Medioevo Storico

Il Santo Graal

 

Narrare la storia del Santo Graal è un po’ come ripercorrere la storia dell’uomo, con i suoi miti e le sue leggende, con i suoi culti e le sue usanze. Forse è proprio questa figura, al tempo stesso leggendaria e storica, a riunire in un unico filone, storie che tra loro sembrerebbero ben distanti: si parte dalla Roma antica per arrivare ai giorni nostri. E le domande che ci si è sempre posto sono rimaste pressappoco le stesse: cos’è il Santo Graal? Ma soprattutto: dove si trova oggi?

 

Le diverse concezioni del Graal

Prima di iniziare il viaggio nello spazio e nel tempo, è doveroso fare una premessa: l’origine del termine “Graal” si fa risalire al termine latino Gradalis, che vuol dire scudella lata et aliquantun profunda, cioè una scodella o un vaso: questi oggetti nella mitologia classica simboleggiavano il potere benefico delle forze superiori… basta pensare alla Cornucopia dei Greci e dei Romani. Ma cos’è fisicamente il Graal?
Il primo a nominarlo fu Chretien de Troyes nella sua opera “Perceval le Gallois ou le Compte du Graal” nel 1190: viene visto come una coppa, ma non ci sono riferimenti di un suo legame con Gesù.
Solamente nel 1202 Robert de Baron nella sua opera Joseph d’Arimathie legherà in maniera indissolubile il Graal con il calice dell’Ultima Cena, nel quale in seguito Giuseppe d’Arimatea raccolse il di Gesù crocifisso.
Verso il XIII secolo, sua concezione muta radicalmente: il Graal viene addirittura associato ad un libro che scrisse Gesù stesso e che poteva essere letto solamente da qualcuno eletto da Dio. Questo perché le verità scritte se narrate agli uomini potevano sconvolgere i quattro elementi e scatenare un terribile potere!
Intorno al 1210 si assiste ad una nuova rivisitazione del Graal: il tedesco Wolfram Von Eschenbach nella sua opera Parzifal lo descrive come una pietra purissima, chiamata lapis exillis: il suo potere era tale che “se un uomo continuasse a guardarla per duecento anni, il suo aspetto non cambierebbe: forse solo i suoi capelli diverrebbero grigi”. Leggendo questo incredibile potere si è pensato che il termine lapis exillis derivasse dal latino lapis ex coelis, cioè “pietra caduta dal cielo”.
In seguito, però, la definitiva concezione del Santo Graal fu proprio quella che lo descriveva come il calice dove Gesù bevve durante l’Ultima Cena e dove in seguito venne raccolto il suo sangue dopo la crocifissione.

Il Graal nella leggenda

Ma adesso il dilemma è: come mai il Graal si ritrova proprio in Inghilterra? Perché la sua presenza è così continua nelle vicende legate al mitico Re Artù? Si narra che Gesù soggiornò per un breve periodo in Cornovaglia e qui ricevette in dono da un potente Druido convertito al Cristianesimo una coppa rituale che divenne per Lui un oggetto molto prezioso. Dopo la Crocifissione, Giuseppe d’Arimatea volle riportarla a colui che l’aveva regalata. Ebbene: questo Druido non era altro che Merlino, che diventa così il collegamento tra la cultura cristiana e quella celtica!
Giuseppe, però, una volta arrivato in Inghilterra, affidò il calice ad un guardiano di nome Hebron, o Bron, parente stretto di Parsifal. Ecco che comincia l’intreccio tra i personaggi che sulla leggenda del Santo Graal costruiscono la loro intera esistenza.
Dopo secoli, però, di Hebron si perdono le tracce, così come del Santo Graal, e sulla Britannia si scatena una terribile maledizione, chiamata dai Celti Wasteland. L’unico modo per porle fine, secondo Merlino, è quello di recuperare il Graal: Re Artù, allora, incarica il più meritevole dei suoi cavalieri di trovarlo: il prescelto è Parsifal.
Questo eroe, dopo mille peripezie, riesce a trovare il mitico Castello del Graal, Corbenic, e giunge finalmente alla sua meta. Ma, secondo la leggenda, troppa è la sua precipitazione che non si pone neanche la domanda di cosa è realmente il Graal e qual è il suo vero potere: a causa di questo la sacra coppa viene nuovamente perduta.
Parsifal allora, dopo alcuni anni passati in meditazione, riprende la ricerca e riesce nuovamente a trovarla. Questa volta però non commette gli errori precedenti e riesce a portare ad Artù il Graal, mettendo fine al Wasteland.
Molto tempo dopo, in seguito alla morte di Artù e alla successiva scomparsa di Merlino nella sua tomba di cristallo, il Graal nel 540 viene portato in Medio Oriente dove se ne perdono le tracce: solo intorno al XII secolo se ne ricomincia a parlare associando la sua esistenza a quella dell’ordine dei Cavalieri Templari.

