata si asciugò il mento con una passata di manica.
"Senti Teldane, io di norma sono come te. Lavoro per mio conto. Ma questa volta, per la prossima missione che mi è stata assegnata, mi farebbe comodo uno con le palle di cui possa fidarmi. Non sei un cavaliere Ramas, ma con … con il curriculum che ti ritrovi, l'Ordine non farà storie. È una missione molto meno pericolosa che correre appresso ad un drago, assai più breve e molto, molto meglio pagata. Si tratta di una sorta di … ecco, sì: una passeggiata, di qua e di là dalla frontiera, per individuare rotte eventuali potenzialmente percorribili da armate brithun in caso di attacco."
Fon e Vyian si guardarono stupite. Non avevano mai sentito Varag chiedere la collaborazione di qualcuno per una delle sue missioni per il Servizio. Anche Teldane lo capì. Varag, come lui, faceva parte di quella ristretta élite di persone che, indipendentemente dai culti, dalle razze e dagli ordini diversi, si riconoscono, si sanno. Varag e Teldane si erano saputi subito. 
Teldane si servì un altro bicchiere di vino di palma. Come la risacca di un onda, l'ebbrezza della notte passata e appena smaltita dal sonno ristoratore risalì dallo stomaco alle tempie. Ma senza fastidio. 
Si frugò in uno dei taschini della casacca nera e ne estrasse l'astuccio di cuoio delle Foglie di Avalait. Se ne accese una riappoggiando l'astuccio sul tavolo con il lato aperto verso Varag.
Tirata, fumo nell'aria subito disperso dal vento leggero, pensiero: "è bello qui."
Il pomeriggio che iniziava prometteva di mantenere i buoni propositi del mattino. La parte orientale di Kotha ha un clima incredibilmente gradevole, la zona interna presso le pendici degli Zuul è la sua area migliore. I raggi del sole brillante del sud vengono mitigati dal Dala, un lieve e costante vento di nord est che asciuga l'umidità e rinfranca lo spirito. E' lo stesso vento che soffia su Elfia, l'isola dei lorien.
Tirata, fumo nell'aria subito disperso dal vento leggero, pensiero: "mi ci potrei fermare per un pò."
La campagna, immediatamente fuori dal giardino era selvaggia e rigogliosa. Tenori e soprani piumati modulavano, vicini e lontani, gradevoli fischi ripetitivi ed armonici, che sapevano di fiori profumati ed alberi altissimi. Una cornice del genere rendeva la casa ancora più accogliente, ma ogni bellezza, ogni armonia, ogni visivo piacere, scompariva volatile, come il fumo della Foglia che si univa al Dala, quando lo sguardo di Teldane si fermava su Fon.
Tirata, fumo nell'aria subito disperso dal vento leggero, pensiero: "tuo: per sempre tuo, Fon!"
Teldane prese nuovamente il bicchiere e alzandolo verso la sua bocca, lo fermò, per un instante, a mezz'aria tra il suo naso e quello di Varag che lo fissava paziente. Si sapevano entrambi. 
Una sorsata. E il bicchiere ritrovò il suo posto affianco alla brocca.
Tirata, fumo nell'aria subito disperso dal vento leggero, un pensiero che prende voce: "NO."

"Non verrò Varag. Non è più la mia terra e se guerra sarà, non sarà la mia. Ma soprattutto Varag… non è il mio genere di caccia. 
Io, un drago e la natura intorno: questa sì lo è. Niente fogne, niente carogne, nessuna lama nella schiena mentre dormi, nessun veleno nel bicchiere. 
Nessuno ti frega nei paraggi di un nido. Un drago ti schiaccia, e alla grande ti schiaccia, se non hai le palle. E' letale certo, ma ti schiaccia: non ti frega. Non è un essere umano Varag! E' solo un drago e lo sai cosa aspettarti da lui: il male, il peggio. Se ti stupisce con il suo comportamento, può essere solo in positivo.
Con gli uomini, inevitabilmente ricorri sempre a stronzate quali l'etica, l'onore, la logica, la morale per inquadrare le loro azioni, e ci speri, ci speri sempre in fondo… e quelli, altrettanto inevitabilmente, quelli ti fregano. Non necessariamente è un coltello tra le vertebre no… può essere anche peggio: un amico che ti volta le spalle quando la terra ti frana sotto i piedi, una donna che ti tradisce dopo che le hai messo una vita sul palmo della mano o è perfino una comunità paciosa e cogliona che un giorno si sveglia e ti dà fuoco alla casa con i tuoi affetti dentro. 
Da un drago lo sai cosa aspettarti: il peggio.
Se esso ti stupisce può esser solo in meglio: il contrario degli uomini. L'esatto contrario. 
Le mie foreste e le mie montagne infestate di draghi profumano di verità, mentre gli uomini, l'unica sorpresa che ti possono arrecare con le loro azioni è appestata dall'afrore della disillusione.
Il tuo invito mi onora sinceramente, ma non verrò Varag. Non è più la mia terra e se guerra sarà, non sarà la mia. Perché, Varag, non è questo il mio genere di caccia. 
La mia risposta è no."






Teldane

In fede, Bangkok, 17 novembre 2002