I recenti studi sul Graal

Le ipotesi sui luoghi dove il Graal possa essere stato riposto sono molteplici e, paradossalmente, per ogni località proposta sembrano esserci indizi inconfutabili e smentite altrettanto valide. Non bisogna inoltre dimenticare i personaggi che forse in questa storia hanno maggior rilevanza, e cioè i Cavalieri Templari, che verranno trattati nello specifico in seguito.
Se si analizzano le varie vicende storiche che si sono succedute nel corso dei vari secoli, si trovano testimonianze della presenza del Santo Graal in Inghilterra, Francia, Scozia, Galles, Spagna, Iran, Italia… e persino a Oak Island, nella New England (USA)!! Come è facile intuire, seguire tutti gli spostamenti nei particolari in questa sede è pressoché impossibile: mi limito allora a citare le località dove si conoscono maggiormente fatti e accadimenti.

Nel periodo della repressione contro i Templari, durante un interrogatorio dell’Inquisizione, uno di loro, Jean de Chalon, avrebbe rivelato che poco prima dell’inizio della persecuzione da parte di Filippo il Bello, un convoglio formato da tre carri sarebbe partito in direzione della Manica, dove ad attenderlo c’era una flotta formata da almeno venti navi. 
Ma questo non arrivò mai a destinazione e sono in molti a credere che in realtà si sia fermato nella roccaforte di Gisors: un celebre occultista francese, Gerard De Sede, era infatti convinto che sotto il castello esistessero dei sotterranei segreti non segnati in nessuna mappa e che erano ideali per custodire un tesoro prezioso come il Santo Graal. Nonostante ci fosse intorno a queste dichiarazioni molta diffidenza, nel 1970 vennero effettuati degli scavi che portarono alla luce undicimila monete del XII secolo. Nel 1976 venne rintracciata una cripta rettangolare di circa 125 metri quadrati che però non era stata raffigurata in nessuna planimetria del castello. Dopo questa scoperta gli scavi ufficialmente vennero interrotti, ma il giardiniere di De Sede affermò di aver continuato le ricerche per conto suo e di aver rinvenuto una grande cappella contenente tredici statue, diciannove sarcofagi in pietra e trenta contenitori in metallo. La galleria scavata fu però immediatamente fatta interrare nessuno credette a questa scoperta, finché De Sede trovò delle prove inconfutabili della sua esistenza in un manoscritto del ‘600: qui veniva descritta la “Cappella di Santa Caterina”, contenente tredici statue e diciannove sarcofagi.Allora forse i trenta contenitori in metallo erano stati lasciati dai Cavalieri Templari, che decisero di nascondere nei segretissimi sotterranei di Gisors il loro tesoro, in attesa della fine della repressione e per impedire che il Graal cadesse nelle mani sbagliate.

Montségur era una delle più importanti fortezze Catare in Francia: i Catari erano i membri di una pericolosissima setta che basava le sue dottrine sul culto di Zoroastro. Insediatisi in Francia intorno al XII secolo, il loro preoccupante dilagare venne neutralizzato nella “Crociata degli Albigesi”. I Catari avrebbero (il condizionale è quantomeno d'obbligo) portato con loro il Graal durante le loro peregrinazioni e lo avrebbero nascosto nei sotterranei del castello durante il periodo di repressione: infatti la tradizione dice che il Graal sarebbe stato portato nel Castello di Munsalvaesche, che significa “Morte Salvato”, o “Monte Sicuro”, cioè Montségur stessa! A rafforzare ulteriormente questa ipotesi ci sarebbe la storia  del colonnello delle SS tedesche Otto Rahn e del filosofo Nazista Alfred Rosemberg, che intorno al 1930 intrapresero delle ricerche a Montségur per conto di Hitler nella ricerca del Graal: Hitler, infatti, era notoriamente dedito all'esoterismo ed al soprannaturale. Durante le ricerche, però, Otto Rahn scomparve misteriosamente: alcune voci dicono sia stato rinchiuso in un campo di concentramento perché “sapeva troppo”!

Oak Island è una piccola isola situata nella regione della Nuova Scozia, famosa per essere sede di uno dei più costosi scavi archeologici esistenti tuttora. Essa deve la sua celebrità ad un pozzo chiamato “Money Pit”, cioè “il pozzo del denaro”, che secondo alcuni sarebbe addirittura il luogo dove venne nascosto il Santo Graal! La nascita di questa leggenda si fa risalire al 1795, quando un giovane, di nome Daniel McGinnis, mentre passeggiava per Oak Park si vide di fronte ad una profonda depressione del terreno. Sopra la buca c’era una grande quercia e su un suo ramo una vecchia carrucola. Siccome sull’isola circolavano molte leggende sui pirati e i loro tesori, McGinnis chiamò alcuni amici e cominciò uno scavo di ricerca. Scoprirono un primo strato di pietre e, a circa 3 metri di profondità, un secondo strato di legno di quercia. Il lavoro però cominciava a diventare troppo per loro e decisero di interromperlo in attesa di avere aiuti da altre persone. La difficoltà di reperire dei supporti fece loro abbandonare lo scavo fino al secolo dopo, quando furono contattati da un uomo d’affari, Simeon Lynds. I lavori vennero ripresi intorno al 1805: vennero ritrovati a distanze regolari strati formati da legno di quercia, argilla e un materiale particolare che venne poi identificato come il guscio di noci di cocco. A causa di tutte queste coincidenze si rafforzò l’ipotesi che quel pozzo era un’opera dell’uomo e che per la sua complessità dovesse necessariamente contenere qualcosa di prezioso, ipotesi avvalorata ulteriormente dal ritrovamento a circa 30 metri di profondità di una pietra che riportava una iscrizione indecifrabile. In seguito, esplorando il terreno sottostante, si localizzò qualcosa che poteva essere identificato come uno scrigno di legno: i lavori vennero interrotti per la notte, ma il giorno dopo tutto il pozzo per una profondità di 60 metri fu ritrovato completamente allagato! Pur cercando di svuotarlo con i secchi ci si accorgeva che il livello dell’acqua rimaneva invariato e gli scavi dovettero essere necessariamente abbandonati. Solo nel 1849 un altro gruppo, la Truro Company, decise di riprendere i lavori: una volta incontrata l’acqua, decisero di continuare gli scavi con una trivella che riportò alla luce, oltre ad altri strati di argilla e legno marcio, anche tre anelli di una catena d’oro, che vennero presi come prova inconfutabile della presenza di un tesoro. Vennero scavati anche altri pozzi nelle vicinanze ma tutti dovettero essere abbandonati a causa dell’acqua, e così i lavori vennero sospesi solamente un anno dopo. Molti altri tentativi vennero fatti in seguito: opere di prosciugamento, scavi paralleli, ma non si riuscì mai nell’impresa, finché nel 1987 il pozzo fu aperto ai turisti e lo scavo definitamene abbandonato. Naturalmente, tutte queste difficoltà non fecero altro che rafforzare la leggenda del tesoro inestimabile: infatti si pensava che una protezione così arcigna e l’immenso lavoro di progettazione e di costruzione del tunnel che portava l’acqua nel pozzo a difesa dovevano essere necessariamente al prova della presenza di qualcosa di estremamente prezioso. Ma perché venne nominato proprio il Graal? Come poteva veramente trovarsi nel Nuovo Mondo? I sostenitori di questa teoria si basano su alcune leggende che sorsero intorno ai Templari: si narra che il 12 settembre del 1307, anno in cui questi vennero ricercati e arrestati dall’Inquisizione, due ore prima che Filippo il Bello facesse partire l’ordine di cattura, una flotta salpò dal porto di La Rochelle verso una destinazione sconosciuta. Sarebbe poi arrivata in Scozia, dove in seguito i Templari si unirono a Robert Bruce per sconfiggere le armate inglesi di Re Edoardo. Con il loro auto, il Principe di Scozia costruì una cappella, la Rosslyn Chapel, che contiene moltissimi simboli relativi ai Cavalieri Templari e al Graal. Partendo da questo fatto, Andrew Sinclair affermò che i Templari, intorno al 1398, organizzarono una nuova spedizione in direzione del Nuovo Mondo, quasi un secolo prima di Cristoforo Colombo! Il loro obiettivo era quello di creare una nuova Gerusalemme. Essi avrebbero formato due colonie: una a Newport nel Rhode Island, e una a Louisburg, in Nova Scotia. Proprio qui avrebbero poi scavato il Money Pit, riponendo sul fondo il loro tesoro, nel quale era presente il Santo Graal.

Tra le località italiane candidate a custodire il Santo Graal, Torino è sicuramente quella più plausibile, o almeno questo è ciò che disse inizialmente Giuditta Dembech, una giornalista appassionata di esoterismo. I suoi argomenti partono da una supposizione tanto semplice quanto reale: “Se la Sacra Sindone, cioè il lenzuolo che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù dopo la Crocifissione, è presente nella città, perché non potrebbe esserlo anche il Graal?”. Infatti, giunto insieme alla Sindone a Torino, il Sacro Calice sarebbe stato nascosto nel tempio della Santa Madre. Naturalmente sono molte le incongruenze che tendono a sminuire queste affermazioni: innanzitutto sembra molto strano che il casato dei Savoia, pur essendo in possesso di entrambe le reliquie, abbia deciso di rendere pubblica solo la Sindone. Infatti, nel caso in cui avesse trovato anche una reliquia associabile al Graal, sicuramente l’avrebbe usata come segno tangibile di una particolare benedizione divina sulla loro famiglia e sul loro operato. Inoltre è priva di fondamento anche l’ipotesi che le statue del tempio della Santa Madre siano una guida per arrivare al nascondiglio del Graal. Infatti ce n’è una, la Statua della Fede, che è assistita da un angelo e tiene nella mano destra un libro aperto e con la sinistra innalza al cielo un calice: la tradizione vuole che questa statua indirizzi lo sguardo proprio verso il nascondiglio del Graal. L’ipotesi effettivamente ha un proprio fascino… se non fosse per un particolare: la mancanza delle pupille impedisce di capire dove sia diretto lo sguardo! Si è anche arrivati a dire che fosse la statua stessa il nascondiglio del Graal: questo infatti sarebbe stato camuffato e fatto diventare il pezzo della statua che lo raffigura.

 

Questo è forse il mistero più intrigante della storia del Graal, in quanto è l’unico dove si hanno degli effettivi riscontri storici.

Tutto comincia il 1° giugno del 1885, quando nel villaggio di Rennes-le-Château viene nominato un nuovo parroco: Bérenger Saunière. A quei tempi Rennes-le-Château era un piccolo villaggio che poteva contare al massimo duecento abitanti e rappresentava un duro colpo alla carriera ecclesiastica di Saunière, che era un uomo molto intelligente e ambizioso ma per questi motivi malvisto dalla maggioranza delle personalità che risiedevano nelle più alte sfere della Chiesa. Tra il 1885 e io 1891 il reddito medio di Saunière era molto basso: ammontava a circa 6 sterline l’anno, una cifra che non bastava sicuramente per vivere nel lusso ma bastava per il sostentamento di un curato di un piccolo paese. Quest’ultimo, inoltre, confinava con alcune costruzioni storicamente molto importanti: a pochi chilometri a sud-est di Rennes-le-Château su un’alta vetta chiamata Bézu, sorgevano le rovine di una fortezza medievale che aveva ospitato una comunità di Cavalieri Templari, mentre a due chilometri a est sorgeva il castello di Blanchefort, antica dimora di Bertrand de Blanchefort, quarto Gran Maestro dei Templari che aveva presieduto l’Ordine intorno al XII secolo. La stessa Rennes-le-Château faceva parte di un antico percorso di pellegrinaggio che portava dall’Europa Settentrionale a Santiago de Compostela in Spagna. Saunière aveva in programma da molto tempo di restaurare la chiesa di Rennes-le-Château, che era sorta nel 1059 sulle fondamenta di un’antica costruzione visigota e ora andata quasi in rovina. I lavori cominciarono nel 1891, e Saunière non avendo sicuramente la somma necessaria per finanziarli aveva deciso per un intervento molto modesto, potendo contare anche su un piccolo aiuto dai fondi comunali. Durante i lavori rimosse la mensa dell’altare dagli antichi pilastri visigoti che la sorreggevano: uno di questo era cavo e dentro vennero rinvenute quattro antiche pergamene. Secondo la tradizione, due di queste contenevano delle genealogie che portavano le date del 1244 e 1644; le altre due erano documenti fatti risalire al 1870 e redatte dall’abate Antoine Bigou, un predecessore di Saunière. Le due pergamene ad una prima analisi riportavano dei passo del Vangelo, ma in una le parole erano scritte incoerentemente, senza nessuno spazio tra loro, e vi erano inserite numerose lettere superflue. Quello che ne veniva fuori dai vari tentativi di decifrazione erano frasi incomprensibili alternate ad altre la cui interpretazione era più che ovvia: si andava da frasi del tipo:

Pastora, nessuna tentazione. Che Poussin, Teniers, detengono la chiave: pace DCLXXXI. Per la croce e questo cavallo di Dio, io anniento questo demone di guardiano a mezzogiorno. Mele azzurre”

ad altre del tipo:

A Re Dagoberto II e a Sion appartiene questo tesoro ed egli è là morto.

Saunière pur non essendo in grado di capire i codici più difficili, comprese di essersi imbattuto in qualcosa di molto importante: infatti, il Vescovo stesso decise, una volta viste le pergamene, di mandare Saunière a Parigi a sue spese per presentare gli scritti alle autorità ecclesiastiche. Durante il suo soggiorno a Parigi, Saunière fece anche varie volte visita al Louvre, dove vedeva sempre gli stessi tre quadri, di cui si era procurato già a Rennes-le-Château delle riproduzioni: sembra che uno fosse il ritratto di Celestino V fatto da un autore sconosciuto, un altro era un’opera di David Teniers, e il terzo era l’opera di Nicolas Poussin “Les bergers d’Arcadie”. Ritornato a  Rennes-le-Château, Saunière continuò i restauri della chiesa, mente nel frattempo si dedicava a faccende che a molti sembravano alquanto bizzarre: ad esempio concentrò le sue attenzioni sulla lapide del sepolcro di Marie, marchesa d’Hautpoul de Blanchefort. Questa era stata commissionata da Atonie Bigou: riportava un’iscrizione che conteneva numerosi errori nella spaziatura e nell’ortografia, e anagrammata dava le stesse scritture riportate nelle pergamene, e che ho riportato come esempio poche righe sopra. Cominciò a fare delle lunghe passeggiate nelle vicinanze del paese, a volte raccogliendo pietre apparentemente prive di valore, e iniziò un voluminoso scambio di corrispondenza con personaggi sconosciuti, in Francia, Austria, Italia, Germania e Svizzera. Raccoglieva una grande quantità di francobolli anche questi privi un particolare valore e, cosa ancora più strana, iniziò ad intavolare misteriose trattative con numerose banche europee. Le spese che sostenne erano impensabili per lo stipendio di un curato di un piccolo paese: si calcola che nel 1917, quando morì, aveva speso diversi milioni di sterline! Una parte di queste ricchezze era stata usata per delle importanti opere di carattere pubblico: una nuova strada di accesso al villaggio, impianti d’acqua corrente. La chiesa venne totalmente restaurata e anche rinnovata con decorazioni a volte enigmatiche: sull’architrave dell’ingresso principale fece porre un’iscrizione latina che diceva:

TERRIBILIS EST LOCUS ISTE
(questo luogo è terribile)

Appena dopo l’entrata, venne posta una statua orribile rappresentante il demone Asmodeo, custode dei tesori nascosti, secondo le leggende giudaiche, costruttore del Tempio di Salomone. Sulle pareti della chiesa vennero poste delle nuove stazioni della Via Crucis, ma ognuna era caratterizzata da strani particolari: ad esempio, nella VIII stazione c’è un bambino avvolto in stoffe scozzesi, nella XIV stazione, dove si vede il corpo di Gesù portato nella tomba, lo sfondo è rappresentato da un buio cielo notturno, dominato da una grande luna piena. Il mistero della vita di Saunière e delle sue stravaganti azioni era ormai diventato un incubo per le autorità ecclesiastiche: si dice che quando era sul letto di morte, fu chiamato un prete dalla parrocchia vicina per somministrargli l’estrema unzione. Il prete arrivò e lo confessò: poco dopo uscì visibilmente sconvolto. C’è che disse che questo non sorrise mai più, chi invece che cadde in uno stato di profonda depressione da cui si riprese solamente dopo parecchi mesi: ma tutti sono d’accordo nell’affermare che dopo la confessione non somministrò l’estrema unzione a Saunière, che morì poi nel 1917 senza i comfort religiosi. Un altro prelato che lo confessò nei primi del 1900, venne misteriosamente assassinato.

Le domande e i dubbi che circondano la figura di questo prete sono molti: da dove venivano tutte quelle ricchezze? Si calcola che abbia speso in totale una somma pari al corrispondente di 30 miliardi dei giorni nostri tant’è che, secondo molti, Saunière aveva trovato un tesoro, cosa altamente plausibile: non bisogna dimenticare che Rennes-le-Château si trovava in un territorio presidiato in passato dai Cavalieri Templari, quindi poteva aver ritrovato alcuni nascondigli che custodivano le loro immense ricchezze. Ma il fatto è che, oltre al probabile tesoro, Saunière era venuto a conoscenza di un segreto, la cui importanza è quantificabile nella grande difficoltà dei codici con cui erano scritte le parti delle pergamene… un segreto che addirittura impedì al prete confessore di somministrargli l’estrema unzione! Se questo “segreto” fosse stato veramente il Santo Graal allora sarebbero spiegate molte cose: il suo viaggio a Parigi, la fitta corrispondenza con persone sconosciute, ma soprattutto l’accesa controversia con le alte sfere ecclesiastiche, che naturalmente non potevano accettare che un piccolo ma ambizioso prete di provincia divenisse il più potente uomo sulla Terra. Particolare è anche l’attaccamento di Saunière ai tre quadri nominati in precedenza, dei quali aveva voluto delle riproduzioni e che aveva anche visto dal vivo: tra questi spicca l’opera di Poussin “Les bergers d’Arcadie”. Raffigura tre pastori e una pastora in primo piano radunati intorno ad una grande tomba con su scritta l’incisione “ET IN ARCADIA EGO”; sullo sfondo un movimentato paesaggio montuoso, particolare molto ricorrente nelle opere di Poussin. Secondo i critici del tempo, tutto il quadro era nato dall’immaginazione dell’artista,ma poco dopo il 1970 fu scoperta una tomba identica a quella raffigurata nel quadro: stesse proporzioni, forma, dimensioni, vegetazione che la circonda. La tomba si trovava nella periferia di Arques, un villaggio ad una decina di chilometri da Rennes-le-Château: se ci si mette in modo da avere la stessa visuale del quadro, si nota che una delle vette raffigurate nel quadro è proprio Rennes-le-Château! Ma ancora più misteriosa era l’iscrizione: sulla tomba reale, se era presente, le intemperie l’avevano inesorabilmente cancellata, ma una frase di stampo latino senza verbo come quella era molto strana… Se però, prendendo ad esempio le pergamene di Saunière, si anagrammano le lettere si può ottenere una frase con un senso molto preciso: “I TEGO ARCANA DEI” (vattene! Io celo i segreti di Dio). Che Saunière avesse veramente trovato il “segreto di Dio”? Che avesse rinvenuto, magari proprio in quella tomba il Santo Graal? Questo spiegherebbe la particolare attenzione che aveva nei riguardi del dipinto.  

Tutto è cominciato dal nostro "viaggio" alla Chiesa di San Pellegrino a Bominaco... 
Durante la visita abbiamo notato una cosa, da cui poi è partito tutto: una Croce incisa nella pietra davanti all’ingresso dell’oratorio, apparentemente senza significato, tanto che gli amici che erano con noi non se ne sono interessati quasi per niente. Noi invece abbiamo subito cercato un primo indizio e ci siamo accorti che la Croce era posizionata esattamente come le Chiese Templari, cioè con la parte superiore della Croce rivolta verso est. Bisogna dire comunque che la Croce non può essere stata posizionata in quel punto per puro caso, ma ha uno scopo ben preciso, come ogni forma di espressione medioevale, ma siamo ancora all’inizio.

Entrando nell’oratorio le prime cose che si notano sono due bassorilievi (sono grandi pietre squadrate, alte quasi quanto un uomo) quello a sinistra raffigurante una Viverna che sta a simboleggiare (a detta della guida) il male, mentre quello a destra raffigura un Grifone che beve da una coppa. 
Da notare una cosa veramente interessante, cioè che la Viverna ha pochissime raffigurazioni in tutte le opere medioevali ed è rara perfino nei Bestiari, di solito il male veniva simboleggiato con un Drago che è vistosamente diverso dalla Viverna, comunque, questo è un altro argomento... vi rimandiamo al Bestiario.

Altro particolare: dentro l’oratorio c’è un gigantesco affresco di San Cristoforo, talmente grande che supera in altezza la porta dell’oratorio, la leggenda del luogo dice che San Cristoforo protegge chi lo guarda dai pericoli… e altre leggende dicono che il Graal sia proprio in questo luogo, che fra l’altro è veramente incantevole.

Concezione del Graal secondo Blue Dragon


Sinceramente è molto complicato spiegare tutto quello che abbiamo compreso in un articolo, a parole sarebbe più facile, ma ci proveremo lo stesso.
Tutto quello che è stato detto su Bominaco ci porta a nostre personali conclusioni sulla vera essenza del Graal: SONO TUTTI SEGNI PER INDICARE DOVE SI TROVA IL GRAAL CHE NON è UN OGGETTO MATERIALE, MA LA CONOSCENZA. Con questa visione delle cose tutto torna: il Graal non può essere un oggetto materiale che soltanto un ricco può trovare, ma la conoscenza che tramite i segni che ci sono stati lasciati può essere raggiunta anche dai semplici contadini, questo è il vero spirito del Cristianesimo.
Le raffigurazioni del Graal lo rappresentano con il colore oro, ma NON SIGNIFICA CHE E’ FATTO DI QUEL MATERIALE, è colorato d’oro perché brilla, e la lucentezza viene rappresentata bene da quel colore.
Anche le aureole dei Santi sono dorate, ma non è che hanno un disco d’oro in testa! 
Tutti i segni che ci sono stati lasciati per trovare il Graal sono stati mal interpretati, perché visti in un’ottica che non si rifaceva alla religione, ma alla scienza! Se si guarda con gli occhi della scienza non si potrà mai trovare il Graal, bisogna guardare con gli occhi della Fede. STANNO CERCANDO LA COSA SBAGLIATA, IL GRAAL E’ LA CONOSCENZA: anche se dovessero ritrovare il Calice da dove bevve Gesù Cristo, non avranno trovato il Graal. 
LA VERA RICERCA DEL GRAAL E’ INTERIORE!
Trovare il calice non significa niente, E’ LA STRADA CHE TI CONDUCE AD ESSO CHE E’ IMPORTANTE!!! Non sappiamo se siamo riusciti a spiegarci, forse questa frase può aiutare: 
Il Traguardo non si trova alla fine del Viaggio, ma sta nel Viaggio Stesso.
A completare il quadro c'è l'affresco di San Cristoforo, il quale, secondo la tradizione Cristiana, E’ COLUI CHE AIUTA IL VIANDANTE NEL SUO VIAGGIO, FACENDOGLI SUPERARE UNA DIFFICOLTA’ ALTRIMENTI INSORMONTABILE; Possiamo ricordare l’aiuto che dava ai viaggiatori per superare un fiume, sfruttando la sua corporatura erculea. 

Questo potrebbe spiegare molte cose, prima fra tutte la plurilocazione del Graal, infatti esso non sta né da una parte né dall’altra, è in ognuno di noi, va solo scoperto compiendo il viaggio attraverso la conoscenza con l’aiuto dei segni che ci sono stati lasciati. Tutti devono avere pari opportunità di trovarlo, dal ricco al povero, dal nobile al pellegrino, proprio secondo i più basilari canoni della Cristianità. Il fatto che sia stato “avvistato” in varie parti significa solo che in quelle zone qualcuno lo ha trovato, ma dentro se stesso, e ne ha lasciato i segni per ripercorrere il suo stesso cammino attraverso la conoscenza. I segni servono quindi innanzitutto per imboccare la strada giusta per trovarlo, ma è una strada che percorre noi stessi… finora le ricerche hanno sempre sbagliato, hanno imboccato la strada errata.

Noi chiamiamo conoscenza quello che si trova durante il "Viaggio"  perché non sappiamo esattamente di cosa si tratta (potrebbe anche essere l'illuminazione o la profonda comprensione del Cristianesimo), anche perché altrimenti avremmo trovato il Graal, ma sappiamo però che questa è la strada giusta e siamo convinti che questa chiesa di San Pellegrino spieghi la vera ricerca che si deve intraprendere ed è quindi uno dei luoghi dove si trova il Graal, che sono luoghi che aiutano l’Uomo tramite dei segni in questo suo viaggio.

Questo modo di affrontare la ricerca del Graal è, a nostro parere, quello che si rifà di più al Cristianesimo: il fatto che la Coppa possa essere presa da tutti nella Prova (cioè il Viaggio), sta ad indicare proprio che solo i puri di cuore e coloro che hanno la vera fede riusciranno nell’impresa, senza considerare il rango sociale o le ricchezze possedute.

Quello che si può dire è tutto qui, il resto va cercato dentro se stessi con l’aiuto della Fede. 

 

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Il Santo Graal

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